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Diciamo che tra i pochi effetti positivi delle settimane trascorse dal voto c’è una certa ripresa di “coscienza” da parte del Partito democratico, cioè l’unico vero sconfitto nelle elezioni di marzo. L’ala renziana infatti sembra meno convinta di stare all’opposizione a qualunque costo, come dimostrano le parole di questo pomeriggio dell’onorevole Rosato.

Il passaggio va salutato con favore, poiché segna un certo qual ritorno della ragione in un dibattito a sinistra che negli ultimi mesi ha avuto moltissime ombre e ben poche luci. Insensata era infatti l’idea di Renzi di ritirarsi da ogni confronto con i “vincitori”, ma prematura era anche l’apertura di Franceschini nell’immediatezza del post-voto.

Adesso però è tutta un’altra storia, essenzialmente perché il secondo giro di consultazioni al Quirinale ha prodotto un fatto politico di prima grandezza, cioè l’evidente incapacità del duo Salvini-Di Maio di replicare con successo in chiave governo l’accordo raggiunto per eleggere i Presidenti di Camera e Sanato.

L’apertura del Pd ad un dialogo con la personalità che sarà scelta nei prossimi giorni dal Capo dello Stato per tentare di sbrogliare la matassa è dunque sacrosanta e rende di secondario rilievo la data dell’Assemblea Nazionale (fissata per il 21 aprile).
Non è infatti pensabile che Renzi torni sui suoi passi di segretario dimissionario così come non è pensabile che la minoranza veda pregiudicare le proprie posizioni in caso di rinvio. Al tempo stesso però non sarebbe una tragedia nemmeno celebrare come previsto l’assemblea nella data prevista.

Insomma decida come crede il Pd sulla propria riunione, ma non perda l’occasione di svolgere sino in fondo il mestiere che non può trascurare, cioè quello di provare a contribuire alla formazione di una maggioranza di governo. Lo faccia con serietà, privilegiando l’analisi seria delle compatibilità programmatiche sulla spartizione delle cariche, ma lo faccia.

Salvini e Di Maio hanno preso tanti voti, ma non “tutti”i voti. Un Pd lucido e protagonista serve all’intero sistema politico italiano e, forse, può dare una scossa anche ai due leader più forti del momento.

Poi però dovrà venire il tempo per riscrivere la “missione” della sinistra italiana, onde evitare che il 18 % raccolto quest’anno peggiori nelle prossime occasioni elettorali (come sta accadendo in tutta Europa). Ma questa è un’altra storia, adesso c’è da fare un governo.
Scusate se è poco.

di maio, Pd partito democratico

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