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Di primo acchito sembrerebbe che voglia chiudere la partita. La verità è che il presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan, ha fretta di andare a elezioni anticipate.

Il Capo dello Stato non si è mai mostrato molto favorevole a una chiamata in anticipo alle urne. Ma chi lo conosce sa che i suoi voleri sono quanto mai ondivaghi e che dietro ogni sua mossa c’è un calcolo preciso. La volata verso i comizi, tecnicamente, l’ha tirata ieri il suo alleato, Devlet Bahceli, il segretario del Partito Nazionalista Mhp, con cui l’Akp, la formazione politica creata da Erdogan e che governa il Paese dal 2002, ha stretto un patto elettorale. Per farlo, ha addirittura cambiato in modo veloce e repentino la legge che vietava le coalizioni prima delle elezioni. Era fine gennaio e tutti gli occhi erano rivolti verso l’operazione militare nel Nord della Siria, che sarebbe iniziata di lì a poco.

Certo, l’election day del prossimo 24 giugno è una sfida senza precedenti, visto che i turchi dovranno decidere, con poco preavviso, in una botta sola, chi siederà nel nuovo parlamento e soprattutto chi sarà il nuovo presidente della Repubblica. Quando viene presa una decisione del genere, la prima domanda che ci si deve porre è “perché?”. Nonostante si sarebbe volentieri evitato una campagna elettorale in pieno Ramadan (il 24 giugno è la settimana dopo la fine del mese di digiuno), Erdogan ha almeno cinque buoni motivi per andare alle urne alla chetichella

Il primo è il motivo economico. L’economia turca continua a crescere. Nel 2017 il pil è aumentato del 7,4%, ma non è davvero tutto oro quello che luccica. L’economia della Mezzaluna, infatti, è spinta da un grande consumo interno. I turchi hanno molti pregi, ma il risparmio non sanno dove sia di casa. Questo, in soldoni, significa vivere al di sopra delle proprie possibilità e indebitarsi. La mezzaluna ha un export ad altissima intensità di importazione e il cambio della lira turca sul dollaro e sull’euro è fuori controllo da mesi, con la conseguenza che ci sono migliaia di imprenditori che non pagano/non vengono pagati da settimane, oltre al potere di acquisto dei salari, che è crollato, e alle banche che non concedono più prestiti. Non è un caso che l’unico momento in cui la situazione è leggermente migliorata, di uno scarso 0.5%, è stato quando ieri Bahceli ha dichiarato che avrebbe proposto a Erdogan il voto anticipato.

Il secondo è un motivo di calendario. Con il voto anticipato entra in vigore prima parte della riforma in senso presidenziale della costituzione votata tramite referendum lo scorso 16 aprile.

Il terzo e il quarto motivo sono di opportunità politica. Il voto anticipato non permette all’altra coalizione che potrebbe presentarsi alle elezioni, i repubblicani del Chp e i neo nazionalisti dell’Iyi Partisi, di organizzarsi. Anzi, per dirla proprio tutta, quando questo pezzo è stato consegnato, secondo alcuni esperti di legge elettorale, l’Iyi Partisi non avrebbe tenuto il congresso fondativo in tempo per partecipare al voto. Un discorso a parte meritano i curdi, in piena crisi politica a causa dei numerosi arresti all’interno del gruppo dirigente e della militanza e assorbiti dall’operazione nel Nord della Siria che sta devastando i curdi siriani.

Il quinto motivo, infine, è una opportunità di ordine interno. Nell’Akp, regna una pax, in realtà un vero e proprio allineamento alle posizioni di Erdogan, che non fa trapelare malumori di sorta. In realtà questi ci sono eccome, non è un caso se proprio il ministro delle Finanze, Mehmet Simsek, nelle scorse settimane è stato costretto a smentire voci sulle sue dimissioni. Il presidente ha un vasto programma anche per quanto riguarda l’agenda estera. Essere solamente fedeli ormai non basta più.

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