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Una vecchia e ormai discreditata teoria (che potremmo definire determinismo tecnologico) sostiene che le tecnologie emergenti abbiano conseguenze importanti sulle generazioni che le vivono durante la loro fase formativa: i baby boomers sarebbero stati segnati dalla televisione e i millennials dalla Rete, come ora la generazione Z lo sarebbe dai social media e dagli smartphone. Questa teoria nasce dall’osservazione che i bambini e gli adolescenti maneggiano le tecnologie con maggiore abilità “istintiva” dei loro genitori e qualche volta persino dei fratelli maggiori, per cui si abituerebbero a usi e pratiche sociali assai diversi.

La teoria non sta molto in piedi, come ho accennato, per una cospicua serie di ragioni, di cui vorrei ricordare solo le principali. La prima è che i bambini e gli adolescenti non sono gli unici a usare le tecnologie, che vengono invece bellamente utilizzate da tutte le generazioni che convivono nella società. Anzi, spesso sono gli adulti a portare più avanti quei cambiamenti di abitudine la cui possibilità è aperta dalle tecnologie, ma che si realizzano soltanto se accettati socialmente.

Per esempio: la mia generazione ha vissuto il passaggio dal telefono fisso al cellulare anche cambiando abitudini, passando da una grande discrezione (non si telefona a casa dopo una certa ora!) alla più smaccata invasione del privato altrui (con chiamate o messaggi a tutte le ore del giorno e della notte) assai più colpevolmente e repentinamente di quanto non lo abbia fatto la generazione dei miei figli (che si è sostanzialmente disabituata all’uso del telefono fisso senza esservi davvero alfabetizzata).

La seconda ragione è che le generazioni convivono e si devono per forza abituare alle differenze anche nell’uso delle tecnologie. Non soltanto gli adolescenti sono oggi assai spesso i maestri dei genitori nell’uso di WhatsApp (o di altre applicazioni di messaggeria), ma entrambi scherzano con queste differenze mettendole al centro dei propri discorsi e in realtà aggiornando reciprocamente le competenze.

Insomma un adolescente oggi sa parlare diversi linguaggi tecnologici: quello dei propri coetanei, dei fratelli maggiori e dei genitori. Infine, nessuno di noi convive solo con le tecnologie: è circondato – e interagisce con – diverse dimensioni della società, come quella economica (un conto è crescere in una fase recessiva o in una affluente), ha uno status professionale o di ceto, un certo livello di educazione, e così via. Ne deriva che quando cerchiamo di spiegare una generazione dovremmo tenere conto di così tanti fattori che definirla compiutamente diventa difficile.

Fatte queste troppo lunghe premesse, qualcosa sulla generazione Z. Una generazione complessa, di cui molti (a cominciare dai genitori) si preoccupano, ma di cui pochi si curano. Vorrei provare a descriverla con poche pennellate.

Preoccupazione e leggerezza. Cresciuti dopo l’11 settembre e nel bel mezzo di crisi economiche e politiche che hanno allargato le disuguaglianze e stanno mettendo a rischio la democrazia, gli Zeta sono naturalmente non troppo ottimisti, ma usano l’ubiquità dei loro apparati di comunicazione, la gratuità un po’ ambigua (perché le grandi majors come Google, Facebook, Amazon e Apple guadagnano eccome) delle piattaforme che usano, e la facilità di accesso e costruzione alle reti sociali dei loro pari come risorse di consolazione e rassicurazione. Possiamo essere poveri, ma tentiamo almeno di non essere soli.

Ingenuità e maturità: messi al centro di politiche economiche che li invitano a usare massicciamente i social network (spesso senza chiedere loro una adeguata assunzione di responsabilità), li maneggiano con una cura molto relativa, ma sono pronti a cogliere il vento e a uscire da certe offerte spostandosi su territori meno battuti: da Facebook a Instagram, dall’iPhone al Google Phone, cadendo sempre nella rete dei grandi monopolisti, ma senza vendere loro l’anima e pronti a cambiare ancora.

Disincantati ma romantici: avendo visto generazioni intere di tecnologie tramontare molto velocemente (erano piccoli quando sembrava che MSN Messenger dovesse diventare il loro dio, e oggi quasi non ce ne ricordiamo più), sgranano gli occhi sul prossimo futuro, sanno di dover essere tecnicamente competenti, ma vogliono poi quello che tutte le generazioni hanno sempre voluto. Realizzarsi come persone, essere amati da qualcuno, diventare grandi senza perdere la tenerezza. Non facciamone degli alieni e rispettiamo il loro essere creature.

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