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Qualcuno l’ha ribattezzata la “marcia dei quarantamila”, rievocando la storica protesta degli impiegati Fiat nel 1980, e forse il paragone è un po’ azzardato. Ma non c’è dubbio che le decine di migliaia di persone accorse sabato a piazza Castello a Torino per dire un sonoro no ai no del governo gialloverde abbiano offerto un colpo d’occhio notevole. Una piazza trasversale tanto ai partiti (c’era anche qualche parlamentare del Carroccio) quanto alle associazioni di categoria, che ha costretto la stessa sindaca Chiara Appendino a riconoscere “le energie positive” della manifestazione e a dirsi pronta a un confronto. In piazza, fra pensionati, avvocati, imprenditori e commercianti, c’era anche più di un volto noto della politica. È il caso dell’ex ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini, oggi capogruppo di Forza Italia alla Camera. “Non avevo bandiere né simboli di partito” dice intervistata da Formiche.net, “questa è la piazza dell’Italia del sì, la Lega prima torna a casa meglio è”.

La piazza di Torino è una manifestazione contro la Appendino o qualcosa di più?

È stata una manifestazione dal grande significato simbolico, rappresenta l’Italia del sì, quella che non cede alla paura, al rancore, all’invidia sociale, ma vuole costruire e proiettarsi verso la crescita, lo sviluppo, l’Europa. È l’Italia che non accetta i no a Tav, terzo valico, olimpiadi, insomma al futuro.

Lei era fra i manifestanti. Che impressione le ha fatto questa piazza Castello?

La partecipazione è stata straordinaria, mi ha colpito il tono misurato e garbato dei partecipanti. Durante la manifestazione si sono avvicinati dei no Tav al palco. In qualsiasi altro contesto sarebbe nata una baruffa, a piazza Castello invece nessuno si è permesso di dire una parola di troppo.

Davvero non era una piazza partitica? Spesso c’è chi prova a metterci il cappello sopra..

Io sono andata con i miei colleghi piemontesi senza simboli di partito né bandiere, perché era doveroso ascoltare questa piazza. Ho trovato tante persone sorprese di aver trovato il coraggio di scendere per le strade. I torinesi sono persone riservate ma molto determinate. Per la prima volta c’è stato un sonoro no a questo governo sul blocco delle infrastrutture, della via della Seta e di un trasporto merci più veloce.

La Tav è davvero un’opera necessaria?

La Tav è un collegamento essenziale con il resto dell’Europa e potenzialmente anche con la via della Seta. In più l’Italia ha già detto sì alla Tav tanti anni fa assumendosi impegni precisi. Il mondo non inizia e termina con Di Maio, venire meno agli impegni presi significa incorrere nelle penali e togliere qualunque credibilità alla parola data.

Toninelli ha garantito che l’analisi costi benefici va avanti…

Se davvero Toninelli si fosse preoccupato di fare l’analisi costi-benefici avrebbe insediato la commissione sulle grandi opere cercando di lavorare celermente per avere una risposta, e invece di questa commissione ancora non c’è traccia. Tutto il resto è un alibi per prendere tempo.

In piazza c’era anche qualche leghista. È un segno di insofferenza per la decrescita felice grillina?

Parliamo di pochi parlamentari, niente di più. La Lega prima torna a casa meglio è. Non si può governare con un atto notarile né con una gestione del potere, la politica è altro. Questo contratto è un recipiente che fa acqua da tutte le parti, i programmi di Lega e Cinque Stelle non si sommano ma si elidono a vicenda. Il centrodestra è incompatibile con il Movimento: noi vogliamo lavoro loro reddito, noi vogliamo completare le grandi opere, loro vogliono bloccarle, noi siamo garantisti, loro giustizialisti.

Nel frattempo a Roma è arrivata la sentenza su Virginia Raggi e il caso nomine. Un nuovo inizio per la sindaca?

Come ho detto noi siamo sempre garantisti, anche verso la Raggi. Siamo contenti della sua assoluzione. Anche perché il sindaco non va mandato a casa per via giudiziaria, ma perché è incapace e sta riducendo Roma allo stremo.

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