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In queste settimane la ministra per il Sud Barbara Lezzi è impegnata con le Autorità di Bruxelles per ottenere un allungamento dei tempi nell’utilizzo dei fondi comunitari del ciclo 2014-2020 che, come in passato, nelle regioni meridionali – almeno per le risorse destinate ad opere pubbliche – si stanno spendendo con grave ritardo per cause molteplici, dalla carenza progettuale di molte amministrazioni beneficiarie dei finanziamenti della UE, alle lentezze procedurali nelle gare d’appalto i cui esiti poi finiscono molto spesso con l’essere inficiati da ricorsi ai Tar e al Consiglio di Stato delle imprese risultate non aggiudicatarie degli appalti stessi.

Sono problemi molto complessi quelli che sta affrontando la ministra con il suo staff e il suo impegno merita apprezzamento perché si misura con problemi reali. È opportuno peraltro rilevare che a volte gli Enti che avevano presentato progetti sia pure di massima, in realtà avevano chiesto l’ammissione al finanziamento di opere non sempre assolutamente necessarie ad un determinato territorio. Tale pratica, consolidata ormai da lungo tempo in certi Enti del Sud – ma non solo in esso, per la verità – dovrebbe indurre i ministeri decisori a sottoporre le richieste avanzate dai singoli territori e fatte proprie dalle Regioni ad accurate analisi costi-benefici degli interventi proposti, come peraltro già l’ex ministro Graziano Delrio aveva iniziato a fare e come opportunamente ribadisce di voler continuare a fare il suo successore il senatore Danilo Toninelli.
Infatti un’attenta disamina dello stato delle infrastrutture nell’Italia meridionale – focalizzando in particolare quello di strade, autostrade, ferrovie, porti, aeroporti, interporti – consentirebbe di osservare che in molte aree le opere proposte non sempre si rivelerebbero necessarie per quelli che sono ad oggi, e prevedibilmente in un prossimo futuro, i potenziali utenti delle stesse.

In qualche zona del Meridione vi è persino un eccesso di una determinata tipologia di  infrastrutture da lungo tempo sottoutilizzate: un caso clamoroso per tutti è l’autostrada Bari-Taranto che realizza indici di utilizzo assolutamente lontani da quelli di tratti autostradali in altre parti d’Italia; e ciò accade perché la Bari-Taranto scorre quasi parallela alla Statale 100, in esercizio nella stessa direzione, quasi tutta a doppia corsia che si percorre gratuitamente. In qualche grande scalo portuale inoltre esistono banchine costate decine di milioni  di euro che al momento sono del tutto inutilizzate.
Allora, senza voler trarre da questi pochi esempi conclusioni generali, l’auspicio è che per tutte le opere previste nel Mezzogiorno – ma anche in altre aree del Paese – si proceda con rigore nell’ammetterle al finanziamento e solo in presenza di accurate analisi costi-benefici, senza le quali si rischia, come in passato, di realizzare infrastrutture di scarsa utilità e per giunta molto costose.

Barbara Lezzi

Costi-benefici. Lo stato delle infrastrutture nell’Italia meridionale

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