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Letizia Pezzali, nonostante non abbia ancora quarant’anni, ha lavorato a lungo in una banca d’affari londinese prima di allontanarsene insoddisfatta, anche perché la crisi del 2008 aveva nel frattempo profondamente appannato le speranze di carriera che gli yuppie, solo di qualche anno più anziani, avevano eletto a inequivocabile misura del proprio successo, e ha provato sulla propria pelle a capire come in una società così egocentrica e competitiva agisse il desiderio nella sua imprevedibilità, pronto a intervenire seguendo i suoi percorsi caotici, ma anche a restare perennemente sospeso in attesa di una risoluzione.

Il desiderio, verrebbe da pensare, è innanzitutto quel che resta dell’amore in una società che non è disposta a sacrificargli nulla, attenta com’è ad analizzare i sentimenti non più trascinanti o travolgenti, ma che anzi pretendono di diventare oggetto di esami pazienti e sobrie valutazioni: le ambiguità, piuttosto che eluse, dunque, vengono coltivate, le esitazioni e le piccole violenze fanno parte del divertimento dello stare insieme, il dolore talvolta amplifica il piacere. Insomma, anche l’amore si agita inquieto nella precarietà di un’esistenza pronta a rimettere in discussione valori e princìpi secondo le regole di un sistema perennemente instabile e cangiante e la stessa ricerca del compagno non ha pretese di durata; vale finché resiste per poi riaprirsi a nuovi incontri in un girotondo che frastorna, ma è la cifra di ogni esistenza e agisce in profondità, determinando scelte e comportamenti tutt’altro che coerenti, anzi spiazzanti.

Giulia ha ormai accanto un nuovo capo irlandese che accende talora il desiderio, ma più spesso lo soffoca nei rituali del mestiere; la sua “ossessione amorosa” resta Michele, il collega più anziano di lei che l’aveva conquistata un pomeriggio all’università, dove “bello e intelligente” aveva presentato un suo libro. L’ossessione “si basa su una fede di tipo religioso: nulla può essere messo in dubbio, la mente passa in secondo piano”; la relazione cresce attraverso uno scambio sempre più intenso di messaggi, in pochi incontri vissuti e molti che resistono solo nelle parole, frenetici persino, ma in difficoltà quando devono confrontarsi con la realtà: “Il caso mette insieme le persone, mentre la storia, a posteriori, dà un senso alle relazioni”. “Mi piaci un mondo… di te mi piace tutto, ti ho voluto a prima vista e in modo perfetto”, Giulia scrive a Michele e aggiunge: “Le emozioni che provo quando sono con te sono sproporzionate”; ma la questione è un’altra: una volta chiusa una relazione ne resiste la memoria, quella analitica di situazioni specifiche, di piccoli gesti indimenticabili che però esplodono, scomponendosi in frammenti irrecuperabili, diventando oggetto di rimpianto, ma non riempiono il nostro mondo interiore; perché tutto non vada perduto bisogna che della relazione resista un senso, un valore, quello forse evocato da Michele con forza: “Se parlerai di noi, fallo con lealtà”. La lealtà definisce nel modo più severo e nobile un rapporto tra due persone, “mantiene una schiettezza, mostra i suoi legami con la sincerità, la giustizia, l’apertura”, forse anche “le venature dell’attaccamento e dell’eccessiva devozione”; essa cioè, in un mondo che sembra voler fare a meno dei sentimenti, restituisce un ruolo alla “moralità”, che riconquista il centro e indica la direzione.

Cosa si nasconde dietro la facciata del successo. Il libro di Letizia Pezzali letto da De Michelis

Letizia Pezzali, nonostante non abbia ancora quarant’anni, ha lavorato a lungo in una banca d’affari londinese prima di allontanarsene insoddisfatta, anche perché la crisi del 2008 aveva nel frattempo profondamente appannato le speranze di carriera che gli yuppie, solo di qualche anno più anziani, avevano eletto a inequivocabile misura del proprio successo, e ha provato sulla propria pelle a capire…

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