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In Venezuela si vivono ore decisive per il futuro della democrazia. Il prossimo 30 luglio, il governo di Nicolás Maduro ha convocato le elezioni per la scelta di 545 membri dell’Assemblea Costituente che riscriverà la nuova Costituzione. Le proposte che cominciano a girare sono poco allettanti: abolizione della proprietà privata, più poteri per il presidente della Repubblica e riduzione dell’autorità del Parlamento, controllo della patria potestà dei minorenni e una serie di modifiche che potrebbero rendere lo Stato venezuelano ancora più socialista. Tra i 6mila candidati ci sono studenti, pensionati, contadini, pescatori, madri, molti rappresentanti del Partito Socialista Unico del Venezuela e della famiglia presidenziale. Le condizioni imposte dal governo hanno reso impossibile la presenza di candidati dell’opposizione.

VENEZUELA, UN PAESE ALLA DERIVA 

Sull’importanza dell’Assemblea Costituente di domenica, e i rischi che comporta per la democrazia in Venezuela, si è discusso ampiamente in un convegno organizzato al Senato mercoledì 26 luglio e voluto dal senatore del Partito Democratico, Alessandro Maran. All’incontro hanno partecipato il sociologo ed editorialista venezuelano Tulio Hernández, costretto all’esilio dopo diverse minacce del regime; il presidente della Commissione Esteri al Senato, Pierferdinando Casini (che a dicembre è stato personalmente a Caracas, qui l’intervista di Formiche.net); il capogruppo del Pd in Commissione Esteri, Gian Carlo Sangalli, il direttore Centro studi americani Paolo Messa, e il segretario della Federazione nazionale della Stampa, Raffaele Lorusso. A moderare l’incontro è stata Paola Severini Melograni, direttore di “Angelipress.com”. Erano presenti in sala l’ex ministro Stefania Giannini e l’ex ministro Linda Lanzillotta.

MARAN: UNA GUERRA SILENZIOSA

Secondo il senatore Maran, “in Venezuela c’è da molto tempo una guerra silenziosa”, come ha intitolato la rivista Formiche lo speciale apparso nell’edizione di luglio; una guerra alimentata dalle difficoltà economiche che è esplosa nelle ultime settimane con le proteste dell’opposizione, represse con il pugno di ferro dalle forze di sicurezza. Il senatore del Pd ha detto che non si sa abbastanza sul voto del 30 luglio: “Il governo non voleva un’Assemblea Costituente di partiti politici, ma di cittadini […] il meccanismo proporzionale è particolare e vale più un voto di un municipio dello stato Falcón che uno di Caracas, che è fortemente antichavista […] Anche l’ala più critica del chavismo ha denunciato il tentativo della cupola di restare al potere, stravolgendo il sistema democratico”. Maran ha ricordato che un’astensione alta, o un risultato inferiore ai 7,5 milioni di voti del referendum non vincolante dell’opposizione il 16 luglio, sarà un segnale netto per il governo di Maduro.

NEO-TOTALITARISMO VS. DITTATURA 

Hernández ha voluto spiegare la trasformazione del regime venezuelano. Quando Chávez è arrivato al potere, il sociologo aveva considerato il modello di neo-totalitarismo completamente inedito ed originale: “Per questo ci sono stati molti entusiasmi anche in Europa. I venezuelani democratici eravamo perplessi, ma era difficile capire se era una dittatura, un sistema comunista o una democrazia vera. O tutti e tre. Voleva ottenere le stesse cose di una dittatura, ma con la maschera di una democrazia. Oggi non è più così”. “ Con la morte di Chávez, l’aumento della corruzione e la caduta dei prezzi del petrolio (che era quasi l’unica fonte di reddito dello Stato) – ha aggiunto Hernández – il processo rivoluzionario si è discreditato e il chavismo è passato ad essere una minoranza rispetto al fronte democratico. Nelle elezioni legislative ha vinto la coalizione dell’opposizione con più del 65 per cento dei voti”. Il regime di Maduro, quindi, non è più un neo-totalitarismo ma una vera e propria dittatura che rifiuta un processo elettorale perché è esposto ad una nuova sconfitta.

“Il chavismo – continua il professore universitario – non si può comprendere finché non si capisce il ritorno del militarismo. Con tutte le masse vestite di rosso, in divisa, il rispetto a figure personalistiche e l’evocazione di Bolívar e Chávez come eroi”.

CAUSE DELLA CRISI UMANITARIA 

E come si è arrivati alla tragedia umanitaria? Sul piano politico, la Costituzione è violata costantemente, sono state sospese le elezioni regionali previste per questo anno e si è negato il diritto ad una consulta per la revoca del presidente. Sul piano economico, con il controllo del cambio della valuta, il governo ha in mano la distribuzione dei prodotti del mercato e il Venezuela è diventato un Paese dove non si trovano caffè, latte, carta igienica. E si muore per mancanza di farmaci banali.

“Sono andato via non solo perché sono una persona paurosa, ma perché non sono un martire o eroe, non ho commesso alcun reato. Ho preferito proteggermi perché ho amici e conoscenti che sono in carcere senza che ci sia un ordine di detenzione”, ha detto Hernández.

CASINI: RICONOSCERE I POTERI DEL PARLAMENTO

Casini ha detto che la crisi in Venezuela ha fatto riscoprire un meraviglioso rapporto tra i due Paesi. Il senatore, che a dicembre è stato in Venezuela e si mantiene in contatto con la Commisione esteri del Parlamento venezuelano, ha spiegato che bisogna capire che la risoluzione del conflitto passa dalla difesa della legittimità dell’Assemblea Nazionale in cui il 70 per cento dei parlamentari sono dell’opposizione. Inoltre, sottolinea le condizioni per il dialogo sostenute dal Vaticano: l’apertura per gli aiuti umanitari, la realizzazione delle elezioni locali, la liberazione dei prigionieri politici e il riconoscimento dell’autorità del Parlamento. “Il Parlamento italiano ha la coscienza tranquilla perché sul Venezuela non ci siamo mai addormentati […] Non so quale sarà il futuro – ha detto Casini – ma saremo con voi perché non finisca in un bagno di sangue”.

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