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(Seconda parte di un’analisi più ampia. La prima parte si può leggere qui)

Nessuno dei due principali governi antagonisti può dimostrare l’autorità di un mandato popolare né offrire reali servizi statali. Il Governo di Accordo Nazionale (GNA) ha il supporto dell’ONU e di buona parte della comunità internazionale, ma non è stato eletto né ratificato dalla Camera dei Rappresentanti, eletta nel 2014 e basata a Tobruk. Pertanto, la magistratura libica non ha riconosciuto il GNA. Intanto, il mandato della Camera dei Rappresentanti – sostenuta da Egitto ed Emirati Arabi – è scaduto. La Camera stessa ha votato per autoprorogarsi il mandato, ovviamente suscitando l’ira del GNA. Ma chi detiene il vero potere non sono i due governi rivali ma la National Oil Company (che controlla pozzi e raffinerie e, quindi, la ricchezza del Paese), la Banca Centrale Libica (che controlla il tesoro) e l’Autorità per gli Investimenti Libici (che controlla la maggior parte dei contratti con l’estero).

I primi due di questi tre organismi hanno resistito ai tentativi di assimilazione da parte dei due governi o alla divisione in due tronconi mantenendosi in equilibrio fra entrambi i contendenti.

La NOC ora è ai ferri corti con la GNA che cerca di esautorarla dal monopolio degli idrocarburi. La Banca Centrale Libica, intanto, riesce ancora ad assolvere alle sue funzioni pagando i salari dei dipendenti pubblici e fornendo sussidi energetici, ma si trova in disaccordo con la GNA su come contrastare l’inflazione e la sempre più ampia voragine che si è formata fra il tasso di scambio ufficiale dinaro libico contro dollaro e quello esistente sul mercato nero.

Invece, l’Autorità per gli Investimenti Libici rischia una frattura verticale causata dai due capi antagonisti: Abdulmajid Breish e Ali Mahmoud Hassan. Il 5 febbraio, Breish è entrato negli uffici di Tripoli con una sentenza della Corte che annullava l’incarico conferito dalla GNA ad Hassan. L’8 maggio Hassan è rientrato nel palazzo con una conferma della GNA ed infine è stato cacciato via di nuovo il 24 dello stesso mese da una sentenza d’appello della Corte Suprema Libica che annullava la conferma. Nelle ultime settimane la situazione è degenerata e ora è la milizia che controlla gli accessi a decidere quale delle due opposte fazioni può entrare nel palazzo.

In questo vuoto di potere, chi può arraffa quello che trova. Gruppi armati hanno occupato le infrastrutture petrolifere e formalmente si sono trasformati in milizie pagate per la protezione delle stesse. E non vanno per il sottile: l’anno scorso la banda guidata da Ibrahim Jadhran ha ottenuto 42 milioni di dollari dalla GNA per annullare il boicottaggio del petrolio fra Sirte e Bengasi. Il 23 aprile di quest’anno Sadiq el-Kebir, governatore della Banca Centrale, ha stimato che i boicottaggi da parte delle milizie avevano causato perdite superiori ai 160 milioni di dollari.

(2.continua)

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