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Trump trova la soluzione alla crisi del petrolio in Venezuela. Oppure no? Tutto è partito dall’annuncio su Twitter del Presidente statunitense Donald Trump in cui il capo della Casa Bianca ha annunciato di aver concordato con l’Arabia Saudita l’aumento della produzione di greggio fino a due milioni di barili al giorno.

“Ho appena parlato con il re Salman dell’Arabia Saudita  e gli ho spiegato che, a causa delle turbolenze e disfunzioni in Iran e Venezuela, chiedo all’Arabia Saudita di aumentare la produzione di petrolio, forse fino a 2.000.000 di barili, per compensare la differenza. Prezzi alti! Lui ha accettato!”. Un aumento della produzione avrebbe come primo effetto quello di far calare il prezzo del greggio, perché si andrebbe incontro a un incremento dell’offerta a fronte di una domanda costante. Ma non solo.

La mossa di Trump va comunque vista in evidente chiave Russia. Lo scorso aprile infatti a Jedda si è tenuto un vertice tra i Paesi Opec e i produttori esterni al cartello (come la Russia) in cui si è stata decretata un’ulteriore stretta alla produzione a 1,8 milioni di barili giornalieri, con evidente aumento del prezzo.

Peccato però che in una nota diffusa subito dopo dalle autorità saudite, le stesse abbiano nei fatti smentito un accordo su tale richiesta di Trump. “Nel colloquio telefonico tra il re saudita Salman e il Presidente degli Stati Uniti si è parlato della necessità di preservare la stabilità nel mercato petrolifero”. Ma nessuna menzione della richiesta che Trump avrebbe fatto a re Salman di aumentare a due milioni di barili al giorno la produzione petrolifera, come aveva scritto in un tweet lo stesso Presidente americano.

Secondo Trump, re Salman avrebbe accolto la richiesta. Secondo i media sauditi, invece, i due leader avrebbero sottolineato gli sforzi messi in atto dai Paesi produttori di petrolio per compensare eventuali carenze. Un’altra versione l’ha data Al Arabiya per la quale Trump e Re Salman hanno avuto oggi un colloquio telefonico durante il quale hanno discusso di relazioni bilaterali e della situazione politica regionale.  Salman e Trump hanno concordato sulla necessità di mantenere stabili i mercati petroliferi e la crescita dell’economia globale. Inoltre, le parti hanno discusso degli sforzi dei paesi produttori per compensare eventuali carenze nelle forniture di petrolio. Nessun dettaglio ulteriore.

Certo, non che nelle ultime settimane i rapporti tra Trump e l’Opec, di cui l’Arabia è la punta di diamante in veste di maggiore esportatore al mondo, siano stati idilliaci. Il presidente americano è spesso tornato ad attaccare l’Opec dal suo profilo Twitter. Il 20 aprile 2018, l’inquilino della Casa Bianca ha accusato l’Organizzazione di gonfiare “artificialmente i prezzi” del greggio.

“I prezzi del petrolio sono troppo alti, l’Opec è tornata alla carica. Non va bene”, ha twittato nuovamente il presidente Usa, il 13 giugno 2018, provando ancora una volta ad influenzare il futuro del prossimo vertice Opec (22 giugno), in cui si dovrà decidere sui tagli alla produzione introdotti alla fine del 2016. Trump tifa per un rialzo della produzione di greggio, cosa che già avrebbero in mente Arabia Saudita e Russia.

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