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Il Mossad, l’agenzia dei Servizi segreti israeliani, è stato per anni sulle tracce dell’inventore del gas nervino Novichok, che tre giorni fa ha avvelenato a morte a Salisbury, Regno Unito, l’ex spia russa Sergei Skripal e sua figlia. La storia, riportata dal giornale israeliano Haaretz e rimbalzata sui più importanti quotidiani connazionali, getta luce sul veleno più letale mai prodotto in Russia, che adesso sta intossicando i rapporti diplomatici delle cancellerie europee con il Cremlino.

L’uomo che durante gli anni ’90 è stato nel mirino dei celebri 007 israeliani è Anatoly Kuntsevich, generale russo che fra gli anni ’70 e ’80 presiedette il programma di armi chimiche dell’Unione Sovietica. Sarebbe stato lui, ha scritto sul quotidiano Yedioth Ahronoth Ronen Bergman, esperto militare e volto noto del giornalismo israeliano, a supervisionare lo sviluppo del Novichok nella seconda metà degli anni ’80.

All’epoca la pressione della comunità internazionale e la Convenzione per la proibizione delle armi chimiche costrinsero la Russia di Mikhail Gorbachev a trovare una scorciatoia: sviluppare una sostanza chimica che non rientrasse nella lista proibita. Così, al riparo dagli osservatori internazionali, nacque il Novichok n.5. Dieci volte più letale del già famigerato VX, il gas nervino con cui è stato assassinato Kim Jong-Nam, il fratellastro del dittatore nordcoreano Kim Jong-un, il Novichok si presenta sotto forma gassosa e invisibile. Bastano poche particelle inalate per provocare danni letali al sistema nervoso della vittima, che muore per lo più per asfissia o arresto cardiaco. Così si spiega come a Salisbury sia rimasto gravemente avvelenato dal Novichock anche il poliziotto che ha trovato accasciati su una panchina Skripal e la figlia.

Con l’Unione Sovietica che cadeva a pezzi, nei primi anni ’90 il presidente russo Boris Yeltsin nominò il generale Kuntsevich, ironia della sorte, suo consigliere per il “disarmo” chimico e biologico, un passo necessario per rassicurare gli Stati Uniti. Secondo il Mossad però Kuntsevich non volle accettare di andare in pensione dal vecchio lavoro, e costruì invece sottobanco una rete di rapporti con la Siria per offrire le sue competenze tecniche e vendere a peso d’oro le riserve di Novichok di cui era in possesso.

Scoperto il piano sul finire degli anni ’90, il premier israeliano Ehud Barak protestò contro Mosca chiedendo di intervenire, senza ricevere però risposte da Yeltsin. Fallito il tentativo di inviare un agente del Mossad in Russia per convincere gli ufficiali del Cremlino a confessare, Kuntsevich morì nel 2002 su un volo da Aleppo a Mosca in circostanze sospette. Secondo fonti di intelligence siriana dietro alla scomparsa del generale russo ci sarebbero stati proprio i servizi di Tel Aviv.

Il racconto dei quotidiani israeliani rischia ora di innervosire ulteriormente il Cremlino, in un crescendo di tensioni dovute al caso Skripal. Anche Israele infatti ha preso posizione assieme agli Stati Uniti e ai Paesi europei che si sono esposti, condannando l’attacco all’ex spia russa con un comunicato del Consigliere per la sicurezza nazionale Meir Ben Shabat, pur senza nominare esplicitamente la Russia. La reazione di Mosca non si è fatta attendere: venerdì l’ambasciata russa a Tel Aviv ha invitato il governo israeliano a non farsi trascinare in “una rinnovata isteria anti-russa”, aggiungendo di guardare con preoccupazione “ai tentativi del governo del Regno Unito […] di coinvolgere Israele in una campagna politica e propagandistica”.

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