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Dal clima da campagna elettorale​ ​permanente​ alla ricerca di punti programmatici​ ​comuni. Solo​ in questo modo è possibile giungere alla formazione di un nuovo governo.​ A parlare è Leonardo Becchetti, ​docente di economia a Tor Vergata e fra le voci più ascoltate ​in Vaticano e nella comunità cattolica italiana.​

L’editorialista di Avvenire e direttore scientifico della Fondazione Achille Grandi per il bene comune, non nasconde ​l’amarezza per il dibattito apertosi all’indomani del voto. Per ​sbrogliare i nodi ingarbugliati del risultato elettorale, secondo Becchetti, “ci sono tre ipotesi in campo: un governo tecnico o di scopo – comunque a tempo limitato e probabilmente guidato da una figura esterna -, un esecutivo con M5S e Lega oppure con M5S e Pd​”​.

​Il ragionamento è chiaro: ​“I​n un mondo normale le forze politiche trovano un minimo comun denominatore programmatico (che c’è assolutamente) e lavorano insieme. Non lasciano il Paese allo sbando ​per cinque anni ​per ragioni tattiche. In un mondo normale…”.

Secondo Becchetti, autore insieme a Domenico De Masi della ricerca “Lavoro 2025” commissionata dal M5S e invitato al convegno sul tema organizzato dal Movimento, il problema però è che c’è un “clima arroventato. Si parte da un vissuto di conflitti e di profonde ferite – inferte l’un l’altro dai sostenitori delle diverse forze politiche – difficili da rimarginare; lo si evince sia dalle reazioni dei leader sia da quelle degli elettori. Si demonizza l’interlocutore, si esagera, si tende a descrivere l’avversario nel modo più pittoresco possibile”. Ed ecco la spaccatura nel Pd tra chi vede di buon occhio le intese con il Movimento – una minoranza per la verità – e chi invece – come lo stesso segretario Matteo Renzi – si oppone fieramente. Oppure si pensi a Beppe Grillo che ha sempre respinto l’ipotesi di scendere a patti con altri pur di governare e che, all’indomani della vittoria del M5S, ha rimbalzato la questione al “capo politico” Luigi Di Maio. Ma “politici degni di questo nome devono dialogare tra di loro, non insultarsi pensando di avere il 100% della verità loro e 0% il loro interlocutore. È sintomo di scarsa intelligenza” spiega il ​professore. Occorre dunque andare in medias res e trovare una strada che conduca ​il Paese a un approdo sicuro perché “si sa, poi quando si governa tutto diventa più ragionevole. Lo si vede anche nelle città dove le amministrazioni sono costrette a​d ​un continuo confronto con tutte le forze elette​”.

​Il fattore tempo non è irrilevante. “Ad aprile, ad esempio, scattano le clausole di salvaguardia sull’Iva ed entro il 10 aprile deve essere presentato il ​Def” evidenzia Becchetti che prosegue: “​Tornando al discorso del minimo comun denominatore nei programmi, su alcuni punti non ci sono difficoltà gigantesche. Prendiamo ad esempio il reddito d’inclusione, previsto da tutte le forze in campo: la differenza è nella dimensione, non nella natura dell’intervento. Anche sul fronte delle politiche nell’Unione europea la visione è simile, la posizione del ministro degli Esteri in pectore del M5S mi pare sia plausibile”.

Dunque “superare la stagione della rissa” e proseguire seguendo magari l’esempio della Germania “dove per la seconda volta si è formata una coalizione tra vari partiti per governare”. Anzi, l’auspicio ​per l’economista sarebbe di battere Berlino ​sui tempi ​considerando che “la Germania ci ha messo poco più di cinque mesi per fare la grande coalizione”. Del resto, rileva, “se non si è avuto il coraggio di creare un sistema maggioritario ora non possiamo ragionare come se ci fosse un sistema elettorale del genere. Non è uscita dalle urne una maggioranza che possa dar vita a un esecutivo? È conseguenza del Rosatellum che si sapeva che avrebbe portato con tutta probabilità al pareggio. Sia chiaro, le urne non sono una slot machine, che esce la combinazione con il risultato desiderato: ad oggi il gradimento degli italiani è questo”.

In uno scenario così confuso si staglia la figura del Presidente della Repubblica, cui spetta un compito importante e non facile. “Credo che Mattarella condivida quest’ottica e che tifi per l’Italia. Di certo c’è un problema di rielaborazione del lutto nel Paese finché non si crea un quadro politico stabile, ma al momento per andare avanti penso sia fondamentale che cambi il clima culturale in Italia e che finisca la rissosità. Siamo in perenne campagna elettorale, momento in cui si possono dire le cose più inverosimili”. ​Per il bene del Paese, il messaggio è chiaro, è meglio ​lasciarla alle spalle e voltare pagina.

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