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Si sapeva che all’incontro di ieri pomeriggio al Viminale non tutte le ong avrebbero firmato il codice di condotta ideato dal ministro dell’Interno Marco Minniti. Si sapeva anche che molte delle ong avrebbero fatto resistenza su alcune di quelle predisposizioni, una su tutte: la presenza di militari a bordo delle navi. Ma nessuno, forse nemmeno il ministro, poteva aspettarsi che di tutte le ong operanti nel Mediterraneo, solo due avrebbero firmato quel codice.

La maltese MOAS e l’italiana Save The Children: a tanto ammonta la lista delle organizzazioni non governative che hanno detto sì ieri a Minniti. E le altre? Le tedesche Sea Watch e Sea-Eye e la francese SOS Méditerranée semplicemente non sono pervenute. Lo spiega a caratteri cubitali un comunicato del ministero dell’Interno che rende conto dei magrissimi risultati ottenuti dall’incontro pomeridiano. Anche la spagnola Proactiva Open Arms ha dato forfait, inviando però, stando a quanto scrive il ministero, “una comunicazione con la quale ha annunciato la volontà di sottoscrivere l’accordo”.

L’ong tedesca Jugen Rettet, che solca il Mediterraneo con la nave Juventa, battente bandiera olandese, ha avuto la cortesia di presentarsi alla tanto attesa riunione al Viminale, salvo poi tirarsi fuori dai giochi rifiutando di apporre la firma. Ma la retromarcia più clamorosa e inaspettata è stata quella di Medici Senza Frontiere, che, senza presenziare al briefing con Minniti, ha inviato una lettera al ministro spiegando che rispetterà il codice solo parzialmente: cioè farà proprie à la carte “quelle disposizioni del Codice che non sono contrarie ai punti problematici per MSF”. Quanto al resto delle disposizioni, scrive il direttore generale Gabriele Eminente, “riteniamo che allo stato attuale non sussistano le condizioni perché MSF possa sottoscrivere il Codice di Condotta proposto dalle autorità italiane”.

La diserzione di MSF sorprende più delle altre non soltanto per il ruolo da peso massimo che l’ong ricopre nei salvataggi in mare, ma anche perché l’organizzazione nelle scorse settimane, da quando Minniti aveva preavvisato un codice di condotta nel vertice di Tallin con i suoi omologhi francesi e tedeschi, si era posta in un atteggiamento di assoluta apertura verso il Viminale. Ieri la virata con cui MFS ha cambiato rotta, giustificata perché, a loro dire, il codice rischierebbe “nella sua attuazione pratica di contribuire a ridurre l’efficienza e la capacità” del sistema dei salvataggi.

Non convincono in particolare alcuni punti. A cominciare dalle limitazioni previste al trasbordo dei migranti su altre navi (il Viminale chiede che le ong si assumano fino in fondo i costi e la responsabilità dei migranti presi in carico portandoli direttamente nei porti). E poi ancora la mancanza nel codice di riferimenti ai principi umanitari, e la presenza di forze di polizia e militari a bordo delle navi.

Preoccupazioni simili a quelle espresse in una lettera a Minniti dal vice-presidente di Sos Méditerranée Sophie Beau. Che ritiene impossibile un’adesione dell’ong francese prima che vengano apportate alcune modifiche al codice: in primis, “chiarire che le navi delle ONG potranno, anche in futuro, trasferire le persone soccorse, sotto il coordinamento del MRCC italiano, su altre navi”, ma anche inserire tra le disposizioni un divieto categorico di portare le armi a bordo. Un punto, quest’ultimo, che non convince il Viminale, dato che più di una volta in passato i trafficanti di vite umane al seguito del barcone hanno aperto il fuoco dal loro gommone.

Tutto tace dalla tedesca Sea Watch, forse perché ha già rivelato con sufficiente chiarezza la propria posizione sul codice per le Ong nelle scorse settimane. “Insensato”, “disonesto”, “illegale” sono solo alcuni degli epiteti con cui sul loro sito ufficiale i tedeschi impegnati nel salvataggio si sono riferiti alle proposte di Minniti. E anzi, al motto di “less rules, more ships”, la Sea Watch fa sapere con aria di sfida che sta per mettere in mare una nuova nave, la Dignity 1, “in risposta all’indifferenza dell’UE”.

La frustrazione del ministro Minniti, che tanto si era adoperato nelle scorse settimane, dopo i deludenti colloqui con i ministri dell’Interno francese e tedesco, a lavorare a una soluzione per coordinare le attività in mare con le ong, è tutta nel comunicato del Viminale. “L’adesione avrebbe consentito di essere parte di un sistema istituzionale finalizzato al soccorso in mare, all’accoglienza e alla lotta al traffico degli esseri umani, senza in nessun modo interferire nei principi fondanti le singole organizzazioni” recita il testo pubblicato dal ministero.

Che poi aggiunge un avvertimento chiaro, quasi dal tono minatorio: “l’aver rifiutato l’accettazione e la firma pone quelle organizzazioni non governative fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare, con tutte le conseguenze del caso concreto che potranno determinarsi a partire dalla sicurezza delle imbarcazioni stesse”. Insomma: chi non si è voluto adeguare al codice resta fuori. Resta difficile ancora una volta immaginare quali misure possa prendere il Viminale contro le ong che intendano continuare le operazioni senza rispettare le regole (cioè quasi tutte). Davvero l’Italia può chiudere i porti alle ong non curante del diritto internazionale? (Qui e qui due risposte opposte da due conversazioni di Formiche.net).

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