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Se vuole preservare lo stretto rapporto con gli Stati Uniti sul fronte militare, il Regno Unito del post-Brexti dovrà aumentare la propria spesa per la difesa di circa 9 miliardi di euro all’anno (8 miliardi di sterline). A lanciare l’avvertimento sulla tenuta della “special relationship” è la commissione Difesa del Parlamento inglese, che ha da poco pubblicato il report dal titolo esplicativo “Oltre il 2%”. Si tratta di un lavoro preliminare relativo al Modernising Defence Programme (Mdp), il piano del ministero della Difesa britannico, guidato dal segretario Gavin Williamson, che punta al complessivo ammodernamento delle Forze armate inglesi. In ballo c’è lo status di “tier-one”, ovvero di potenza globale che, come riportato dal Financial Times in un articolo che ha fatto discutere, non sarebbe più tanto scontato per Londra.

I TIMORI DI LONDRA

Secondo il quotidiano inglese, “in un incontro teso”, la premier Theresa May avrebbe esplicitamente chiesto a Williamson di procedere a un progetto complessivo per preservare la leadership globale sul piano militare del Regno Unito. L’insistenza del primo ministro sarebbe stata accolta da “shockwaves” (violente reazioni) poiché ha certificato il concreto rischio di perdere uno status che gli inglesi conservano da secoli e di cui non vogliono certo privarsi ora. Il timore di uscire dal novero delle potenze mondiali, capaci di attacchi autonomi in forma nucleare e convenzionale, non piace oltremanica.

L’EFFETTO BREXIT

Tutto questo, si lega alla Brexit e all’inevitabile consolidamento dei rapporti con gli Stati Uniti che esso comporta. Restare fuori dalla Difesa europea, che nel frattempo procede abbastanza velocemente, alimenta a Londra il desiderio di rafforzare la partnership privilegiata con Washington e con la Nato. Un segnale in tal senso è arrivato dalla risposta positiva del governo britannico alle richieste del segretario alla Difesa americano, James Mattis, su un potenziamento dello sforzo in Afghanistan. Su proposta di Williamson, la May ha accordato qualche settimana fa la disponibilità ad aumentare il contingente di Sua maestà da 500 a 900 unità (mentre l’Italia ha confermato l’intenzione di ridurre la propria presenza). Tutto questo, in termini di operabilità e di rapporti industriali, vuol dire però stare al passo con gli States, che certo possono contare su livelli di spesa ben più corposi di quelli britannici. Basti pensare che il budget britannico per il 2018 è stato pari a circa 49 miliardi di dollari, contro i 700 messi in campo dall’amministrazione Trump. Da qui, l’invito della commissione Difesa del Parlamento ad “andare oltre il 2%”, quota stabilita in ambito Nato come obiettivo della spesa nel settore sul Pil.

LA SPESA NECESSARIA

“La Difesa britannica e il ministero dell’Economia beneficiano della stretta relazione con gli Stati Uniti – si legge nel report – tuttavia, ciò proseguirà solo se le Forze armate del Regno Unito conserveranno la capacità di mantenere l’interoperabilità con quelle degli Stati Uniti, alleviando le responsabilità Usa. Per fare ciò, la Difesa Uk dovrà essere finanziata appropriatamente”. Si calcola, prosegue il documento, “che aumentare la spesa per la difesa al 2,5% del Pil risulterebbe in un budget previsto di 50 miliardi di sterline all’anno, mentre portarla al 3% si tradurrebbe in 60 miliardi all’anno”. Eppure, gli attuali piani di spesa, nota DefenseNews, prevedono una crescita annua piuttosto piccola fino al 2022. Un segnale in tal senso dovrebbe arrivare in occasione del prossimo Summit Nato, in programma a Bruxelles l’11 e 12 luglio, contesto in cui la May potrebbe presentare al mondo il Modernising Defence Programme. Non a caso, il presidente della commissione che ha elaborato il report, il conservatore Julian Lewis, ha affermato: “La spesa per la difesa è un’area da cui un forte messaggio deve essere mandato ai nostri alleati e agli avversari. Il governo ha costantemente parlato dell’aumento dell’impegno Uk nella Nato dopo l’uscita dall’Unione europea. Un maggiore impegno, di fronte a sfide nuove e impegnative, significa che maggiori investimenti sono essenziali”.

RILANCIARE LA SPECIAL RELATIONSHIP

Recentemente, la ragione del legame con gli Stati Uniti sul fronte della difesa era stata quantificata economicamente dal segretario Williamson: “Se si considerano i benefici che otteniamo su base annuale, penso che potremmo considerare un beneficio minimo di 3 miliardi di sterline, e questo mantenendo un approccio molto conservativo”. Aumentare tale cifra rischia di diventare una necessità impellente per il Regno Unito del dopo-Brexit. Un avvertimento in tal senso è arrivato recentemente dal colosso franco-tedesco dell’aviazione Airbus, che ha nel Regno Unito uno dei propri mercati domestici con circa 15mila addetti e migliaia di aziende dell’indotto. Il chief operating officer di Airbus Commercial Aircraft Tom Williams ha lanciato l’allarme sulle pagine del Times: in caso di un’uscita dall’Ue senza un accordo (“scenario che dobbiamo tenere in considerazione”) “saremo costretti a riconsiderare la nostra presenza in questo Paese; un simile risultato della trattativa sarebbe catastrofico per la Airbus”.

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