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Più che fare la faccia dura sull’Aquarius, il ministro dell’Interno Matteo Salvini dovrebbe prendersela con i suoi migliori amici in campo europeo, i vari Orban che hanno bocciato la proposta avanzata dal precedente governo italiano sul ricollocamento. Parola di Gennaro Migliore, deputato in quota Pd e già sottosegretario di Stato alla Giustizia con i governi Renzi e Gentiloni, a cui abbiamo chiesto la sua versione sui fatti delle ultime ore, ma anche indicazioni su come evitare il rischio isolamento in sede europea.

Partiamo dalle notizie più recenti. Dalla Francia arrivano critiche pesanti all’Italia, definita “cinica” e addirittura “vomitevole” da En Marche, il movimento del presidente Emmanuel Macron. Come giudica queste uscite?

Considerato tutto l’atteggiamento che ha avuto il governo nel suo complesso, sia nella parte attiva di Matteo Salvini, sia nella parte passiva di Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Danilo Toninelli, devo dire che ritengo quanto sta avvenendo un atto di profonda inumanità. E siccome non mi interessa esercitare una difesa d’ufficio dell’italianità, credo che sia diritto di ciascuno esprimere il proprio pensiero sull’argomento, visto anche che i signori già citati non ci sono mai andati leggeri sullo stile verbale. Ciò non toglie che io abbia giudicato molto negativamente alcune operazioni del presidente Emmanuel Macron sui respingimenti alle frontiere, compreso lo sconfinamento in territorio italiano della polizia francese per inseguire dei migranti in fuga. Tuttavia, la questione non è fare polemica con la Francia, poiché il vero problema è a casa nostra, e riguarda l’isolamento in cui sta scivolando l’Italia per l’applicazione in concreto di alcune politiche sovraniste.

Eppure, secondo alcuni, tali politiche hanno permesso all’Italia di ottenere l’aiuto della Spagna.

Penso che si debba dire con grande chiarezza che non si è trattato di “un aiuto dell’Europa all’Italia”, ma piuttosto di un atto umanitario nei confronti di 629 persone che hanno avuto l’unica sfortuna di essere su un’imbarcazione nell’ultimo giorno di campagna elettorale, utile a Salvini per suonare la grancassa propagandistica. Il comportamento del governo spagnolo, socialista e laico (che sarebbe stato altrimenti odiato dal leader leghista) ha risposto alle norme umanitarie e alle leggi internazionali, rispetto a un comportamento non umanitario da parte dell’Italia e di Salvini, tra l’altro passibile di contestazione da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Sembra di capire che non è d’accordo con Salvini che ha definito la disponibilità spagnola “una vittoria”.

Più che una vittoria mi sembra una figuraccia. Inoltre, è bene ricordare che se al posto di Sanchez ci fosse stato Orban, l’amico di Salvini, quei porti non si sarebbero aperti. Il comportamento del governo rischia così di isolare l’Italia anche rispetto alla necessità di cambiare i trattati, un’esigenza che richiede qualcosa di molto ma molto diverso, e cioè la cooperazione a livello europeo. Eppure, dopo questa vicenda, il premier spagnolo avrà più voce in capitolo rispetto a noi. Se finora abbiamo subito l’isolamento nel contesto europeo, infatti, non è stato per via dell’Europa come entità astratta – come viene descritta da Lega e 5 Stelle – ma piuttosto per i veti continui dei Paesi dell’est, i quali si sono opposti quando noi proponevamo il ricollocamento dicendo loro che avremmo tagliato i fondi europei con cui hanno fatto camminare le loro economie e hanno garantito i successi elettorali. Oggi, invece, si propone di stargli dietro e reggergli la coda. Ci troviamo cioè in profonda difficoltà per le scelte di politica estera che sta facendo Salvini. Con la Tunisia, che è il Paese che notoriamente accetta il maggior numero di rimpatri dall’Italia, ha causato un incidente diplomatico. Lo stesso potrebbe avvenire con la Spagna, che come ha ribadito il ministro della Difesa di Madrid, ha agito non per dare una mano all’Italia, ma per questioni umanitarie.

Se la via da percorrere non è il braccio di ferro in Europa, cosa può funzionare?

Quando eravamo al governo abbiamo già avanzato una proposta, ma siamo stato sconfitti. Il punto è riconsiderare l’accordo di Dublino che, lo voglio ricordare, è stato firmato dal governo di centro-destra con Roberto Maroni quale ministro dell’Interno. Quell’accordo prevede l’obbligo per il richiedente asilo di espletare il suo percorso di riconoscimento di status nel Paese di primo ingresso. Ciò era comodo per l’Italia quando la maggior parte degli arrivi avveniva sulla frontiera dell’est, per migranti diretti a Paesi come Germania e Svezia, che tra l’altro hanno molti più rifugiati di noi in rapporto alla popolazione. L’accordo è ovviamente datato, ma per cambiarlo serve un piano complessivo. Per questo, il nostro governo presentò sul tavolo europeo il “Migration compact”, che è stato poi copiato nel contratto di governo tra Lega e Movimento 5 Stelle. Se la coalizione di governo fosse onesta, potrebbe semplicemente rivendicare in sede europea la proposta già presentata, ma purtroppo temo che per ragioni elettorali non lo vorranno riconoscere.

In tal senso, la linea di Salvini non può essere interpretata in una logica di continuità con il suo predecessore? In fondo, Minniti ha lavorato per ridurre gli sbarchi, lui ora sta operando per una vera distribuzione su scala europea degli sbarchi.

Ma la distribuzione su scala europea non è una novità. La relocation è già stata votata nell’autunno del 2015, ed è proprio questo che io contesto. L’obbligo del ricollocamento già esiste, ma quelli che non l’hanno voluto accettare, dimostrandosi nemici dell’Italia, sono proprio i migliori alleati di Salvini. E mi sorprende che questa cosa non sia evidenziata dalla stampa. La questione difatti non è il principio del ricollocamento, ma la possibilità che i migranti vadano ad espletare le richieste di asilo nei Paesi che ritengono più giusti. Anche sull’Aquarius, il problema non riguarda il ricollocamento, poiché nessuno sa quante persone delle 629 a bordo possono avere diritto alla protezione. Ed è bene sottolineare che non è vero che i rifugiati rappresentano il 10% dei migranti. Esistono tre condizioni che vengono riconosciute: lo status da rifugiato, la protezione internazionale e la protezione umanitaria. Sono categorie fissate dalle leggi, con durata per tutta la vita, per tre anni o per un anno, e tutte rinnovabili. Tali tre condizioni rappresentano il 60% dei richiedenti asilo, e non il 10% come dice Salvini. Considerare non meritevoli di protezione tutte le persone che confluiscono nelle tre categorie vorrebbe dire violare i trattati internazionali e la legge nazionale. Per questo motivo ritengo che la volontà di Salvini sia meramente elettorale e che la verità sia più forte delle suggestioni propagandistiche.

Ci spieghi meglio.

Dopo l’Aquarius, quando arriveranno altri migranti, la questione andrà affrontata con razionalità. Proprio per questo il nostro governo ha operato su più fronti, stringendo accordi con i Paesi del nord Africa che il leader della Lega ha messo però da subito in discussione. Eppure, avere difficoltà di rapporti con la Libia e con la Tunisia (i principali Paesi da cui arrivano queste persone), per scelta politica o per incapacità, sarebbe un bel passo indietro.

Ma se il problema principale è modificare accordi datati che però non possono essere cambiati per il veto dei Paesi a cui fanno comodo, come se ne esce?

Facendo la faccia dura a quelli che non ci aiutavano, e che sapevano che l’Italia poteva usare il taglio ai fondi europei a loro destinati come strumento di ritorsione, nel caso in cui non avessero collaborato. Il principio che abbiamo portato avanti con il nostro governo era: non mi aiuti, non ti aiuto. Ora, al contrario, si sta facendo la faccia dura a persone che sono disperate. È un cambio di rotta che può piacere, ma che a me fa ribrezzo.

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