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Se gli Stati Uniti dovessero davvero prendere questa strada ci sarebbero conseguenze pesanti anche per le più importanti compagnie energetiche cinesi. Pechino è il principale fornitore dei 15 mila barili di petrolio al giorno (dati del Dipartimento americano dell’Energia) che alimentano l’economia del regime di Kim Jong Un.

Secondo un report di Bloomberg, la maggior parte delle esportazioni cinesi verso la Corea del Nord appartengono a Cnpc (China National Petroleum Corp), prima major petrolifera della Cina, controllata dal governo cinese tramite la Sasac, la Commissione che gestisce le imprese di stato.  Cnpc è l’azionista di controllo di PetroChina, società quotata alla Borsa di Hong Kong che ha tra i suoi investitori schiera anche JPMorgan Chase, Blackrock e Citigroup.

Cnpc e PetroChina non posso vantare attività direttamente negli Stati Uniti con progetti di esplorazione e produzione di idrocarburi ma altre major petrolifere cinesi operano in America, tra queste ci sono China Petroleum & Chemical  e la Cnooc (terza compagnia petrolifera del paese asiatico). Il portale Oil Price elenca le altre major petrolifere di Pechino che operano negli Usa: nel 2013 Sinochem ha acquistato il 40 per cento di un campo di shale oil da Pioneer Natural Resources per 1,7 miliardi di dollari . Sinopec ha acquisito una partecipazione in un campo petrolifero dalla Chesapeake Energy in Oklahoma per un miliardo di dollari.  Cnooc controlla Nexen, compagnia che ha attività nel Golfo del Messico e che sarebbe interessata a realizzare progetti di esplorazione nello shale in Colorado, Wyoming, Texas e Canada.

Allo stato attuale sono questi gli intrecci petroliferi tra Washington e Pechino ma bisogna tenere in considerazione il fatto che Stati Uniti e Cina hanno recentemente firmato un “piano d’azione di 100 giorni” che faciliterà l’esportazione e il commercio del Gnl (gas naturale liquefatto) estratto negli Stati Uniti verso il gigante cinese.

Petrolio e sanzioni. L’intreccio tra Corea, Usa e Cina

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