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Dopo il gesto delle dimissioni di monsignor Dario Edoardo Viganò, molti fari sono puntati sulla riforma della comunicazione vaticana, e sul futuro della segreteria per le comunicazioni della Santa Sede. “Irreversibile”, per quanto “non facile da gestire”, spiega il vaticanista Rai Enzo Romeo, conversando con Formiche.net. E sulla vicenda in sé, “c’è stata una ingenuità, che diventa di fatto una manipolazione del pensiero del papa emerito”, e che “non era nelle intenzioni”. Mentre i papi sono stati le due “vittime”, “termine peraltro esagerato”. Ma “se il clima fosse diverso anche queste vicende evaporerebbero facilmente”.

Viganò era il deus ex machina della comunicazione vaticana. Che ne sarà ora della riforma dei media vaticani?

La riforma dei media è stata decisa dal Papa dopo le discussioni avute nel C9, il consiglio dei Cardinali, quindi credo che sia una riforma, almeno nei tempi immediati, irreversibile. Perciò non penso che tornerà indietro perché il prefetto si è dimesso. Bisognerà trovare una persona che applichi quanto deciso dal papa.

Quindi la direzione resta quella stabilità da Francesco.

Esatto, a prescindere da chi svolge un ruolo o un altro. Aspettiamo di vedere chi verrà nominato, ora c’è il monsignore argentino. La valutazione generale fatta da tutti, nell’ultimo anno e mezzo, è stato che l’accorpamento da una parte necessario per i cambiamenti strutturali che ci sono stati in tutto il mondo dell’informazione, per cui non ci possono essere più isole o compartimenti stagni, dall’altra presenta qualche problematicità perché non è facile gestire sotto un’unica direzione cose così diverse. Pensiamo per esempio alla casa editrice, che ha specificità talmente peculiari che metterla sotto un unico ombrello non è che sia semplice. In questo senso, c’erano alcune perplessità da parte degli addetti ai lavori. Ma la linea indicata è quella di un unico strumento declinato in tanti modi.

A Viganò viene attribuita l’immagine di un profilo pragmatico e determinato. Però la sostanza della riforma non cambierebbe, mi pare di capire.

È chiaro che la personalità di chi deve applicare una direttiva conta molto. Perché se una persona è dialogante, o morbida nel modo di porsi, probabilmente l’impatto è diverso rispetto a un profilo decisionista, di qualcuno che chiede soltanto l’esecuzione di una linea. La valutazione generale potrà però essere fatta solo alla fine. Dopo l’accorpamento dell’Osservatore Romano e della tipografia vaticana questa riforma andrà a regime, e dopo un paio di anni si potrà fare un bilancio e capire cosa eventualmente cambiare.

Per quanto riguarda le dimissioni di Viganò, quali sono state le ragioni, oppure cosa ci indicano?

Sicuramente questo episodio della lettera è stato deflagrante, lui è una persona molto attiva, intelligente, propositiva, che ha mille idee, forse però è stata messa troppa carne al fuoco, con un desiderio di promuovere in maniera pressante questa nuova azione comunicativa, che doveva essere a sostegno dell’idea riformista del Papa. E in questa velocità, in questa fretta, si può incontrare qualche sassolino che ti fa inciampare. Questo era bello grosso, che ha lasciato tutti perplessi, è sembrata un’operazione molto ingenua.

Forse non c’era necessità di rendere pubblica questa lettera?

Si poteva forse leggere la lettera e metterla nel cassetto, non si può rendere noto uno stralcio, di quello che ti è più funzionale, e fare finta che tutto il resto non esiste. Al di là delle intenzioni, di cui sono convinto della buona fede, comunque c’è stata una ingenuità, che diventa di fatto una manipolazione del pensiero del papa emerito. Che non era nelle intenzioni, ripeto. Ma nel momento in cui non rendi nota una parte.

Il senso complessivo della lettera a tuo giudizio cambia?

Non credo che il primo paragrafo cambi di senso, perché Benedetto XVI difende sé stesso e Francesco, e difendendo sé stesso difende anche l’altro e viceversa. Però poi esprime perplessità sull’operazione generale. Il fatto che abbia ringraziando dicendo di non avere la forza, e soprattutto il tempo, di fare una recensione a questa opera, già questo indebolisce tutta l’operazione, a cui evidentemente il Papa non ha dato un’importanza così forte, come la casa editrice voleva dare. E poi il rimprovero di avere messo dentro questo teologo a lui non gradito. Queste due cose fanno sì che il giudizio complessivo sull’operazione era, non dico negativo, ma sicuramente non di grande esaltazione. Allora non era giusto usare alcune parole di Benedetto come biglietto da visita del lancio di questa collana.

Quindi sostanzialmente un’operazione editoriale andata più che male.

Assolutamente. Le parole “stolto pregiudizio” valgono a prescindere, ma è l’operazione in genere che lascia perplessità: estrapolare la frase di una lettera privata e usarla come richiamo per le allodole. Così che ci sarebbe stata una maggiore visibilità per questa collana a cui evidentemente si dava molta importanza, visto anche il cambio di prospettiva della casa editrice, più concentrata su temi specifici e per addetti ai lavori, mentre prima era molto più di varia. Forse però ha fatto bene a una cosa, al fatto che ora può servire a fare un momento di silenzio. Con la scelta di Viganò di farsi da parte, dopo un’operazione mal pensata e mal gestita. Questo dà le mani libere al Papa per rivedere un attimo il tutto.

Come ci sono rimasti entrambi i papi da questa vicenda?

Io non ho idea, credo che Francesco non sia stato al corrente di questa vicenda, non ne avesse contezza. Quindi sia l’uno che l’altro l’hanno subita, sono stati vittime, anche se il termine è quasi esagerato, di questa vicenda. Poi ci sono giornali che si divertono a metterli contro, dicendo che anche i papi litigano, o cose con questo tipo di folklore. Ma loro due hanno subito l’operazione. Uno che si è ritirato nel suo mondo di preghiera, di uomo di Dio, intellettuale, che fa quello che può fare, e figuriamoci se ha voglia di mettersi in mezzo a queste questioni. L’altro che ha talmente tanti pensieri per la testa che non sta a perdere tempo con i lanci delle collane editoriali. Quindi credo che obiettivamente siano stati comunque infastiditi da una vicenda in cui hanno ben poco messo il naso. Uno rispondendo con una lettera privata e personale, e l’altro che ha dato fiducia a una persona che in questo caso ha sbagliato, tutto qui. Il problema è che sullo sfondo c’è tutta questa lotta pro e contro Francesco che alimenta polemiche. Se il clima fosse diverso probabilmente anche queste vicende evaporerebbero facilmente. Ma dato che siamo in un clima di lotta, per cui i sostenitori di una o l’altra parte sono sempre molto accaniti e talvolta pure rancorosi, e stanno lì a sottolineare e rilanciare, è chiaro che fa più rumore il tutto.

Il futuro della comunicazione vaticana dopo le dimissioni di Viganò. Parla Enzo Romeo

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