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Sappiamo come nel passaggio dalla adolescenza alla prima fase della età giovane (17-20 anni) le passioni o gli innamoramenti, scelte che accompagnano il percorso di crescita (le amicizie, la moda, lo sport, i gusti artistici, gli orientamenti politici), possano subire, naturalmente, dei sostanziali cambiamenti. Così accade con l’individuazione del percorso universitario. Dopo decenni di lavoro nella secondaria superiore e all’università, posso testimoniare il frequente mutamento di interessi culturali e, nel nostro caso, un ripensamento nella scelta della formazione universitaria.

Una facoltà (da alcuni anni Dipartimento) vista da fuori, o anche raccontata da parenti o amici, magari con partecipazione emotiva, non è la stessa quando andremo a lezione, affronteremo discipline non conosciute prima (o parzialmente), dovremo parlare con un docente, ed infine affrontare un esame (che non è l’interrogazione o il compito in classe). Davanti a esami che hanno una loro “tecnicità” potremmo scoprire di non essere “portati”, contrariamente a quello che pensavamo alle superiori.

Per evitare di perdere anni in tentativi disparati (sospensione più o meno lungo dell’impegno universitario, cambio sofferto della facoltà, parallele esperienze lavorative non finalizzate a un percorso univoco, seppur formative su altri piani), di incamminarsi verso il sentiero scosceso della perdita dell’autostima sino all’abbandono degli studi universitari, senza una alternativa che ci gratifichi, sarebbe meglio orientarsi concretamente sin dalle superiori.

Naturalmente, stiamo parlando solo di una percentuale minima, ma considerevole, di giovani che non ha individuato un percorso universitario adatto alle proprie attitudini e competenze. Va precisato che tutte le università, da almeno da un decennio, offrono “porte a aperte” e “orientamenti” per ogni Facoltà, articolate su diverse giornate. Alcune, maggiormente le private, organizzano delle Summer School indirizzate a studenti delle superiori, ammessi già a partire dal quarto anno, con la finalità di individuare i migliori.

Per quanto riguarda il sogno di “essere medico”, debbo dire, che nei licei sono diversi quelli che lo coltivano. Ho conosciuto chi ha superato la selezione a quiz attualmente in vigore e ora è felicemente medico. Ho conosciuto chi non ha passato la selezione, e ora è felicemente biologo, giurista, economista. Questi ultimi sarebbero stati anche dei buoni medici? Credo di sì. Ma dei “trabocchevoli”, e sovente “assurdi”, quiz del test selettivo li hanno, per sempre, esclusi dal percorso medico. Quiz che hanno deciso della loro vita. E della nostra, noi, tutti pazienti.

Non tocchiamo il tema dell’eventualità di truccare il risultato per alcuni candidati raccomandati, per il quale, qualora si verificasse o si fosse verificato, se ne occuperebbero gli organi competenti. Va ricordato che sino al 1923 solo chi aveva frequentato il liceo classico poteva accedere liberamente ai corsi in Medicina. Nello stesso anno la riforma Gentile istituisce il liceo scientifico che consentirà anch’esso l’accesso a Medicina. Tutto invariato sino al 1969 quando si introdurrà l’iscrizione libera, per tutti i diplomati, a ogni facoltà.

Ma del 1987, in Italia, considerato il sovraffollamento nei corsi, un eccesso di medici, oltre alla richiesta della Comunità europea di migliorare la media della qualità dei laureati, rivolto a tutti i Paesi, si introduce il numero chiuso. Negli ultimi decenni, però, la richiesta di medici è aumentata. E il quiz di selezione è finito sotto una gragnuola di critiche: insufficiente, assurdo, non adatto. La selezione a quiz ha garantito sì un numero contenuto, ma non sempre ci ha consegnato i migliori.

Per evitare il quiz “bussolotto della fortuna”, da anni, in Italia, si parla della necessità della libera iscrizione a Medicina e della, più obiettiva, selezione durante il percorso universitario, come accade in alcuni Paesi europei (per es., in Francia). Nel 2018 il rettore della Università di Ferrara, il prof. Giorgio Zauli, dà voce a migliaia di esclusi, ottimi studenti delle superiori. Propone appunto il percorso alla francese, ossia, un anno di studio con una media almeno del 27 (forse troppo severa). Chi non sarebbe riuscito a mantenere tale rendimento avrebbe dovuto cambiare percorso, ma con i crediti convalidati in altri corsi di laurea. La proposta si ferma.

Ieri, dopo circa quarant’anni di numero chiuso, passa alla unanimità in Senato, nella Commissione Istruzione, la proposta non lontana da quella di Zauli: il semestre del primo anno di Medicina aperto a tutti. Poi, alla fine del semestre, vi saranno dei test per la conferma o meno: coloro che non lo supereranno avranno il riconoscimento dei crediti per corsi di laurea affini (per es., Biologia). Ha espresso parere contrario la Fnomceo (Federazione nazionale medici chirurgi e odontoiatri). “In dieci anni avremmo troppo medici che non troveranno lavoro”.

Sicuramene vi saranno degli emendamenti nel prosieguo del percorso legislativo del “testo base” licenziato dalla Commissione. L’approvazione va, comunque, salutata in quanto legittima il desiderio di molti giovani di evitare la selezione “a test” esclusivamente teorica e troppo a ridosso del diploma di secondaria superiore.

A questo punto, per individuare competenze e vocazione “reali” del futuro medico, potrebbe esser valutata, in un tavolo tra Mur, Mim e la Fnomceo, un semestre pre-accademico da collocare nel quinto anno delle superiori cui gli studenti volontariamente si iscrivono dal settembre del quinto anno.

Per questi alunni intenzionati a fare il medico vi saranno corsi pomeridiani di approfondimento nelle materie di indirizzo universitario in oggetto (per es.: matematica, chimica, biologia, anatomia). Con esame e votazione. Le ASL di competenza potrebbero offrire un medico Presidente di commissione alla fine del corso scolastico per aspirante medico. Il punteggio, per coloro che lo superano, oltre a consentire l’accesso al primo semestre, farebbe poi media con quello della fine del semestre universitario. Il doppio passaggio offrirebbe una prima individuazione dei candidati più idonei già al termine della secondaria.

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