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È sbarcata a Roma il 3 novembre e dal 6 ha preso servizio il nuovo ambasciatore degli Stati Uniti di Donald Trump presso la Santa Sede. Fonti diplomatiche guardano con attenzione a Callista Louise (Cally Lou) Gingrich (qui un suo ritratto di Formiche.net). Da lei ci si aspetta un fervente attivismo nei rapporti con il Vaticano, ma anche una presenza non troppo defilata in Italia. Per completare la successione manca solo l’incontro con Papa Francesco per la presentazione delle lettere credenziali. A quel punto la Gingrich prenderà ufficialmente possesso del nuovo ufficio al 49 di via Sallustiana. Gli Stati Uniti confidano che l’udienza sia concessa prima del tradizionale incontro di gennaio del pontefice con il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.

AL FIANCO DEL MARITO NEWT

La nuova ambasciatrice, 51 anni, è la terza moglie di Newt Gingrich, presidente repubblicano della Camera all’epoca della presidenza di Bill Clinton e candidato alle primarie repubblicane per le presidenziali 2012. Uno dei pochi repubblicani storici che ha sostenuto la scalata di Trump alle presidenziali dell’anno scorso. L’inquilino della Casa Bianca aveva designato la Gingrich il 20 maggio, quattro giorni prima del suo atteso incontro con Francesco. Il 16 ottobre il Congresso ha dato il via libera. Le altre tappe sono istantanee di appuntamenti che vedono Gingrich sempre con a fianco il marito. Una costante presenza che ha scatenato l’ironia sui social. Così il 26 ottobre, per il giuramento nelle mani del presidente; così quattro giorni dopo, nell’incontro con il nunzio apostolico, l’arcivescovo Christophe Pierre, bergogliano doc. Volata a Roma, Gingrich si è affrettata in San Pietro, dove ha partecipato a una messa presso la tomba di san Giovanni Paolo II, di cui è devota. In ambasciata ha poi incontrato, questa volta sola, una vittima della tratta di minori, precisando via twitter che il contrasto al traffico di esseri umani è una delle sue priorità.

CALLY LOU A ROMA, PAROLIN A WASHINGTON

Gingrich ha mosso i primi passi romani mentre il segretario di Stato vaticano era negli Stati Uniti. Lunedì, a Washington, il cardinale Pietro Parolin ha incontrato il vicepresidente Mike Pence. Un comunicato della Casa Bianca riassume i temi sul tavolo: reciproco impegno per la difesa dei diritti umani e la protezione della libertà religiosa, così come per la necessità di affrontare le emergenze umanitarie in Iraq e Siria. Pence ha ringraziato Parolin per gli sforzi della Santa Sede in Venezuela e ha espresso il desiderio di espandere la collaborazione per contrastare il traffico degli esseri umani. Nella nota non compaiono esplicitamente i temi del dissenso tra Vaticano e amministrazione Trump.

I VESCOVI USA PREPARANO UNA (MEZZA) TIRATA D’ORECCHI A TRUMP SULL’IMMIGRAZIONE

Temi in parte rimarcati da Parolin il giorno precedente. Celebrando a Baltimora la messa di apertura della plenaria della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, domenica il segretario di Stato nella sua omelia ha elogiato i vescovi per l’impegno nella difesa del diritto alla vita dei non nati come per gli sforzi per assicurare l’accesso all’assistenza sanitaria per tutti. Buona la prima, male la seconda nel barometro dei rapporti tra Chiesa Usa e presidenza. Nel centenario della Conferenza episcopale statunitense, Parolin ha accennato al clima politico americano, lodando i vescovi per il loro impegno attivo nella vita pubblica del Paese, sottolineando quanto sia particolarmente necessario oggi una Chiesa che sappia guidare nell’accoglienza delle “nuove ondate di migranti e rifugiati che bussano alle porte dell’America”. Messaggio in parte recepito dalla Conferenza episcopale: dopo un lungo dibattito, lunedì i vescovi hanno deciso di non emettere un messaggio speciale sull’immigrazione, anche se hanno invitato il cardinale Daniel DiNardo, che è il loro presidente, a rilasciare una dichiarazione sull’immigrazione. La Casa Bianca si attenda una tirata d’orecchi. Tutti i vescovi furono invece concordi nel 2013 per denunciare le minacce contro la libertà religiosa all’epoca di Barack Obama.

DISACCORDO MA SENZA DRAMMA

Come hanno notato i vescovi statunitensi, molte delle politiche sull’immigrazione dell’amministrazione Trump sono in opposizione a quelle del Papa e della Chiesa negli Usa. E Francesco ha pubblicamente criticato i leader politici che hanno deciso, come Trump, di non aderire all’accordo di Parigi sul cambiamento climatico. Eppure quelle differenze evidenti non hanno eroso la relazione. È il giudizio di Louis Bono, che ha guidato il personale dell’ambasciata in attesa della nomina, conferma e arrivo di Gingrich. In una dichiarazione al magazine America di alcuni giorni fa, Bono ha insistito che i rapporti tra Stati Uniti e Vaticano sono ancora forti, “perché c’è abbastanza accordo comune sui valori fondamentali”. Sulla questione della migrazione, ha detto, “ci possono essere alcuni disaccordi, ma ci si rende conto che deve essere affrontato”, facendo tutto il possibile per garantire che le persone “possano essere libere e sicure a casa e in grado di sostenere le loro famiglie”. “Non dobbiamo per forza concordare su tutto. Se si ha un buon rapporto, e il nostro è forte, si può avere una discussione franca”, ha concluso.

“LA SANTA SEDE NON PRETENDE DI IMPORRE LE PROPRIE IDEE”

Lo stesso segretario di Stato vaticano non ha enfatizzato le divergenze. In una intervista al Catholic News Service alla vigilia del viaggio negli Stati Uniti, interrogato sullo stato delle relazioni Usa-Vaticano, Parolin ha risposto: “Non è la prima volta che un Papa e un presidente hanno opinioni diverse”. E ha ricordato che nel 2003 Giovanni Paolo II aveva tentato fortemente di dissuadere gli Stati Uniti sotto George W. Bush da una guerra in Iraq, qualificandola come un’avventura senza ritorno. “Il conflitto è avvenuto, con conseguenze terribili fino al presente”, ha sottolineato. “Quello che è importante, però, è che anche se ci possono essere delle differenze, come in ogni rapporto sano, ciò non comprometta i legami che uniscono”. Il rapporto diplomatico Usa-Vaticano, ha chiarito, è “forte e solido”, ammettendo di attendere con impazienza di lavorare con Callista Gingrich. La Santa Sede, ha affermato, “è un sostenitore del bene comune e non cerca di promuovere interessi particolari o di obbligare i governi a seguire le proprie scelte. I valori che difendiamo sono basati sul Vangelo e sulla legge naturale; sono i valori della Chiesa universale”.

Ecco i primi passi di Callista Gingrich in Vaticano

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