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32 anni, romano, giurista. Fabio Massimo Castaldo è il volto dell’affermazione del Movimento Cinque Stelle nelle istituzioni di Bruxelles. Nel novembre del 2017 è stato eletto vicepresidente del Parlamento Europeo dove gode di un apprezzamento trasversale. È stato votato anche da socialisti e popolari ed è stimato dal Presidente, l’italiano Tajani. Castaldo, oltre ad essere considerato da Beppe Grillo “il segnale che c’è un’Europa che guarda al futuro”,  è impegnato nel dialogo per le prospettive del M5S nella prossima legislatura, tra cui la possibile adesione al nuovo gruppo di Macron. Intervistato da Formiche.net il vicepresidente del Parlamento europeo conferma che l’ipotesi di abbandonare la moneta unica sarebbe “un’arma nucleare che nessuno ha intenzione di utilizzare”. Eurozona, commercio e immigrazione, ecco l’Europa secondo il Movimento Cinque Stelle.

Parte il governo del cambiamento, ma la politica estera è affidata a un ex montiano come Enzo Moavero Milanesi. Dove sarà la discontinuità con chi lo ha preceduto?

La discontinuità è il contratto per il governo del cambiamento. Questo rappresenta la bussola per il governo nell’identificazione delle politiche da mettere in campo per il bene dei cittadini e a queste l’esecutivo si atterrà. Per quanto riguarda la politica estera, ribadiamo in modo forte la nostra volontà di difendere il sistema di alleanze di cui facciamo parte, ma puntando a un’Italia che assuma sempre più il ruolo di campione della mediazione. Lavoreremo per gettare ponti con tutti i partner che possano aiutare a utilizzare il metodo del dialogo per compiere concreti passi in avanti nella risoluzione positiva delle crisi internazionali. Se parliamo, ad esempio, di Siria, Libia e Yemen non si può prescindere da un dialogo anche con la Russia, attore strategico per la stabilità di quei territori. Moavero Milanesi possiede tutte le competenze per fare un ottimo lavoro. Gli facciamo un grosso in bocca al lupo.

Quali sono a suo parere le priorità italiane ai tavoli europei?

I cittadini chiedono che l’Europa si interessi maggiormente di economia reale e diritti sociali e meno di banche e spread. Lo scorso 6 ottobre il Parlamento europeo ha approvato il rapporto della mia collega Laura Agea in cui si chiede la possibilità di utilizzare il 20% dello stanziamento del Fondo sociale europeo per finanziare il reddito di cittadinanza. Anche in Italia. Metteremo sui tavoli che contano questa proposta, avanzata dall’unica istituzione europea democraticamente eletta. La lotta alla povertà e all’esclusione sociale deve essere una priorità assoluta.

Ultimamente non sono mancate critiche severe da parte delle istituzioni europee, dai commissari Dombrovskis e Oettinger fino al presidente Jean-Claude Juncker. Cosa pensa di queste esternazioni?

A dire la verità ho sentito anche dichiarazioni positive, come quelle dei Commissari Moscovici, Timmermans e Thyssen. Voglio sperare che le critiche siano solamente delle clamorose gaffes o che siano dovute ad errate ricostruzioni giornalistiche. L’Italia è uno dei Paesi fondatori dell’Unione e siamo contributori netti del bilancio europeo. Meritiamo rispetto. Adesso è arrivato il momento di spegnere ogni ulteriore polemica e di rimboccarci le maniche per il bene dell’Italia e dell’Europa.

Flat tax, riforma delle pensioni e reddito di cittadinanza. Sarà difficile intervenire su tutti e tre rimanendo nei vincoli Ue. L’Italia ha il più alto debito pubblico nell’Eurozona dopo la Grecia, qualche promessa dovrà essere abbandonata?

Nessuno ha la bacchetta magica. Abbiamo 5 anni di tempo per realizzare il cambiamento che abbiamo promesso e molte riforme si possono fare solo gradualmente. Ma una cosa è certa e lo hanno ribadito anche diversi premi Nobel: non è con l’austerity che si riduce il debito pubblico. In tutti i comuni amministrati dal Movimento 5 Stelle il debito è sceso e gli interventi sulle municipalizzate hanno consentito grandi risparmi per i cittadini senza diminuire la qualità dei servizi, che in molti casi sono anche migliorati. Adotteremo lo stesso principio per il bilancio nazionale. Chiediamo quindi ai partner europei il credito che è dovuto a tutti i governi ed anzi vorremmo instaurare una collaborazione proficua affinché tutta l’Unione Europea esca definitivamente dalla crisi economica.

Luigi Di Maio ha assicurato che il Movimento non vuole uscire dall’euro, lo stesso ha fatto Matteo Salvini. Eppure lei, assieme a un gruppo di eurodeputati pentastellati e leghisti, ha votato un emendamento al quadro finanziario pluriennale 2021-2027 a favore dei Paesi che vogliono abbandonare la moneta unica, perché “restarvi è diventato insostenibile e intollerabile”. Non è una contraddizione?

Abbiamo più volte ribadito che la proposta di referendum sull’uscita dall’euro era volta a provocare una reazione forte ed attirare l’attenzione sulla necessità impellente di riformare l’eurozona, tanto in riferimento alla governance, quanto alle politiche perseguite. Perfino il Fondo Monetario Internazionale ha riconosciuto i danni causati dal paradigma dell’austerity ai cittadini e alle economie europee: non é più possibile rimandare la questione e, anzi, siamo già ampiamente in ritardo. L’uscita dalla moneta unica è un’arma nucleare che nessuno ha intenzione di utilizzare. Il voto a favore dell’emendamento presentato dalla GUE si colloca in quest’ottica e mira a ribadire e difendere il principio di solidarietà che vige fra tutti i Paesi membri, anche e soprattutto in situazioni estreme.

La precoce telefonata di Emmanuel Macron a Giuseppe Conte è stato un importante segno di apertura fra Parigi e Roma. È necessario stringere un patto fra Italia e Francia per evitare un’Europa a trazione tedesca?

Valuteremo convergenze e alleanze in modo oculato, partendo da un’analisi puntuale dei singoli dossier, che abbia come unico faro il bene dei cittadini italiani ed europei. Abbiamo ascoltato Macron recentemente al Parlamento europeo e abbiamo apprezzato i passaggi sul coinvolgimento dei cittadini nelle politiche dell’Unione, sovranità digitale e transizione energetica. Su questi temi siamo disponibili a dialogare con lui e con tutti quelli che hanno a cuore un’agenda veramente nell’interesse dei cittadini, che rilanci il progetto dell’Unione. Certo, restano altre questioni sul tavolo: sulla gestione dei flussi migratori e sulle politiche di rilancio della nostra economia serve un cambiamento vero, non una semplice pacca sulla spalla.

In queste settimane ci sono state prese di posizione molto dure di Lega e Cinque Stelle contro la Germania. Giova questo risentimento con uno dei nostri maggiori partners europei?

Scusi, quali giornali ha letto? Io ho sfogliato il Der Spiegel e l’Handelsblatt e sono rimasto molto deluso. Mettere in copertina un cappio e associarlo al nostro Paese non è un messaggio di distensione. Inoltre, a guardar bene, il contenuto degli articoli è assai critico nei confronti delle politiche condotte in Italia negli ultimi 20 anni, nonché nell’Europa a trazione tedesca. Vorrei ricordare a tutti che l’enorme debito pubblico che oggi pesa sull’Italia è stato in buona parte creato da quei partiti che i tedeschi considerano rassicuranti, come Forza Italia e il Partito Democratico.

Cioè?

Con l’introduzione dell’euro i tassi di interesse sul debito italiano erano scesi significativamente. E Berlusconi, invece che approfittarne per ridurre il debito stesso, ha sperperato il vantaggio così ottenuto. Questi sarebbero ritenuti partner affidabili oltralpe? Se i tedeschi tengono davvero al rigore dovrebbero essere contenti del fatto che ora siamo noi al governo. Diremo basta agli sprechi, lotteremo contro la corruzione e faremo un’operazione trasparenza sui derivati, che sono una minaccia per i nostri figli.

Veniamo a un altro appuntamento imminente: la riforma del sistema di Dublino. Al Consiglio di Lussemburgo sei Paesi hanno votato no assieme all’Italia fermando l’iter di modifica del regolamento.

Eravamo molto preoccupati per la posizione che stava prevalendo in Consiglio sulla riforma del regolamento di Dublino perché voltava le spalle all’Italia.

Cosa si può fare per rendere più equo il sistema di accoglienza?

Ci aspettiamo solidarietà piena dagli altri Stati membri, niente più e niente meno di quanto previsto dall’articolo 80 del Trattato (TFUE). Chiediamo che gli sforzi fatti dai paesi di primo ingresso – sia per quanto riguarda l’accoglienza che le attività di ricerca e salvataggio – siano debitamente riconosciuti. Vogliamo ricollocamenti obbligatori ed automatici, senza soglie di attivazione o filtri, né controlli preventivi sul merito delle domande di protezione internazionale. Sulla questione immigrazione tutti a parole riconoscono che l’Italia è stata lasciata sola e che ha sopportato un fardello enorme, adesso ci aspettiamo i fatti.

Il presidente americano Trump ha dato il via alla tanto temuta “guerra dei dazi” con l’Ue. Come deve reagire Bruxelles? La reciprocità rischia di innescare un’escalation dannosa per un Paese come l’Italia che punta molto sull’export.

Ha ragione, la guerra commerciale è un danno enorme per le nostre imprese. Non condividiamo il modo in cui Trump affronta il commercio internazionale. La Commissione europea deve trovare le giuste contromisure e non deve farsi ricattare dagli Stati Uniti né su questo, né in merito all’accordo sul nucleare iraniano. Stati Uniti che, a quanto pare, vorrebbero rilanciare il progetto del Ttip alle loro condizioni. Noi del M5S ci batteremo come sempre per tutelare al meglio le Pmi e il made in Italy.

 

Foto: Fabiomassimocastaldo.it

castaldo

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