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Sul fronte estero pretende al più presto le scuse della Francia che sta provando a ricucire, si sta confrontando con i colleghi di altre nazioni perché le frontiere esterne dell’Ue siano europee e non italiane, accusa chi finanzia le ong anticipando una prossima informativa sul tema; sul fronte italiano dichiara guerra ai tempi necessari a smaltire una pratica di richiesta asilo, al costo dell’accoglienza e al business degli avvocati d’ufficio che lucrano sui ricorsi. Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, al suo primo intervento in Senato, ha colto l’occasione dell’informativa richiesta dall’opposizione sulla vicenda della nave Aquarius per disegnare un sintetico quadro di come intende affrontare il tema dell’immigrazione.

LO SCONTRO DEI NUMERI

Mentre il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, ha convocato l’ambasciatore francese, rappresentato dall’incaricata d’affari Claire Raolin, dopo i pesantissimi insulti rivolti dai portavoce di Emmanuel Macron al governo italiano, tutto il mondo politico si è schierato compatto nel respingere l’arroganza francese. Salvini, nel rivendicare la storia d’Italia sull’accoglienza e pretendendo le scuse ufficiali “al più presto”, ha ricordato alcune cifre: dal 1° gennaio al 31 maggio la Francia ha respinto verso l’Italia 10.249 migranti e non sta rispettando gli accordi del 2015 perché finora ha accolto solo 640 migranti anziché i 9.816 previsti dai ricollocamenti. “Macron passi ai fatti e ne accolga altri 9mila” ha detto il ministro per il quale il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, farebbe bene a far saltare il vertice di venerdì con Macron in assenza di scuse. All’incaricato d’affari francese Moavero, infatti, ha contestato le “parole inaccettabili” e i “toni ingiustificabili” che “compromettono le relazioni” auspicando che il governo di Parigi assuma rapidamente “iniziative idonee a sanare la situazione”. Non è dunque un caso che nel giro di un paio d’ore è arrivata la dichiarazione di un portavoce del ministero degli Esteri secondo il quale i giudizi pronunciati non mettono in discussione gli sforzi dell’Italia “né la necessità di coordinarci strettamente fra europei”.

“Chi mi ha preceduto ha fatto un buon lavoro”, ha detto Salvini senza citare Marco Minniti, “vedremo di fare meglio” perché i tempi per smaltire una pratica di riconoscimento o meno del diritto all’asilo sono di circa tre anni. La prossima settimana incontrerà i 250 funzionari assunti con il bando dello scorso anno e destinati a integrare le commissioni territoriali, nel frattempo solo il 7 per cento delle 42mila pratiche concluse quest’anno ha visto riconosciuto il diritto all’asilo e il 4 per cento la protezione sussidiaria. “Ma c’è il business degli avvocati d’ufficio che fanno milioni di euro alle spalle di questi disgraziati e occupano i tribunali” visto che “il 99 per cento delle pratiche è oggetto di ricorso”. Sui costi, invece, punta a ridurre di una decina di euro i 35 giornalieri per ogni persona accolta: “La Francia ne spende 25, la Germania 26, la Croazia 25, l’Austria 23”.

LIBIA, TUNISIA E REGOLAMENTO DI DUBLINO

Salvini ha riconosciuto la riduzione degli arrivi quest’anno grazie ad “azioni utili e intelligenti” della precedente gestione (Pier Ferdinando Casini gli ha consigliato di offrire un caffè a Minniti e di ascoltare la sua esperienza) e conta di andare entro giugno in Libia. L’altro fronte è la Tunisia: quest’anno sono arrivati quasi 3mila tunisini nonostante quella nazione “non sia in guerra né soffra di carestie”. Salvini deve convincersi che è fondamentale rafforzare i rapporti con Tunisi perché, nonostante una difficilissima situazione economica soprattutto nelle zone interne, resta disponibile a riaccogliere gli immigrati irregolari e i sospetti terroristi espulsi dall’Italia per motivi di sicurezza.

Il ministro ha rivendicato la scelta di forzare la mano perché “non siamo mai stati così centrali e ascoltati come ora”. “Se l’Europa c’è batta un colpo ora o taccia per sempre, è l’occasione per giocarsi bene le carte”. È fondamentale riuscire a modificare il regolamento di Dublino “che va superato. Hanno provato a imporci una norma che avrebbe ulteriormente aggravato la situazione in Italia e penso che con tedeschi e austriaci (l’Austria sarà presidente di turno della Ue) proporremo una nostra iniziativa sul fronte interno ed esterno”. Salvini ha ripetuto quanto detto più volte: casa nostra è anche la casa delle donne e dei bambini che scappano dalla guerra e gli immigrati regolari che rispettano la nostra cultura sono i benvenuti.

LA VICENDA AQUARIUS

La ricostruzione del “casus belli” è dettagliata. Il 9 giugno si sono verificati 6 eventi nell’area di ricerca e soccorso libica e le telefonate di aiuto sono arrivate alla Guardia costiera italiana: la richiesta di intervento fatta da Roma alla Libia è stata respinta così come quella successiva fatta a Malta, la cui zona di competenza è limitrofa. I 629 naufraghi sono così stati fatti salire sull’Aquarius che, tramite la centrale di Roma, ha chiesto a Malta di indicare un porto sicuro dove attraccare. Nel frattempo si era arrivati alle 12 del 10 giugno quando dalla nave, situata a 64 miglia a sud di Malta, si è fatto presente un problema di sicurezza a bordo. Nella notte dell’11 giugno Malta ha negato la propria competenza mentre la sala operativa aveva provveduto a far arrivare aiuti sanitari e cibo e motovedette della Guardia costiera stavano affiancando l’Aquarius con medici a bordo.

Salvini ha sottolineato un particolare importante: alle 12.11 e alle 14 di lunedì 11 giugno, su sua indicazione, è stato chiesto al comandante dell’Aquarius di far sbarcare donne incinte e bambini da trasportare sul territorio italiano, “ma non ha accettato”. Finché nel pomeriggio dell’11 la Spagna ha offerto il porto di Valencia, disponibilità formalizzata alle 22.48. Ricordato che l’Italia oggi ospita 170mila richiedenti asilo e la Spagna 16mila, il ministro ha ironizzato sulla possibilità che il governo Sanchez possa accoglierne molti altri in futuro. Vista l’impossibilità per l’Aquarius di un viaggio così lungo con quel numero di persone, dopo un vertice a Palazzo Chigi con i ministri Danilo Toninelli (Infrastrutture) ed Elisabetta Trenta (Difesa) nave Orione della Marina militare ne ha imbarcate 250 e nave Dattilo della Guardia costiera altre 273.

LA POLEMICA POLITICA

Messa in archivio la solidarietà bipartisan contro gli insulti francesi, è toccato all’ex ministro della Difesa Roberta Pinotti, a nome del Pd, criticare i “toni roboanti da campagna elettorale” e attaccare Salvini che “ha preso in ostaggio 629 disperati per farsi ascoltare al tavolo europeo”. Un altro ex ministro della Difesa come Ignazio La Russa (FdI) ha invece proposto di far entrare nei porti le ong per poi sequestrare “le navi di Soros” (il magnate che Salvini accusa di essere un finanziatore con secondi fini) mentre Daniele Pesco (M5S) ha buttato dentro anche l’economia accusando l’Europa “di attaccarci con spread e migranti”.

Il significato politico della giornata è chiaro. L’applauso a un ministro prima del suo intervento in Aula forse non si era mai verificato, perfino da chi formalmente è all’opposizione o quasi come Forza Italia e Fratelli d’Italia, tanto da sorprendere Salvini grato per “l’applauso preventivo sulla fiducia”. Uscito da palazzo Madama, il leader della Lega si è detto sicuro di avere “il Paese dietro di me” giudicando i commenti del barista o del tassista così come non teme il Vaticano con il quale “ho personalmente buone e riservate relazioni”. In Italia Salvini è più forte di prima e, sui rapporti con la Francia, probabilmente non basta un portavoce del Quai d’Orsay a metterci una pezza: il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ha annullato l’incontro di oggi a Parigi con l’omologo francese, Bruno Le Maire. Ci sono poche ore per salvare il vertice di venerdì.

Così Salvini mostra i muscoli populisti a Parigi e a Bruxelles

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