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Incredibile a dirsi, ma un po’ alla volta la pazza idea di una legislatura breve ma costituente sta cominciando a diffondersi. Un post su Facebook, un paio di articoli sul Foglio, qualche intervista sparsa, la copertina della rivista “Le Sfide”, alcune proposte di legge già depositate in parlamento… E martedì scorso, alle cinque della sera, un convegno bipartisan organizzato da Stefania Craxi con la Fondazione dedicata a suo padre Bettino. Ci siamo lasciati alle spalle il nevrotico chiacchiericcio dei Palazzi per ritrovarci senza imbarazzo a parlare di riforme costituzionali e di presidenzialismo. C’erano un renziano (Tommaso Nannicini) e un leghista (Armando Siri). Tutti concordi, col sottoscritto e la padrona di casa, sull’urgenza della riforma. E se ci fosse stato un grillino probabilmente sarebbe stato d’accordo anche lui.

Incredibile a dirsi, appunto, con un po’ di ottimismo si potrebbe persino ritenere possibile, stavolta, metter mano alla forma di governo. Una grande riforma costituzionale, un accordo vasto in Parlamento indipendentemente da chi avrà la ventura di governare e un referendum popolare per dare finalmente forma a un’Italia semipresidenziale. Come la Francia.

Parlarne oggi sembra pura follia. Le grandi riforme richiederebbero un sistema politico stabile, partiti forti e l’orizzonte di una legislatura. Esattamente le condizioni di cui lamentiamo in questi giorni l’assenza. Ma se un governo, e ancor prima di un governo un equilibrio politico manca è perché manca un movente. Un nobile intento. Qualcosa che accomuni davvero le forze politiche e inequivocabilmente coincida con l’interesse generale. Il presidenzialismo potrebbe fungere allo scopo.

Gli elettori hanno chiesto a gran voce protezione e cambiamento. L’inconcludenza e la debolezza strutturale della politica è motivo di vasto risentimento. Le istituzioni sono considerate lontane dai cittadini. Un presidente eletto direttamente con potere di nomina e revoca dei ministri e di scioglimento delle camere potrebbe riavvicinare i cittadini alla politica e ridar loro fiducia. Se, a partire dai due vincitori delle scorse elezioni, tutti o quasi tutti i leader politici si presentassero al proprio elettorato e spiegassero con parole semplici come stanno davvero le cose potrebbe funzionare. Un discorso onesto e di prospettiva: il vostro voto non è servito a formare il governo cui avete diritto, non è servito perché il sistema non funziona; ora ci mettiamo insieme e prendiamo l’impegno solenne che entro un anno ci presentiamo a voi con una proposta organica di grande riforma istituzionale.

Non è roba per soli politici e addetti ai lavori. Parliamo delle condizioni per poter considerare davvero responsabile un capo del governo, responsabile di quello che fa e di quello che non fa. Parliamo della forza. E anche del carisma. Con un po’ di solennità, di sana retorica e di giusti contrappesi l’Alta Carica presidenziale potrebbe finire persino per incarnare, nella coscienza collettiva, quell’unità nazionale che da sempre ci sfugge. Sarebbe, dopo 35 anni di vani tentativi riformatori e 25 di conflitto politico spietato, il modo migliore di inaugurare quello che con tutta evidenza è un nuovo ciclo politico. Un modo per far nascere davvero una nuova Repubblica colmando di materiali politici i due baratri che hanno inghiottito la cosiddetta Seconda: la delegittimazione reciproca e la debolezza del capo del governo. Un sogno, forse. Ma un sogno ad occhi aperti.

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