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Le isole, il gas, i trattati, le urne: sono le quattro sfide che il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha messo nel mirino in questo inizio di 2018, con i mille intrecci (anche per l’Europa) che i suoi nuovi programmi politici ed economici portano in grembo. Il conflitto sui confini territoriali con la Grecia si interseca con le rivendicazioni sulla zona economica esclusiva di Cipro (che ha prodotto il caso Eni), quindi con i nuovi vettori del gas che, dal Mediterrano orientale, andranno direzionati. Passando per il “distacco” economico dalle banche del golfo che sino ad oggi hanno concesso molto credito alle attività sul Bosforo e giungendo agli sviluppi elettorali che stanno componendo un quadro complesso e articolato, anche in chiave russo-americana.

LE ISOLE

“Spezzeremo le braccia e le gambe di tutti gli ufficiali, del primo ministro o di qualsiasi ministro che oserà fare un passo su Imia nell’Egeo”, ha dichiarato Yigit Bulut uno dei consiglieri di Erdogan.

Il conflitto con la Grecia si fonda sulla rivendicazione turca circa alcuni atolli situati nella parte più orientale dell’Egeo, nei pressi di Rodi. Imia, piccola isola disabitata di 4 ettari, è l’icona di queste frizioni. Nel 1996 Ankara accusò una motovedetta della guardia costiera greca di aver attaccato quella turca nelle sue acque territoriali. Di contro, la Grecia accusò i turchi di aver violato le acque territoriali greche, causando la collisione. Dal 1995 era aperta la disputa aperta sui limiti delle acque territoriali e sullo spazio aereo dell’Egeo. Dopo giorni di tensione altissima, che faceva presagire ad uno scontro armato, l’intervento degli Stati Uniti e dell’allora presidente Bill Clinton evitò il peggio.

FRIZIONI

Le parole scomposte di Bulut giungono nel bel mezzo delle violazioni turche dello spazio greco nell’Egeo che, da sporadiche, si sono trasformate in costanti. All’inizio di questa settimana l’ambasciatore statunitense ad Atene, Geoffrey Pyatt, ha espresso la sua preoccupazione per la possibilità di un “incidente” tra Grecia e Turchia nell’Egeo. In un’intervista al canale ellenico Skai il diplomatico americano ha fatto riferimento alle manovre della guardia costiera nell’Egeo orientale, dove le navi greche e turche spesso si avvicinano molto l’una all’altra. Sei mesi fa i servizi dei due Paesi hanno vissuto giorni di forti tensioni: a Salamina, nei pressi di una base navale ellenica, fu arrestato un cittadino turco accusato di essere una spia. Era intento a scattare fotografie da un battello civile a poche miglia dalla base.

SCENARI

In questi giorni è in Grecia il vicesegretario generale Nato Rose Gottemoeller. Dopo aver preso parte al forum economico di Delphi, assieme al presidente ellenico Prokopios Pavlopoulos ha ragionato sul ruolo decisivo dell’Alleanza atlantica per affrontare le attuali sfide della sicurezza, e ha sul punto ha ringraziato la Grecia “per essere uno dei paesi che già rispetta l’obbligo di stanziare il 2 per cento del Pil per la difesa”. Ad Atene Gottemoeller ha avuto un incontro bilaterale con il ministro della Difesa greco Panos Kammenos proprio sulla questione della disputa con la Turchia delle isole.
La tensione resta alta tra Atene ed Ankara anche in merito ad un altro episodio. Due militari greci di pattuglia alla frontiera greco-turca nel Nord-Est, dopo aver perso l’orientamento per le cattive condizioni del tempo, hanno involontarimente sconfinato in territorio turco e sono stati arrestati dall’esercito. Secondo lo stato maggiore greco “non c’è stato alcun combattimento e attualmente si trovano a Edirne”.

GAS

La contingenza di Ankara è legata alle sorti del giacimento Leviathan e di Zohr. Per cui, è la vulgata su cui gli analisti ragionano, Erdogan non intende restare fuori dalle future traiettorie legate alla partita degli idrocarburi dopo che l’Italia ha raggiunto un accordo con Israele e Cipro per il gasdotto East-Med e dopo che il Tap azero è in fase avanzatissima (soddisfacenti i test operativi in Grecia e Albania), con tutti i riverberi legati al prezzo del gas che i nuovi vettori comporteranno.

In questa direzione va decifrata la mossa turca a Cipro contro l’Eni, dove Erdogan mantiene nella parte nord autoproclamata Repubblica turcocipriota e non riconosciuta dall’Onu, ancora 50militari turchi che rivendicano pretese sulle acque (e quindi sul gas sottomarino) che però il diritto non gli riconosce: in quanto si tratta di una presenza figlia dell’invasione armata del 1974.

URNE

In questo scenario gravita anche la politica interna che si fonda su due direttrici imboccate da Erdogan: continuare nella repressione che solo nell’ultimo mese ha portato all’arresto di quasi mille persone e guardare all’anniversario del golpe (15 luglio) come data di probabili elezioni anticipate.

Da un lato la lotta serrata contro gli oppositori politici e dall’altro la nuova fase ultra offensiva contro i curdi dell’Ypg in Siria. Gli arresti si sommano ai 986 detenuti in tutto il Paese per reati di terrorismo, accusati di affiliazione alla presunta rete golpista di Fethullah Gulen. Complessivamente dal fallito golpe ad oggi dovrebbero essere almeno 90 mila le persone arrestate. In questa direzione va letta l’alleanza politica con il partito nazionalista del Mhp, con cui siglare un patto elettorale.

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