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Mentre l’Eni ha annunciato l’avvio della terza unità produttiva nel giacimento Zohr, aumentando la sua capacità funzionale a 1,2 miliardi di metri cubi al giorno, la compagnia petrolifera statunitense Apache ha espresso interesse ad espandere ulteriormente le sue attività in Egitto, “aprendo nuove strade” per la cooperazione con il settore petrolifero egiziano. La produzione inizierà sei mesi dopo le operazioni di perforazione. E si prepara a prendere parte alle gare di appalto per perforare nuovi blocchi.

IL POST ZOHR

Apache ha manifestato il proprio interesse per la gara d’appalto internazionale lanciata dall’Egitto per l’esplorazione di petrolio e gas, in particolare per le offerte su 11 blocchi, di cui cinque nel deserto occidentale. Due settimane fa Il Cairo aveva annunciato il lancio di due gare su 16 aree di concessione, per lo più nel Mar Mediterraneo.

Il ministro del petrolio Tarek El-Molla ha incontrato una delegazione della compagnia americana, per fare una panoramica sullo scenario che investe le nuove scoperte petrolifere di West Kalabsha e West Kanayes, dopo un processo di indagini sismiche che hanno avuto esito positivo.

È stato anche discusso il programma di perforazione nella parte orientale di Bahariya, nel Deserto Occidentale, dove le trivellazioni sono state programmate per iniziare nel prossimo mese di settembre. La delegazione di Apache che ha incontrato i vertici governativo era guidata dal vicepresidente Brian W. Freed e dal vicepresidente con delega regionale (Mare del Nord, Egitto, Houston Operations e HSSE) Grady L. Ables. Fondata nel 1954, Apache è una società americana indipendente che si occupa di esplorazione e produzione di petrolio e gas in vari stati, come Stati Uniti, Canada, Egitto, Mare del Nord, Regno Unito, Australia e in Argentina.

STRATEGIA

Il Cairo sta investendo parecchio su questo nuovo fronte. Lo dimostra il fatto che un primo giro di appalti interesserà 16 aree di concessione, per lo più nel Mediterraneo, sotto l’egida degli statali di Egas, mentre una seconda fase toccherà altre 11 aree in concessione sotto la Egyptian General Petroleum Corp (EGPC). Obiettivo del Generale Al Sisi è quello di mettere un freno alle importazioni entro la fine del 2018 e raggiungere quindi l’autosufficienza.

Un traguardo possibile, anche dopo la scoperta fatta nel 2015 da parte dell’Eni del giacimento Zohr, considerato il più grande di sempre nel mare nostrum. Lì la produzione è iniziata nel dicembre 2017 ed è destinato a trasformare l’industria del gas naturale liquido (non solo) dell’Egitto.

APACHE

Nel 2013 la strategia complessiva dietro le attività di Apache ha subito una mutazione. In quell’anno la China Petroleum & Chemical Corporation ha pagato alla Apache Corporation 3.1 miliardi di dollari per assicurarsi una quota del 33% nella società. Ufficialmente la joint venture è tra la divisione egiziana di Apache e la Sinopec International Petroleum Exploration & Production Corporation. Ma dietro l’acquisizione si sono snodate una serie di azioni connesse alle evoluzioni governative egiziane, tra cui il rovesciamento dell’allora presidente Mohamed Morsi e l’avvento del generale Al Sisi.

Il gigante petrolifero cinese ha deciso di entrare in quello che è considerato come l’operatore più “intenso” in quella macro regione che opera in Egitto da oltre due decenni, dando quindi alla Cina l’occasione di intrecciarsi con un’impresa di alta qualità per collaborare all’interno della nazione nordafricana dove le prospettive nel medio-lungo periodo sono favorevoli.

Lo dimostrano anche i numeri di Apache: lo scorso anno ha fatturato 2,330 miliardi di dollari di ricavi in Egitto, che rappresentano da soli ben il 39,2% delle entrate totali per quell’anno. Significa che solo le operazioni egiziane di Apache hanno rappresentato il 27% della sua base di produzione in virtù di 5,6 milioni di ettari lordi che coprono 25 concessioni. Un trend che ha registrato ulteriori miglioramenti a seguito dell’aggiudicazione dei blocchi di concessione Razzak e South Alam El Shawish.

twitter@FDepalo

 

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