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L’iniziativa ‘Lobby Non Olet’ cresce sempre più. Ha preso il via con un incontro pubblico a Milano, che si è tenuto il 6 ottobre del 2017, ed è proseguita con una serie di video-interviste ai protagonisti del settore.

Lo scorso 12 aprile, il Circolo degli Esteri, ci ha invitati a parlare di lobbying nel corso di una serata intitolata ‘Brutti, cattivi e pericolosi. Fenomenologia del Lobbismo’, onorati dalla presenza, come ospite, ma anche come relatore, dell’ambasciatore Umberto Vattani.

Tutto procede bene, c’è interesse, vivacissimo interesse, da parte del pubblico che ci pone domande pungenti e puntuali. Ma la domanda inaspettata arriva quasi alla fine ‘Se ho ben capito voi in fondo fate il lavoro che fanno anche molti studi legali, ma senza la loro preparazione giuridica’. Bella botta eh! In maniera del tutto spontanea il nostro pubblico ha sollevato un tema molto caldo: avvocati o lobbisti?

La stessa domanda la pone Nina Katzemich, dell’associazione tedesca LobbyControl, che spinge affinché gli studi legali con sede a Bruxelles si iscrivano al Registro di Trasparenza dell’UE.

Come al solito tutto nasce da uno ‘scandaletto’. Nel 2013, Michel Petite – consigliere legale di ben tre Presidenti della Commissione Europea, capo di gabinetto di Romano Prodi, funzionario UE a tutti gli effetti fino al 2008 – è stato beccato a fare il lobbista per la Direttiva ‘Tabacco’.

Petite non si presentava come lobbista, argomento che in ogni caso potrebbe sollevare l’altro spinoso tema delle porte girevoli, bensì come avvocato di un importante studio legale internazionale, Clifford Chance. A seguito dello scandalo, Petite è stato costretto a lasciare la Commissione Etica della Commissione Europea, organo che monitora ed esprime pareri sui casi di revolving door delle Istituzioni UE.

Certo questo è un caso eclatante, ma non unico. Infatti nel 2016, ALTER-EU ha pubblicato un’inchiesta nella quale rivelava che nove importanti studi legali, sebbene pubblicizzassero i servizi di lobbying nei loro siti internet, si fossero rifiutati di iscriversi al Registro. A maggior disdoro, questi studi legali organizzano eventi di lobbying, assumono personale delle Istituzioni UE e, a dire di ALTER-UE, addirittura reclutano europarlamentari in corso di mandato.

Dal 2016 non sembra essere cambiato molto. I dati pubblicati da LobbyFacts a gennaio 2018 ci dicono che, nonostante la gogna, ancora sette dei nove studi legali denunciati da ALTER-UE non sono iscritti al Registro. Eppure lo sono quasi tutti negli USA. E indovinate un po’ perché? Perché il registro negli Stati Uniti è obbligatorio, non volontario.

A questo punto, la giustificazione addotta dagli studi legali per non iscriversi rasenta il ridicolo, che si può leggere a p. 8 dell’inchiesta di ALTER-UE: “Non possiamo iscriverci perché dovremmo rendere pubblici i nomi dei nostri clienti e quindi infrangere il segreto professionale”. Insomma una dichiarazione che sottolinea ancor di più il fatto che gli avvocati dovrebbero astenersi dallo svolgere attività di lobbying. Beh mica si tratta di una causa, ma di lobbying. Cosa molto diversa. Tanto diversa che sia l’ordine professionale francese che quello belga hanno stabilito con una norma che il segreto professionale degli avvocati non si applica alle attività di lobbying. The Council of Bars and Law Societies of Europe ha dichiarato che gli studi legali dovrebbero registrarsi. Però il punto fondamentale, e sul quale la Commissione sembra fare orecchio da mercante, è quello dell’obbligatorietà. Solo se fosse obbligatorio tutti sarebbero sullo stesso piano, verrebbero rimossi tutti i dubbi sull’opportunità o meno di iscriversi, e potrebbero comunicare ai clienti che devono farlo!

Di cosa si occupano gli studi legali quando fanno i lobbisti? Le aree di intervento più importanti sono quelle della concorrenza. Vendono la loro competenza nel comprendere gli aspetti tecnici delle proposte di Direttiva e Regolamenti e discutono di questi aspetti con le Istituzioni UE, magari proponendo un emendamento, anche da far presentare agli europarlamentari.

A prescindere dall’iscrizione o meno al registro, credo che il lavoro dei lobbisti e degli avvocati sia complementare, e debba mantenersi rigorosamente autonomo. Questo non vuol dire che una collaborazione sia da escludere, tutt’altro.

La sinergia tra lobbista e avvocato è tanto più efficace quanto più ciascuno sviluppa la propria attività nel rispettivo ambito di competenza, assicurando il coordinamento nella reciproca autonomia e indipendenza. Il punto di vista dell’avvocato è, giustamente, esclusivamente legale, mentre il lobbista deve prendere in considerazione il punto di vista delle Istituzioni. Deve avere quindi una chiave di lettura politica.

Oltre che a lavorare dichiarando in modo chiaro chi rappresenta, senza nascondersi dietro il segreto professionale. Del tutto inutile nell’attività di lobbying, se non addirittura negativo. Se si vuole aprire un dialogo con le Istituzioni, non bisogna avere paura delle proprie posizioni. Come ho scritto più di una volta, saranno poi le Istituzioni a decidere se prenderle o meno in considerazione. Insomma, avvocati smettetela di fare i lobbisti!

Lobbisti o avvocati, sì. Lobbisti e avvocati, no

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