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Mentre il Medio Oriente continua ad aumentare la richiesta di armamenti, sono gli Stati Uniti e la Russia, seguiti a distanza da Francia e Germania, a spartirsi questo allettante mercato. L’Italia intanto perde posizioni e si colloca al nono posto nella classifica degli esportatori nel comparto della difesa. Sono questi i dati più rilevanti dell’ultimo rapporto dell’autorevole Sipri (Stockholm International Peace Research Institute) che delinea un aumento del volume globale delle transazioni del 10% nell’ultimo quinquennio rispetto a quello precedente. A trainare la crescita sono soprattutto il Medio Oriente e l’Asia. Se il primo addirittura raddoppia le importazioni, cresciute del 103% nel periodo analizzato, la seconda (presa in considerazione insieme all’Oceania) resta la prima destinazione, comprendo circa il 42% dell’import mondiale.

GLI ESPORTATORI

A guidare la classifica degli esportati si confermano gli Stati Uniti, che rispetto ai dati dello scorso anno (riferiti al quinquennio 2012-2016) addirittura guadagnano un punto percentuale sull’export globale, passando dal 33 al 34%. Al secondo posto ancora la Russia, il cui trend è tuttavia negativo. Mosca ha perso oltre il 7% nel 2013-2017 rispetto ai cinque anni precedenti e copre nel suddetto periodo il 22% dell’export globale. Chiude il podio la Francia (con un trend di crescita positivo), seguita dalla Germania (che invece riduce l’export del 14% nel confronto tra i due periodi). Solo quinta la Cina, che perde così due posizioni rispetto alla classifica dello scorso anno.

La principale destinazione del made in Usa è l’Arabia Saudita, a cui va il 18% dell’export statunitense, seguita dagli Emirati Arabi (7,4%). Nel rapporto con Riad, in particolare, Pesa il maxi accordo da 110 miliardi di dollari siglato da Trump lo scorso maggio. Per la Russia il partner privilegiato resta l’India, che riceve il 35% dell’export di Mosca, seguita dalla Cina che con il 12% si conferma tra i maggiori importatori di armamenti. Per la Francia, le principali destinazioni sono l’Egitto (25%), la Cina e l’India (entrambe con circa 8,5%). L’export tedesco si rivolge in particolare alla Corea del Sud (14%) e alla Grecia (11%). Per Pechino è il Pakistan il principale partner (copre circa il 35% dell’export cinese), a conferma di un asse che punta a contrastare l’India nella partita per l’influenza regionale. Tra i destinatari dei prodotti cinese segue, non a caso, il Bangladesh (19%) e poi l’Algeria, che conferma come la Cina guardi anche ben oltre l’Asia.

GLI IMPORTATORI

Passando al lato import, è l’India a guidare la classifica occupando il 12% dell’import globale degli armamenti. Principale partner per Nuova Delhi è la Russia, che disegna così un’intesa che si oppone all’asse Cina-Pakistan. Da Mosca arriva il 62% delle importazioni indiane, seguite da quelle che arrivano da Stati Uniti (15%) e Israele (11%). Sul secondo gradino del podio degli importatori c’è l’Arabia Saudita, che importa soprattutto dagli Usa (61%) e dal Regno Unito (23%). Va in tal senso ricordato la recente intesa siglata da Londra e Riad per la vendita di 48 Eurofighter (in cui è coinvolta anche l’italiana Leonardo), per cui sarà prime contractor l’inglese Bae Systems. Chiude il podio degli importatori l’Egitto, che riceve gli armamenti francesi (circa il 37%), americani (26%) e russi (21%). Al quarto e quinto posto si collocano invece gli Emirati Arabi Uniti (il cui import è coperto per il 58% dai prodotti americani) e la Cina, che importa soprattutto dalla Francia. Negli ultimi cinque anni, rispetto al quinquennio precedente, Pechino ha ridotto del 19% le proprie importazioni militari guadagnando progressivamente posizione sull’altra classifica, quella degli esportatori.

Da annotare la crescita impressionante della regione del Golfo tra i due periodi 2008-2012 e 2013-2017, frutto di un contesto securitario decisamente peggiorato e di una serie di crisi diplomatiche che hanno alimentato una vera e propria corsa agli armamenti. Se l’import dell’Arabia Saudita è cresciuto del 225%, addirittura del 655% è aumentato quello dell’Oman e del 488% quello del Kuwait. In forte ascesa anche il Qatar, le cui importazioni sono aumentare del 166%. Per tutti questi Paesi il partner principale resta Washington, con l’unica eccezione dell’Oman che predilige il Regno Unito.

L’ITALIA

Nella classifica degli esportatori l’Italia occupa il nono posto, perdendo una posizione rispetto ai dati Sipri dello scorso anno. I prodotti nostrani sono diretti per il 12% agli Emirati Arabi, per il 10% alla Turchia e per il 9,9% all’Algeria. Nei rapporti con Ankara (che nei dati dell’anno scorso rappresentata la prima destinazione con il 14%) potrebbe aver pesato l’irrigidimento dei rapporti con la Turchia che coinvolge in realtà tutto l’Occidente. Globalmente, l’export italiano copre il 2,5%, in diminuzione rispetto al 2,7% dell’anno scorso, sempre riferito a un periodo di cinque anni. Considerando l’import, l’Italia passa dal 25esimo posto dello scorso anno (riferito al periodo 2012-2016) al 22esimo. Ciò in realtà non è indicativo, poiché la quota di import globale coperta dall’Italia sale dall’1,1% all’1,4%, a indicare un aumento delle importazioni di armamenti. Primo partner restano gli Stati Uniti, che coprono il 55% dell’import italiano, in discesa rispetto al 64% dello scorso anno. Sale invece la quota occupata dai prodotti tedeschi, che passa dal 19% al 28%, e di Israele, che si conferma terzo partner militare con una quota dell’8,4% dell’import italiano nel 2013-2017.

IL SUPPORTO ALL’ESPORTAZIONE

Scorrendo i dati Sipri si ha dunque l’impressione che il mercato della difesa si faccia sempre più competitivo, soprattutto grazie alla costante richiesta proveniente dai Paesi mediorientali e dall’Asia. D’altra parte, a contendersi tali mercati sono i big della difesa, Stati Uniti, Russia e Europa, con la forte ascesa della Cina. Per il nostro Paese restare fuori dalla partita potrebbe essere rischioso.

“Sarebbe finalmente ora che il nuovo governo, assistito da norme di legge esemplari sotto il profilo etico, mettesse in moto i meccanismi di coordinamento intergovernativo costantemente dormienti, istituiti proprio per assicurare alle nostre industrie il doveroso supporto nelle attività internazionali di mercato”, ha scritto sull’ultimo numero di Airpress il generale Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Icsa e già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica. “Il comparto della difesa, pur essendo sostenuto in parte dal governo, trova nell’export la possibilità di realizzare risorse”, ha aggiunto sullo stesso numero il segretario generale dell’Aiad Carlo Festucci. “Quanto più l’Italia riuscirà a esportare, tanto più acquisirà in qualche modo capacità e soprattutto peso politico nel sistema internazionale”, ha aggiunto Festucci. Ne consegue un invito al prossimo governo: “Dovrà prendere coscienza che il nostro Paese è dotato di un’industria della difesa – ha spiegato il segretario generale dell’Aiad – e non dovrà vergognarsi di ammettere che il settore costituisce un asset importante per l’Italia”.

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