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Per il Regno Unito non ci sono più dubbi: c’è il governo di Mosca dietro il cyber attacco del malware NotPetya del 2017, lanciato inizialmente in Ucraina per poi estendersi a livello globale, paralizzando diverse migliaia di sistemi informatici.

L’ACCUSA DI LONDRA

Proprio mentre gli Stati Uniti identificano l’attivismo del Cremlino nel cyber spazio come una delle maggiori minacce alla sicurezza nazionale americana anche nel prossimo anno e dopo i continui allarmi dei servizi segreti occidentali sulle possibili ingerenze russe durante le elezioni e sulle complesse campagne d’influenza condotte dal Paese sfruttando il Web, Londra lancia un allarme tanto forte quanto preciso.
“Il governo britannico”, dice il sottosegretario agli Esteri Tariq Ahmad in un comunicato, “ritiene che il governo russo, in particolare l’esercito russo, sia stato responsabile dell’attacco informatico NotPetya del giugno 2017”. E aggiunge: “Il Regno Unito e i suoi alleati non tollereranno attività cibernetiche dannose”, lasciando intendere che la vicenda avrà probabilmente strascichi.

IL LAVORO DELL’NCSC

Per giungere a questa conclusione – prosegue la nota del Foreign Office (all’incirca l’equivalente della nostra Farnesina), Londra si è avvalsa del lavoro del National Cyber Security Centre (Ncsc), centro di eccellenza in campo informatico – operativo da ottobre 2016 e diretto da Ciaran Martin – che ricade sotto la diretta responsabilità del Government Communications Headquarters (Gchq), agenzia governativa britannica che si occupa della sicurezza (nonché di spionaggio e controspionaggio), nell’ambito delle comunicazioni.

DANNI INGENTI

Le parole di Londra – respinte dal segretario stampa presidenziale russo Dmitry Peskov (“Rifiutiamo categoricamente tali accuse, le consideriamo non provate, infondate”) – non sono di poco conto e si innestano in un clima internazionale che vede i rapporti tra il Cremlino e diverse capitali mondiali avvolto da una coltre di sospetti, quasi tutti riguardanti operazioni condotte nel cyber spazio. In particolare, l’offensiva cibernetica in questione aveva colpito migliaia di computer in tutto il mondo, soprattutto quelli di multinazionali e infrastrutture importanti, come i controlli nel sito dell’incidente nucleare di Chernobyl e i porti di Bombay e Amsterdam. Tra le imprese colpite figuravano la compagnia di trasporto marittimo danese Maersk, il gigante Usa del farmaceutico Merck Sharp & Dohme, l’azienda francese di materiali edili Saint-Gobain e quella pubblicitaria britannica WPP.
In Ucraina, il Paese più colpito, erano state prese di mira le operazioni bancarie e le autorità avevano denunciato un attacco senza precedenti (Kiev ha subito negli ultimi anni diverse offensive cibernetiche, spesso al suo sistema energetico).

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