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La Corea del Nord avrebbe incrementato negli ultimi mesi l’arricchimento di uranio, materiale fissile che serve come combustibile per le armi nucleari: lo hanno rivelato cinque diverse fonti che dalle agenzie di intelligence americane hanno parlato con la NBC.

I funzionari, ovviamente in forma anonima, aggiungono che al momento i nordcoreani starebbero lavorando in segreto non nel sito di Yongbyon, che è l’impianto noto per la produzione di nuclear fuel, ma in altri siti nascosti (“More than one“, cita il virgolettato, e questo significa che l’Intelligence Community americana sa che esistono almeno tre luoghi di arricchimento dell’uranio nordcoreano mai rivelati dal regime).

Inutile dire che lo scoop – che Reuters ha cercato di far confermare a Cia, dipartimento di Stato e Casa Bianca, senza successo ovviamente – è una bomba. Arriva a due settimane dal vertice di Singapore da cui il presidente americano Donald Trump è uscito festoso per l’intesa personale trovata col satrapo Kim Jong-un: un faccia a faccia che aveva talmente rassicurato Trump, o su cui il presidente era talmente ansioso di far propaganda, al punto che era arrivato a dire che la Corea del Nord “non rappresenta più una minaccia nucleare” e che Kim stava già facendo passi verso la denuclearizzazione – il vero fulcro dei colloqui, su cui al momento c’è una sostanziale distanza.

“Ci sono prove inequivocabili che [i nordcoreani] stanno cercando di ingannare gli Stati Uniti”, ha detto uno dei funzionari. Che affermare che Pyongyang non rappresentava più una minaccia fosse “assurdo” – per dirla come Bruce Klingner, ex esperto di Corea della Cia ora analista del think tank conservatore Heritage Foundation – era chiaro, ma che Kim bluffasse in modo così aperto con la più grossa potenza del mondo e annunciasse la volontà di negoziare mentre aumentava le sue produzioni atomiche, è una rivelazione su cui si attendono conferme.

Sia chiaro, Trump non ha strappato niente di concreto nel vertice con dittatore del Nord, non ci sono documenti e accordi se non intenti generici, ma un conto è l’atteggiamento strategico tenuto finora da Kim – quello con cui vorrebbe capitalizzare al massimo la sua posizione di interlocutore nucleare chiedendo reciproci passi indietro agli americani per procedere a una denuclearizzazione a suo interesse – un altro è quello che la rivelazione bombshell potrebbe rappresentare.

L’evoluzione dello scoop giornalistico si vedrà forse già nei prossimi giorni. La prossima settimana, per esempio, il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, che sul dossier ha sempre tenuto i piedi a terra (non concederemo niente prima di fatti concreti, è la linea che va in giro predicando, riposizionando la presidenza su un solco più misurato), dovrebbe volare a Pyongyang. Ne ha scritto per primo il Financial Times, poi la notizia è rimbalzata e avuto altre timide conferme, ma niente di ufficiale.

Ancora: in un report pubblicato martedì, 38th North, il sito gestito dallo Smitson Center che si occupa con capillare attenzione di monitorare le attività nordcoreane attraverso open-source, ha scritto che i lavori di sviluppo del centro di ricerca di Yongbyon stanno procedendo rapidamente. Anche questo, nell’ottica di un paese che promette di denuclearizzare non è proprio un comportamento fairy.

Per essere maliziosi, infine: certe informazioni potrebbero essere state passate ai giornalisti a orologeria, per stuzzicare Kim, pressarlo, metterlo davanti ai rischi che può comportare un suo comportamento scorretto, e ottenere più rapidamente la chiusura del tavolo negoziale. Supposizioni.

denuclearizzazione

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