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Ma quanto è costata finora alle banche azioniste e finanziatrici di Alitalia l’avventura nella compagnia aerea che ora è commissariata? La domanda si affianca a quanto detto nei giorni scorsi il vertice di Intesa Sanpaolo. Ecco parole e numeri.

COSA HA DETTO MESSINA

“Non esiste un piano B portato avanti da Intesa Sanpaolo. Non abbiamo un piano B e non compete a noi farlo. Noi siamo una banca, un’azienda che si occupa di credito e non di aeromobili”, dice Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo, prima dell’inizio dell’assemblea degli azionisti a Torino, in merito alle indiscrezioni su un piano alternativo per Alitalia che sarebbe spinto dalla banca.

I COSTI

“L’odissea è costata 1,850 miliardi, cui devono aggiungersi 1,2 miliardi a carico delle banche. Più di tre miliardi che con l’amministrazione controllata vanno in fumo, salvo sperare tra sei mesi di recuperare pochi spiccioli dalla vendita delle rotte e dagli aerei”ha scritto negli scorsi giorni il giornalista di economia e finanza di lungo corso Rosario Dimito su Il Messaggero.

Qualora i commissari riuscissero a recuperare gli asset di Fiumicino, anche Generali, potrebbe recuperare il suo credito per aver sottoscritto nel 2015 un bond di 375 milioni con scadenza 2020. Oltre a quelli dei privati, bisogna tener conto, ha aggiunto Dimito, i 7,4 milioni di oneri a carico dello Stato dal 1974 al 2007, periodo in cui era azionista di maggioranza.

IL PESO DELLE BANCHE

Il peso maggiore è toccato alle banche, “a cominciare da Intesa San Paolo che sostiene Alitalia dall’Agosto 2008 con il progetto Fenice di cui è stato il Pivot investendo 100 milioni di capitale in un aumento di 1,1 miliardi”. Mentre “Unicredit è salito a bordo, invece, a dicembre 2013, nelle pieghe della ricapitalizzazione da 300 milioni, prestando una garanzia fino a 100 milioni. A quell’operazione prese parte anche Poste con 75 milioni”.

L’ammontare complessivo dell’investimento accumulato dalle due grandi banche italiane – secondo i calcoli del Messaggero – si attesta a 1,1 miliardi. Tra crediti e capitali, circa 600 milioni di questa cifra fanno capo a Intesa Sanpaolo e 500 a Unicredit. Il 70% è stato svalutato.

Sul quotidiano romano si legge inoltre che i prestiti in essere sarebbero pari a 120 milioni di Intesa e 125 di Unicredit. Il quadro completo degli impegni degli istituti si ottiene sommando anche i circa 50 milioni di Montepaschi e i 50 della Popolare di Sondrio che fanno salire il totale a 1,2 miliardi. “Soldi quasi per intero irrecuperabili” con l’amministrazione controllata, ha scritto Dimito.

L’AVVENTURA ETIHAD

Dall’agosto 2014 ad oggi, per l’avventura con Etihad l’esborso di banche e soci è stato costante. Dimito ricorda la manovra di 1,7 miliardi, 300 in aumento di capitale e 695 milioni mediante conversione in strumenti finanziari. Per la ricapitalizzazione Intesa versò all’epoca 88 milioni, Unicredit 63,5, Atlantia 51, Immsi, holding di Colaninno 10, Pirelli 10 e Gavio 2,5.

Le banche si sono poi sobbarcate un nuovo finanziamento di 300 milioni (87,5 milioni a testa sono giunti da Intesa Sanpaolo e Unicredit, 12,5 milioni ciascuno da parte di Mps e Popolare Sondrio) per accompagnare il passaggio di Alitalia agli emiratini di Etihad che ne detengono dal gennaio 2015 il 49%.

Ultima iniezione risale alla fine dello scorso anno quando le banche creditrici e azioniste hanno deciso di sbloccare circa 100-120 milioni dei 180 milioni di linee di credito già in essere ma congelate in cambio di un maggior peso nella definizione della strategia industriale della compagnia aerea.

Carlo Messina, Giovanni Bazoli

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