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“Quello di oggi è stato il primo attacco rivendicato dall’Isis all’interno dei confini iraniani, e, se saranno confermate le dinamiche finora descritte, fa presupporre a un’operazione programmata, ben diversa dall’azione ispirata dell’uomo che fa strage di passanti col coltello da cucina. Sono stati impiegati fucili d’assalto, c’è stato il coordinamento di due operazioni simultanee, giubbotti esplosivi, è stato girato un video durante l’azione”. Lo spiega in una conversazione con Formiche.net Matteo Bressan, analista della Nato Defence College Foundation.

LE MINACCE ALL’IRAN

Lo Stato islamico aveva già minacciato l’Iran, con messaggi in farsi e video propagandistici in cui per esempio si simulava un tiro a segno di un militante con postura da militare d’élite contro la leadership della Repubblica islamica. L’Iran è una teocrazia sciita e dunque considerata nemica assoluta dalla giunta militarista con discendenza divina sunnita che guida il Califfato. “Il governo di Teheran ha più volte sottolineato di essere un Paese a rischio, e non più di un anno fa furono fatte operazioni di polizia e intelligence che portarono all’arresto di diversi elementi connessi con il mondo di Isis. E sebbene sia stato rivendicato, non si può escludere un ruolo di altre sigle avverse al regime”, ricorda Bressan.

LA CATENA DI ATTACCHI: IL RAMADAN E NON SOLO

“È evidente che siamo in una fase molto operativa dell’Isis, che coincide, come già visto nel 2016, con il periodo del Ramadan, e che però attualmente trova anche spinta dall’ormai prossima caduta di Mosul e Raqqa. Stiamo assistendo a questi attacchi in Europa, ma anche con distinguo nelle Filippine, o a Melbourne e ora in Iran”, sottolinea Bressan.

L’AZIONE SU RAQQA: IL QUADRO REGIONALE

Martedì le forze della Coalizione a guida americana hanno annunciato l’inizio della fase finale dell’offensiva su Raqqa, la capitale siriana dell’Isis: “La situazione di Raqqa è un punto in più di questo contesto molto delicato in cui si inserisce l’attacco: con la nuova assertività saudita basata sul rafforzamento della protezione americana segnata dalla visita a Riad del presidente Trump, e il successivo isolamento del Qatar. Raqqa potrebbe essere un elemento in più per squilibri regionali una volta liberata, su cui, quando anche Mosul sarà libera, potrebbero convergere le forze sciite che l’Iran ha mobilitato contro il Califfato”.

LA SITUAZIONE INTERNA

Questo dà un segno delle potenziali ripercussioni interne su quanto accaduto, a un paio di settimane soltanto dalla riconferma elettorale di Hassan Rouhani, il politico dalla linea più moderata, a presidente: “I Pasdaran potrebbero usare quanto accaduto come elemento di polemica, sulle misure di sicurezza interne, contro la presidenza, e allo stesso tempo come leva per ricompattare dalla loro parte l’opinione pubblica – spiega Bressan – e contemporaneamente, la scusa dell’attentato potrebbe essere usata come motivo per spingere il rafforzamento dell’impegno in Siria. Non dimentichiamoci che per l’Iran la Siria è una questione imprescindibile per giocare influenza nella regione e mantenere attiva la cosiddetta Mezzaluna Sciita, ma è anche un’attività dispendiosa, sia in termini economici che in quelli di impegno socio-culturale, perché molti dei combattenti sciiti (parliamo di un numero totale intorno ai 20/25 mila) mandati al fronte sono morti”.

LA NARRAZIONE

L’attentato spinge anche una narrativa anti-sunnita e anti americana promossa dai Guardiani e dagli ultra conservatori che passa necessariamente dalla visita araba di Trump e dalla situazione col Qatar. In un video diffuso online si vedono molti dei deputati che, mentre il presidente del parlamento Ali Larijani minimizza la situazione, iniziano a cantare “Morte all’America”. Come ha spiegato al New York Times l’analista Hamidreza Taraghi, molti vicino all’hard line iraniana, dopo la visita americana i sauditi si sentono rafforzati, hanno isolato il Qatar mentre noi lo stiamo aiutando e ora “vogliono vendetta con l’Iran”. Una ricostruzione non nuova nella narrazione del regime iraniano, che collega le attività del terrorismo sunnita alle monarchie del Golfo (sunnite) e ai loro contatti occidentali. Questo genere di cospirazionismo è presenta anche in un articolo di Farsnews, l’agenzia stampa semi-ufficiale di Teheran.

Usa

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