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Quella di Palermo è una sentenza storica che mette nero su bianco che parti dello Stato hanno trattato con la mafia, mentre dall’altra parte c’era chi la combatteva. Una verità processuale che si aggiunge, secondo Marco Travaglio, a quanto già si sapeva, ma che ora è stata riconosciuta da un atto giuridico ancora più importante. Raggiunto telefonicamente da Formiche.net, il direttore del Fatto Quotidiano e autore, tra i tanti libri, di “È Stato la mafia” (Chiarelettere), ha raccontato cosa significa per l’Italia la sentenza della corte di Palermo, seppure solo di primo grado, e aggiunge che su questa vicenda “i politici dovrebbero spiegarci molte cose”.

Marco Travaglio, perché questa sentenza è così importante?

Perché mette nero su bianco, in nome del popolo italiano, sia pure soltanto in primo grado, una verità che tutti nei palazzi del potere conoscevano benissimo, ma che nessuno osava ammettere, ossia che parti deviate dello Stato italiano – pezzi dell’arma dei Carabinieri, dei corpi di sicurezza, dei servizi segreti, della politica – mentre raccontavano in pubblico di essere impegnatissimi a contrastare la mafia in realtà ci stavano trattando all’insaputa dei magistrati, dei poliziotti, dei Carabinieri che invece la combattevano e così li mettevano sempre più in pericolo.

Cosa intende?

La Mafia aveva deciso di fare le Stragi per rinnovare un patto con le istituzioni dopo che quello della Prima Repubblica era fallito con le condanne definitive al maxiprocesso. Per portare lo Stato al tavolo e rinnovare quel patto, Cosa Nostra ricattò lo Stato a suon di bombe e delitti politici. Chi avrebbe dovuto contrastare la strategia terroristica e combatterla andò invece a negoziare con gli autori della strage di Capaci e così convinse Riina che la strategia stragista pagava, conveniva, e infatti il risultato non fu di bloccare le stragi ma quello di moltiplicarle. Di incoraggiare i mafiosi a farne altre, ad alzare il tiro e alzare il prezzo, e così fu sacrificata la vita di Borsellino, furono sacrificate le vite di tanti cittadini inermi che morirono a Firenze, a Roma, a Milano, nelle stragi di Via D’Amelio e poi nel 1993, fino a quando l’arrivo del partito di Forza Italia fondato da un fiancheggiatore dei mafiosi come Dell’Utri e da un amico dei mafiosi come Berlusconi rassicurò Cosa Nostra al punto da indurla a interrompere bruscamente quella serie di stragi e delitti politici in cambio ovviamente della promessa che sarebbe stato smantellato tutto quell’apparato normativo che Falcone e Borsellino avevano chiesto per tutta la vita e che soltanto dopo la morte di Falcone era diventato legge. Smantellamento che poi in parte, purtroppo, si è verificato nel corso degli anni, sia sotto governi di centrodestra sia sotto governi di centrosinistra. Perché la trattativa inizia sotto i governi di centrosinistra di Amato e di Ciampi e si conclude sotto il governo di centrodestra, quindi non è di un solo colore, ma è una trattativa che ha abbracciato tutti gli schieramenti politici che hanno retto la Seconda Repubblica.

L’assoluzione di Nicola Mancino diminuisce l’impatto della sentenza?

La situazione di Mancino con la faccenda che abbiamo descritto fin qui c’entra abbastanza poco, perché lui rispondeva di falsa testimonianza non perché i magistrati ce l’avessero con lui o l’avessero preso di mira – come diceva lui -, ma perché semplicemente su alcuni passaggi cruciali di queste vicende, viste dal governo Amato di cui lui faceva parte e poi del governo Ciampi come ministro dell’Interno, ha dato delle versioni completamente opposte da quelle date da Martelli e da Scotti. È stato più volte smentito dai suoi colleghi ministri, quindi quando ci sono testimonianze che dicono l’opposto, il giudice di solito decide a chi credere e incrimina l’altro per falsa testimonianza. Leggeremo dalle motivazioni se i magistrati credono che quelle discrepanze fossero in buona fede o se invece magari credono che abbiano mentito gli altri due ministri, chi lo sa. Certamente il coinvolgimento di Mancino dipende dal fatto che è stato smentito da due altri ministri. Poi si è parlato molto delle telefonate al Quirinale, anche lì non perché qualcuno ce l’avesse con lui, ma perché lui per liberarsi del processo ha chiamato il Presidente della Repubblica. Se non l’avesse fatto nessuno avrebbe parlato di lui.

Non sono state esagerate le reazioni politiche, considerato che è una sentenza di primo grado?

Credo che le reazioni della politica siano minimaliste, a parte le polemiche tra i 5 Stellle e Berlusconi che peraltro duravano da prima. Che Berlusconi sia “il male assoluto della politica” Di Battista l’ha detto prima della sentenza, i Cinque Stelle in campagna elettorale erano andati a leggere la sentenza Dell’Utri dove si parlava del patto Berlusconi-Mafia del 1974 e dei finanziamenti di Berlusconi alla Mafia per 20 anni prima che venisse emessa la sentenza. I 5 Stelle, come tutti i cittadini che volevano essere informati, sapevano benissimo quali fossero i rapporti con la mafia tra Berlusconi e Cosa Nostra intermediati da Dell’Utri senza bisogno di aspettare questa sentenza. I politici dovrebbero reagire molto di più, dovrebbero spiegarci come è possibile che ministri importanti del centrosinistra non si siano accorti, come dicono, che uomini dei Carabinieri stavano trattando con Totò Riina, che aveva ancora le mani insanguinate dalla strage di Capaci, perché andarono da lui subito dopo, e soprattutto continuano a non spiegarci chi mandò i Carabinieri a trattare, chi decise quella doppia morale per cui in pubblico si parlava di lotta alla mafia e in privato si trattava con la mafia. Dovrebbero reagire molto di più e vergognarsi molto di più invece di fischiettare. Il generale Mori, con tutto quello che si sapeva di lui, è stato promosso negli anni successivi a capo dei servizi segreti (ride), consulente dell’amministrazione Alemanno a Roma, ha avuto incarichi di grande prestigio invece di essere degradato sulla pubblica piazza per quello che aveva fatto e non aveva fatto. Quindi i politici dovrebbero spiegarci molte cose.

Di Maio, in questa fase, sta facendo bene?

Di Maio ha un compito abbastanza ingrato, prendersi la responsabilità di proporre un governo in quanto candidato premier del partito più votato. Il fatto di essere più votato non gli dà la maggioranza assoluta e non gli consente di governare da solo, quindi deve indicare i suoi alleati, che sono quelli che hanno i numeri. Fermo restando che per fortuna ha deciso di non parlare con un delinquente come Berlusconi, gli restano la Lega e il Pd. È ovvio che la Lega, salvo sorprese, è ancora un tutt’uno con Berlusconi. Salvini non riesce a sganciarsi da Berlusconi, o non vuole o non può. È chiaro che il partito più votato ha la responsabilità di non aver ancora trovato una maggioranza, ma questo è dovuto anche al fatto che c’è un partito che rappresenta il 19% degli elettori – o addirittura il 23% con i suoi alleati – ossia il Pd, che in questo momento non sembra disponibile a governare con nessuno. Per cui Di Maio dice di no a Berlusconi e di sì al Pd e alla Lega, la Lega dice di no al Pd e di sì a Berlusconi e ai 5 Stelle, il Pd dice di no a tutti e in un sistema proporzionale come quello che è stato voluto da Berlusconi, dal Pd e dalla Lega con la legge elettorale Rosatellum si devono fare delle coalizioni, non può esistere un partito che dice “io non faccio un governo con nessuno e sto all’opposizione” prima ancora che si sappia chi davvero c’è al governo.

Cosa pensa di un eventuale accordo di governo tra Movimento 5 Stelle e Salvini? Si è detto che addirittura sia già stato fatto tempo fa…

Io ne dubito, perché se no avremmo già il governo. Non converrebbe né a Salvini né a Di Maio logorarsi in trattative che non portano a nulla. Se fossero già d’accordo lo avrebbero già fatto. Non si sono nemmeno ancora visti di persona, si sono solo telefonati. Salvini è andato al Quirinale più volte a vendersi la Fontana di Trevi come Totò, e cioè a raccontare che Berlusconi era pronto a dare un appoggio esterno a un eventuale governo. Berlusconi ieri ha detto non solo che non dà nessun appoggio esterno, ma che i 5 Stelle invece di appoggiarli lui li manderebbe a pulire i cessi. È evidente che quando un leader come Salvini bluffa, come sta facendo, non può che irritare il Quirinale, perché il Quirinale chiede posizioni chiare. Non si può andare a mentire al Capo dello Stato e invece è quello che è successo in questi giorni. Io non escludo che in futuro Salvini trovi il coraggio di sganciarsi da Berlusconi, per ora non mi pare che l’abbia fatto. Io la scena di Salvini che dice di no a Berlusconi la devo ancora vedere, mi preparo, sarà uno spettacolo impagabile, da vedere in prima fila con i pop corn e la birretta (ride). Visto quello che è successo ai precedenti esponenti del centrodestra che hanno provato a sganciarsi da Berlusconi, credo che si tutt’altro che semplice.

E del dialogo col Pd?

C’è uno stallo dovuto alla decomposizione del Partito democratico, che non ha una linea perché non ha un vertice, non ha nessuno che comanda, o meglio: Renzi non ha più la forza di imporre la sua linea ma almeno ha la forza di impedire ad altri di avere una linea. Questo crea la situazione caotica a cui stiamo assistendo questi giorni.

Se potesse dare un suggerimento al Movimento 5 Stelle quale sarebbe?

Mi sentirei di darne uno a tutti i politici, ed è parlare meno politichese e più di fatti. Ci dicano cosa vogliono fare, oltre che con chi vogliono farlo. Che Di Maio scelga 5 punti che ritiene fondamentali per avviare un governo, li proponga al Pd e alla Lega, incontri la Lega e il suo leader e il Pd e il suo leader, se ne ha uno o se se lo darà, e metta a confronto le sue richieste con quelle del partito che ci sarà. E poi si vedrà se può o non può nascere un governo. I governi non nascono dalle simpatie reciproche, le coalizioni di solito si fanno con chi ti ha combattuto e con chi hai combattuto fino al giorno prima in campagna elettorale, quindi è sui punti programmatici che devono discutere. Se Di Maio continua a parlare di formule e non di contenuti e continua a non esplicitare 4 o 5 punti importanti che diano un segno forte di cambiamento come hanno chiesto i suoi elettori e delle Lega verrà invischiato nel politichese e assimilato ai suoi predecessori.

Marco Travaglio (direttore Fatto Quotidiano)

Di Maio passi dalle formule ai contenuti. La versione di Marco Travaglio

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