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Partiamo subito da qualche dato. La superficie di Roma Capitale si estende per 1300 chilometri quadrati, seconda in Europa solo a Londra; 7 volte più grande di Milano e 11 volte Napoli. La popolazione ammonta a 3 milioni di persone (dato Istat 2017) ai quali va aggiunto un altro milione di pendolari. (Nel 1870 contava 200 mila abitanti). A questi numeri vanno aggiunti quelli relativi alle gallerie sotterranee (32 chilometri quadrati); le 28 zone a rischio frane; i i 250 mila cittadini a rischio alluvioni; le 90 voragine all’anno negli ultimi otto anni; i 700 chilometri di fiumi, canali e fossi in stato di grave degrado.

Sono questi i dati più significativi contenuti nel Primo Rapporto su rischio frane e alluvioni predisposto dall’Autorità di Distretto idrografico dell’Italia centrale, in collaborazione con la struttura contro il dissesto idrogeologico della Presidenza del Consiglio e l’Ispra.

“Il Rapporto è l’esatta radiografia – ha dichiarato il segretario generale dell’Autorità Erasmo D’Angelis – dello stato del suolo, del sottosuolo e delle acque superficiali e sotterranee di Roma, mettendo in luce i rischi che ne derivano. I problemi della città sono cronici e strutturali e si affrontano con misure strutturali. Serve una visione strategica, fare regia istituzionale, dal governo centrale al Campidoglio, dai Municipi ai cittadini e alle associazioni, al di là delle divisioni politiche. Occorre voltare pagina e passare alla prevenzione e alla manutenzione ordinaria. Quello che proponiamo qui oggi è un piano decennale di investimenti per circa un miliardo per finanziare opere e interventi”.

Le alluvioni sono ormai entrate a far parte della cronaca della città. Come lo erano già nella storia. La più tragica risale al 1870 che diede poi vita al progetto per la costruzione dei Muraglioni di travertino nel centro storico ( dal 1892 al 1926 , 8 km di opere alte 17 metri per un costo totale di 60 milioni di lire). Il rischio alluvioni oggi riguarda un territorio di oltre 1000 ettari dove vivono e lavorano circa 250 mila persone: la più elevata esposizione d’Europa.

Le aree interessate alla formazione di voragini si concentrano nella zona orientale della città (quartieri Tuscolano, Prenestino e Tiburtino); nel centro storico (Aventino, Palatino e Esquilino) e ad ovest (Portuense e Gianicolense). Negli ultimi otto anni si è assistito ad un incremento del loro numero: da 16 l’anno (tra il 1998 al 2008) si è passati a 100 negli ultimi anni: una ogni tre giorni; nei primi tre mesi del 2018 una ogni 36 ore. La causa principale della formazione delle voragini a Roma è la presenza di numerose cavità sotterranee scavate dall’uomo soprattutto per l’estrazione dei materiali da costruzione. Anche queste si concentrano principalmente nella zona orientale. La causa scatenante è la pioggia: dopo ogni evento piovoso ormai si registra più di una voragine.

“Le attività dell’Istituto – ha aggiunto il presidente di Ispra Stefano Laporta – sono finalizzate a prevenire e gestire situazioni di dissesto su tutto il territorio nazionale. Da quindici anni sono stati realizzati progetti finalizzati al censimento delle cavità in alcune città metropolitane. Gli studi effettuati dimostrano, anche a Roma, che la conoscenza di questa realtà non è ancora esaustiva. Ogni anno registriamo 90 voragini e nel primo trimestre 2018 è stato rilevato il doppio di questi fenomeni rispetto al 2017″.

L’Autorità di Distretto e la Regione Lazio hanno individuato e pianificato le opere necessarie per ridurre lo stato di pericolo. È stato quantificato anche l’investimento complessivo di oltre un miliardo per “garantire nell’arco di dieci anni l’impresa della prevenzione strutturale e della massima sicurezza possibile del rischio idrogeologico nell’area urbana”.

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