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Quando la “notizia” dovrebbe essere nota a tutti, ma ancora non viene masticata dalla politica, resta confinata alla stampa più attenta; quando la politica se ne accorge e ne fa un cavallo di battaglia, la confusione aumenta sia per colpa del politico che la sfrutta, sia per colpa di importanti testate (come radio e telegiornali) che si limitano a copiare i quotidiani con un’aggiunta di “politicamente corretto” che prescinde dai dati di fatto. Quando infine l’accusa diventa sempre più circostanziata non si può più fare finta di niente.

Il salvataggio dei migranti nel Mediterraneo ha portato alla luce da molto tempo il ruolo delle Ong impegnate in mare e, dopo aver sparato nel mucchio contro “le” Ong, solo da poco si comincia a distinguere. L’ultima bomba è stata sganciata dal procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, intervistato il 27 aprile ad Agorà su Raitre: “A mio avviso alcune Ong potrebbero essere finanziate dai trafficanti e so di contatti. Un traffico che oggi sta fruttando quanto quello della droga. Forse la cosa potrebbe essere ancora più inquietante, si perseguono da parte di alcune Ong finalità diverse: destabilizzare l’economia italiana per trarne dei vantaggi”.

Cerchiamo di ricostruire gli eventi. La polemica politica si è accesa il 21 aprile quando sul blog di Beppe Grillo è stato pubblicato un duro attacco alle “Ong private” e al loro “oscuro ruolo” nel traffico di migranti: nel week end precedente erano state salvate circa 8.500 persone. Due giorni dopo, il 23 aprile, il quotidiano La Stampa (fonte quasi mai citata da radio e tv) ha pubblicato un’intervista al procuratore Zuccaro, che indaga sulle operazioni di soccorso come i colleghi di Palermo e Cagliari. Zuccaro è stato chiarissimo: “Su Ong come Medici senza frontiere e Save the children davvero c’è poco da dire. Discorso diverso per le altre come la maltese Moas o le tedesche, che sono la maggior parte”. E ha aggiunto: “Abbiamo evidenze che tra alcune Ong e i trafficanti di uomini che stanno in Libia ci sono contatti diretti, non sappiamo ancora se e come utilizzare processualmente queste informazioni, ma siamo abbastanza certi di ciò che diciamo; telefonate che partono dalla Libia verso alcune Ong, fari che illuminano la rotta verso le navi di queste organizzazioni, navi che all’improvviso staccano i trasponder sono fatti accertati”.

Evidenze e fatti accertati. Ma nel mese precedente a quell’intervista dov’erano certi politici e certi autorevoli giornalisti? Il 22 marzo, infatti, Zuccaro era stato ascoltato in audizione dal Comitato parlamentare Schengen e aveva espresso gli stessi dubbi e le stesse accuse. Il 12 aprile, poi, era stato il direttore dell’agenzia europea Frontex, Fabrice Leggeri, dinanzi alla commissione Difesa del Senato a dire chiaramente di avere le prove di contatti diretti tra scafisti e Ong, prove che avrebbe fornito solo all’autorità giudiziaria competente. Era noto tutto da tempo; poi il 23 aprile, giorno di quell’intervista alla Stampa, il vicepresidente della Camera ed esponente del M5s, Luigi Di Maio, ha sparato a zero dicendo che “le Ong trasportano criminali in Italia” ed è cominciato un (presunto) dibattito che è servito solo ad aumentare la confusione.

Nell’intervista ad Agorà Zuccaro ha detto altre cose importanti. Intanto, che i contatti diretti tra trafficanti e alcune Ong sono inequivocabili: se dalla Libia telefonano chiedendo se possono far partire i barconi nonostante il mare grosso, ha detto Zuccaro, e la risposta è sì perché certe navi sono a ridosso della Libia, “la Convenzione di Amburgo non è applicabile”. E all’obiezione che certe frasi dette da un magistrato senza mostrare prove creano confusione e un corto circuito mediatico, il procuratore ha risposto in modo altrettanto chiaro: “Se l’informazione è corretta, come fanno tutti i giornalisti seri, questo corto circuito non si può creare, salvo che per effetto di persone che vogliono creare confusione. Se io dico chiaramente che non tutte le Ong lavorano correttamente, il corto circuito si crea se le distinzioni non vengono fatte”.

Anche alcuni intervistati non aiutano a fare chiarezza. Se Medici senza frontiere e Save the children respingono le accuse hanno ragione: il primo ad averlo detto è stato Zuccaro e Valerio Neri, direttore generale di Save the children, nell’audizione del 19 aprile fu il più trasparente, spiegando anche che l’85 per cento dei loro investimenti è destinato ai Paesi di origine dei migranti e dimostrando di voler risolvere lì il problema. Neri onestamente aggiunse anche che «quando girano così tanti soldi, non si può escludere qualche affare sporco». Se però le stesse Ong “in regola” difendono d’ufficio tutte le Ong, senza distinzione, si avventurano in un terreno inesplorato: che ne sanno delle altre? A Radio anch’io del 26 aprile si è parlato anche di “presunti trafficanti libici” che avrebbero avuto contatti con un’Ong spagnola (una correttezza linguistica che ricorda quando le Brigate rosse erano “sedicenti”) e Regina Catrambone, fondatrice con suo marito dell’Ong maltese Moas accusata dalla procura di Catania, ha respinto l’accusa di aver ricevuto telefonate dagli scafisti: ben venga l’inchiesta, ha detto, attendiamo le prove. Al quotidiano La Sicilia di Catania il procuratore Zuccaro aveva già descritto l’enorme flusso pasquale dicendo che «a Pasqua sulle coste libiche c’erano tante navi pronte a partire che sembrava lo sbarco degli Alleati in Normandia» anche se «bisogna trasformare le conoscenze in prove e non è facile».

Frontex, però, non molla. La portavoce dell’agenzia europea, Izabella Cooper, ha detto che “salvare vite è un obbligo internazionale per chi opera in mare, è chiaro che i trafficanti in Libia se ne approfittano”. Cooper, dopo aver ricordato che dall’anno scorso la ricerca e soccorso si spinge fino al limite delle acque libiche mentre in precedenza le barche dei migranti arrivavano a Lampedusa, ha spiegato come i trafficanti sappiano che il salvataggio sarà pressoché immediato visto che cibo e acqua a bordo sono ridotti e che vengono tolti i motori dalle barche quando i soccorsi sono nelle vicinanze. Eppure perfino queste dichiarazioni sono state strumentalizzate: secondo la portavoce dell’Unhcr, Carlotta Sami, intervistata dal Tg1 del 26 aprile, Frontex avrebbe affermato di non avere evidenze di collusione tra scafisti e Ong, ma che c’è chi approfitta dei salvataggi in mare. Detto che nelle parole di Izabella Cooper non c’è traccia di “assenza di evidenze di collusione”, era stato proprio il direttore di Frontex, Leggeri, a sostenere di avere quelle prove: che un’agenzia delle Nazioni Unite importante e meritoria come l’Alto commissariato per i rifugiati lo abbia “dimenticato” serve solo ad alzare la nebbia su come stanno le cose.

Nel frattempo i numeri restano impietosi: 36.883 arrivi, il 36,3 per cento in più dell’anno scorso (dati ministero dell’Interno al 27 aprile) mentre secondo Eurostat nel 2016 l’Ue ha concesso l’asilo a 710.400 persone, il doppio del 2015: prima è la Germania con 445.210, terza l’Italia con 35.450.

In attesa di altre audizioni previste in Parlamento, tocca alla magistratura fare finalmente chiarezza, magari con l’aiuto di giornalisti e portavoce più precisi e attenti.

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