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A Ghat, nel sud della Libia, da ieri, dopo l’annuncio dell’arrivo della task force italiana per occuparsi del problema dei flussi migratori, è partita la protesta. Un gruppo di miliziani libici che fa capo al Consiglio sociale delle componenti presenti nella città libica, infatti, ha occupato a partire dalla serata di mercoledì l’aeroporto locale, come conseguenza un comunicato diramato dal Consiglio tribale locale. Una notizia che segue di pochi giorni la visita di Matteo Salvini a Tripoli, in cui il ministro dell’Interno aveva manifestato la sua volontà di contribuire al rafforzamento dei confini meridionali della regione libica. Anche se,  in quell’occasione, il vice presidente Ahmed Miitig è era stato chiaro sull’impossibilità della realizzazione di campi sul territorio libico.

L’agenzia stampa Nova, in riferimento alla delicata situazione, è riuscita a raccogliere le dichiarazioni di un attivista poltico locale, Abel Aziz al Hashimi, che ha affermato come la situazione dell’azione, messa in atto dal folto gruppo di manifestanti, resti comunque sotto controllo delle forze di sicurezza che fanno capo al governo di Tripoli. La fonte libica ha poi sottolineato che le proteste “non hanno legami con i capi di Tuareg o di altre tribù che hanno una pozione ancora ambigua rispetto alle iniziative italiane nel sud della Libia”, e che, “la missione italiana ha individuato cinque punti lungo il confine meridionale della Libia dove sorgeranno dei centri di controllo contro il fenomeno dell’immigrazione, mentre ci sarà una cabina di regia di questi punti che sorgerà nella base aerea di Ghat”.

Nel comunicato del Consiglio, diramato martedì e che ha dato il via all’occupazione, si legge che “alcuni individui stanno cercando di consentire agli italiani di stabilirsi nella città di Ghat”, sottolineando che le terre e i cieli di Ghat”sono parte integrante del territorio libico, che nessun individuo o gruppo ha il diritto di violare se non attraverso mezzi legittimi attraverso le istituzioni governative nazionali nello stato indipendente”. Sempre nella nota, poi, si afferma che “sono vietati i contatti individuali con qualsiasi entità governativa straniera sotto il nome di entità tribali o organizzazioni della società civile e la conclusione di accordi o simili senza fare riferimento alla popolazione locale”.

Nel frattempo, comunque, la missione italiana non ha subito interruzioni ed è stato effettuato oggi il primo sopralluogo per individuare le opere di consolidamento da realizzare in quelle zone. Un’operazione coordinata dal direttore del Dipartimento centrale dell’immigrazione, Massimo Bontempi e con il finanziamento dell’Unione europea. Una missione tecnica che era stata già proposta precedentemente dall’ex ministro Marco Minniti e che coinvolge la Polizia di frontiera, i militari del Coi-Comando operativo interforze dello Stato Maggiore della Difesa e dall’Esercito. E anche il ministro della Difesa italiano, Elisabetta Trenta, secondo il sito web libico Marsad, effettuerà la sua prima visita nella regione nel prossimo mese di luglio e terrà una serie di incontri con i funzionari libici per discurtere “delle questioni legate alla sicurezza e alla lotta al terrorismo”.

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