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Il fenomeno dell’immigrazione irregolare è da sempre al centro dell’attività dell’intelligence perché, nel contrastare le organizzazioni criminali che la gestiscono, si fa più attenzione alla possibilità che le rotte che attraversano l’Africa vengano utilizzate per far muovere estremisti o foreign fighters.

La relazione annuale del Dis contiene una premessa “politica”: la gestione dell’immigrazione, infatti, “richiede una strategia di lungo periodo e a
 ‘tutto tondo’ che faccia perno, prima di tutto, sulla convinta e solidale coralità della risposta dei Paesi di destinazione dei flussi; su misure adeguate 
in favore dell’integrazione; su politiche di sostegno allo sviluppo dei Paesi di provenienza; sul coinvolgimento e sulla responsabilizzazione dei Paesi di transito e, infine, sul deciso contrasto dei sodalizi e dei network criminali che sfruttano a proprio vantaggio le perduranti diseguaglianze socio-economiche, tra regioni e continenti, trasformando migranti e profughi in altrettanti ‘oggetti’ di traffico e tratta”.

IL BOOM DEMOGRAFICO

L’importanza di affrontare nel complesso, e quindi a livello europeo, la crisi migratoria è dimostrata dalle previsioni demografiche. Secondo l’Onu a metà del 2017 la popolazione mondiale toccava 7,6 miliardi. Entro il 2050 l’Africa crescerà di 1,3 miliardi di persone, cioè oltre il 50 per cento della crescita globale, e nel 2100 conterà il 40 per cento della popolazione mondiale.

LA LIBIA

Il sensibile calo degli sbarchi dopo le iniziative del governo e gli accordi stipulati del ministro dell’Interno, Marco Minniti, tuttavia “non è indicativo di una definitiva inversione della tendenza”. Le criticità sono ancora molte: secondo l’Oim (l’Organizzazione internazionale per le migrazioni) in Libia ci sono 600mila migranti in un quadro tutt’altro che sicuro per “l’attivismo di milizie in costante competizione”, per l’assenza di controlli nell’area del Sahel e del Sahara e per la corruzione dilagante. Due sono i flussi principali: quelli che, partendo dall’Africa Occidentale, percorrono il Niger lungo la direttrice Agadez-Madama controllata solo da tribù e signori della guerra e quelli che dal Corno d’Africa arrivano in Sudan e quindi in Libia, qualche volta passando per l’Egitto. Nel 2017 il calo è stato del 34,2 rispetto all’anno precedente mentre i dati al 19 febbraio indicano una diminuzione del 51,6 rispetto all’anno scorso e in particolare del 62,7 dalla Libia.

TUNISIA E ALGERIA

Anche se con numeri enormemente inferiori, l’anno scorso si sono intensificate le partenze dalla Tunisia e dall’Algeria che l’intelligence definisce “sbarchi occulti” perché effettuati sottocosta per eludere la sorveglianza marittima “aumentando con ciò la possibilità di infiltrazione di elementi criminali e terroristici”. I dati del 2017, infatti, indicano 173 partenze con circa 2mila arrivi dall’Algeria (rispettivamente, un aumento del 114 e del 70 per cento rispetto al 2016) e 271 partenze con 5.911 arrivi dalla Tunisia (un aumento del 247 e del 492 per cento). I tunisini si dirigono in Sicilia e soprattutto nell’Agrigentino e nel Trapanese, gli algerini puntano alla Sardegna sud-occidentale. Va segnalato, inoltre, un aumento di sbarchi di marocchini sulle coste spagnole.

I NETWORK CRIMINALI

Nonostante gli accordi tra Ue e Turchia, è cresciuta la rotta balcanica a conferma della capacità delle organizzazioni criminali di adattarsi alle diverse situazioni. Così ci sono gruppi che attraversano Serbia, Macedonia e Ungheria o Croazia prima di arrivare in Europa e altri che partono dalle coste turche per puntare verso il Nord Europa dopo aver toccato Bulgaria e Romania. Tornando alle rotte più importanti per l’Italia, quelle del Mediterraneo centrale sono gestite soprattutto da somali, che hanno una rete in Italia, e da nigeriani, mentre quelle del Mediterraneo orientale vedono attive reti pachistane e afghane. Queste ultime sono particolarmente organizzate per la capacità di falsificare i documenti oltre alla “garanzia” di appropriarsi delle abitazioni dei migranti se non viene soddisfatto il “debito”.

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