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C’è una data per il ritorno in borsa del Monte dei Paschi di Siena: il 23 ottobre, dopo lo stop del dicembre 2016 che aveva fatto scattare, dietro alle quinte, la ricapitalizzazione precauzionale con la risalita del Tesoro al controllo dell’istituto senese.

INTOPPO CONSOB

In realtà si era parlato di un ritorno a Piazza Affari all’inizio di ottobre, ma i tempi si sono allungati anche perché, come riportato da Andrea Greco su Repubblica del 17 ottobre, la Consob ha chiesto integrazioni al prospetto, cioè il documento che consentirà di fatto di rimettere sul mercato i titoli. In particolare, riporta il quotidiano romano, la Commissione di vigilanza presieduta da Giuseppe Vegas, ormai in scadenza di mandato, avrebbe chiesto di fornire maggiori dettagli su due passaggi. Anzitutto su quello con cui gli ex obbligazionisti subordinati ora diventati azionisti forzosamente col burden sharing (condivisione degli oneri) rinunciano al diritto di rivalersi, in pratica al diritto di promuovere cause legali. Ma il quotidiano segnala anche ulteriori passaggi richiesi da Consob sull’offerta di scambio che, di fatto, trasformerà i vecchi titoli di questi investitori in azioni. Se non dovessero esserci ulteriori intoppi, la Commissione venerdì potrebbe autorizzare il processo e lunedì potrebbe essere l’atteso giorno del ritorno in Borsa.

VOLATILITÀ ATTESA

Il prospetto da mettere a punto non è l’unico dei nodi ancora aperti. Il fatto è che nel giorno in cui si riavvieranno le quotazioni in Borsa per Mps analisti e osservatori, come più volte sottolineato da Formiche.net, si attende una secca sforbiciata ai prezzi indicati la scorsa estate dai consulenti di Pwc. Da ricordare che gli obbligazionisti subordinati hanno subito la conversione dei loro titoli in azioni dal prezzo di 8,65 euro l’una, mentre il Tesoro ha ricapitalizzato la banca per 3,85 miliardi (ci sarà un ulteriore esborso pubblico di 1,5 miliardi per lo scambio di azioni in obbligazioni senior in mano agli investitori frodati), al prezzo di 6,49 euro per titolo. A oggi si stima un rientro di Mps in Borsa alla quotazione molto più bassa di 4,3 euro, cosa che implicherebbe una perdita secca sia per gli ex obbligazionisti subordinati, pari a circa 1,5 miliardi in tutto, sia per lo stesso ministero dell’Economia guidato da Pier Carlo Padoan, che dovrebbe rimetterci oltre 2 miliardi.

Non solo. “Molti ex obbligazionisti – si legge su Repubblica – potrebbero scaricare in Borsa le azioni perché scottati o perché i loro fondi non prevedono la classe azionaria”. Se così fosse, il prezzo di Mps rischierebbe di calare ulteriormente.

LA VENDITA DEGLI NPL

In ritardo sul tabellino di marcia anche l’operazione, fondamentale nel generale piano di risanamento del Monte, con cui la banca senese si sta liberando di oltre 26 miliardi di sofferenze. Il 17 ottobre è stato comunicato che, nell’ambito della complessa transazione, DoBank ha raggiunto con Mps un accordo preliminare per gestire, in qualità di special servicer, circa 8 miliardi di euro di crediti in sofferenza dell’istituto senese. Il fondo Quaestio di Alessandro Penati seguirà invece la cartolarizzazione del 50% delle sofferenze del Monte, per un valore di circa 13 miliardi. A riguardo, il 17 ottobre Quaestio ha fatto sapere di avere individuato Cerved tra i soggetti che assumeranno l’incarico di “special servicer”. E’ previsto che le attività di special servicing, inizialmente assegnate a Cerved, vengano gestite dalla piattaforma Juliet (che sarà detenuta indirettamente per il 50,1% da Quaestio e per il 49,9% da Cerved), non appena la stessa sarà operativa. La finalizzazione dell’operazione è subordinata al completamento della cartolarizzazione degli npl di Mps, prevista nei primi mesi del 2018.

Mps

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