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Il Global Times, media che pubblica in inglese le linee programmatiche del governo cinese, ha un articolo interessante su Papa Francesco e le relazioni con la Cina. Il senso generale, che risponde alla necessità di armonia e stabilità che Pechino vuol diffondere (e su cui basa la sua proiezione strategica), dice: non siamo noi a non volere il dialogo, ma è il fronte conservatore interno al Vaticano (quello che è arrivato addirittura ad accusare il Papa di eresia per i contatti con i cinesi) a intralciare i colloqui, però non l’avranno vinta.

Per sostenere la sua tesi, il GT riporta virgolettati di esperti internazionali, per esempio Massimo Faggioli, professore di teologia storica della Villanova University di Filadelfia: “L’opposizione a Francesco è centrata (culturalmente, politicamente e mediaticamente) negli Stati Uniti, ma il cattolicesimo americano ora è sempre più preoccupato di se stesso e di Trump, e quindi non ha il potere politico e intellettuale per contrastare questo cambiamento epocale (il cambiamento decisivo che segnerebbe una nuova era nelle relazioni tra il Vaticano e la Cina) [e] non credo che i conservatori nella Chiesa possano fermare Francesco sulla Cina”.

Due note: primo, l’attacco indiretto a Donald Trump, considerato colpevole in una lettura nemmeno troppo secondaria di un confronto con Pechino che sta alterando (nel caso con le pressioni ai conservatori cattolici, altrove con le misure commerciali o i movimento militari) tutto ciò che di buono sta facendo la Cina. Secondo: nel virgolettato di Faggioli non sfugge un riferimento alla New Era, la nuova era, ossia l’enorme visione complessiva con cui il presidente cinese Xi Jinping sta spingendo i suoi sforzi per portare la Cina sulla vetta del mondo (e chissà se il GT ha mantenuto nel pezzo le parole del professore fedelmente oppure le ha passate con un’alterazione soft, ma significativa, usando una scelta semantica programmatica? Ndr).

Pechino si sente rassicurata da alcune posizioni aperte prese da Francesco, per esempio nell’intervista di giugno alla Reuters, in cui ha parlato del cardinale Joseph Zen Ze-Kiun, ex vescovo di Hong Kong e oppositore dell’accordo Cina-Vaticano (disse che il Papa stava “svendendo” la Chiesa alla Cina): è “un uomo buono”, ha detto il Papa, però è un po ‘ “spaventato” dai recenti sviluppi tra la Cina e il Vaticano (“Il dialogo è un rischio, ma preferisco il rischio piuttosto che la certa sconfitta che deriva dal non mantenere il dialogo”, Papa Francesco, Reuters, 20 giugno 2018).

Gli analisti fondamentalmente condividono la posizione del GT: Papa Francesco è descritto come “desideroso” di intraprendere la via del dialogo per migliorare i rapporti con la Cina, una mossa che potrebbe effettivamente segnare la fine di un’epoca, e sulla quale Bergoglio potrebbe credere di avere un vantaggio legato al suo background. Argentino, ha lavorato sulla teologia della liberazione che era popolare in America Latina, e potrebbe pensare che il comunismo cinese sia simile ai marxisti in America Latina. Inoltre il papa è un gesuita, e i membri della Compagna di Gesù sono considerati più flessibili nel loro approccio di evangelizzazione.

“Pensando agli affari globali, le relazioni Vaticano-Cina potrebbero essere le relazioni più importanti al mondo oggi”, ha detto al GT Yang Fenggang, professore del Center on Religion and Chinese Society della Purdue University: “Se Papa Francesco potesse visitare la Cina, il suo significato e impatto potrebbe essere più grande della visita del Presidente Richard Nixon del 1972. Sarà un agitazione della terra e uno sviluppo che cambia il mondo“.

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