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Prosegue l’attesa per il verdetto della Commissione Europea sulle ricapitalizzazione precauzionali chieste per il salvataggio di Veneto Banca e di Popolare di Vicenza, che in questo clima stanno anche cercando di convolare a nozze. Affinché arrivi l’ok, le due operazioni, che implicano l’intervento dello Stato dopo la penalizzazione di azionisti e obbligazionisti subordinati (burden sharing), non devono potere essere inquadrate dall’Antitrust di Bruxelles come aiuti di Stato.

IL TEMPO È DENARO

E mentre si continua ad attendere il verdetto (lo stesso si sta facendo per Monte dei Paschi di Siena, dove la luce verde sembra essere però più vicina), i vertici delle due banche venete si spendono per tranquillizzare azionisti e correntisti tramite dichiarazioni e interviste, facendo però anche trapelare una certa ansia che si chiuda positivamente e in tempi stretti la partita. Il fatto è che Popolare di Vicenza e Veneto Banca hanno bisogno di soldi: la Bce a inizio aprile, dando il suo ok ai due salvataggi, ha individuato un fabbisogno di 6,4 miliardi, cifra che dovrebbe comprendere 1,2 miliardi di conversione di obbligazioni subordinate. E il denaro deve arrivare al più presto, specie se si considera la forte crisi di liquidità di cui sono state vittime di recente entrambe le banche del nord-est italiano.

LE PAROLE DI MION

Ecco allora perché il presidente della Popolare di Vicenza, Gianni Mion (nella foto), in una intervista al Sole 24 ore del 19 aprile (firma Katy Mandurino), rispondendo a una domanda sulle tempistica di approvazione da parte di Bruxelles, ha dichiarato speranzoso (in un certo qual modo anche per sollecitare Bruxelles): “Le verifiche su di noi continueranno presumibilmente fino a fine mese e credo che anche il nostro piano possa essere studiato, analizzato e portato alla valutazione finale in tempi relativamente rapidi”. Un piano di ristrutturazione che, ha aggiunto Mion facendo il paragone con Mps, è “più radicale” e “mira all’integrazione di due banche creandone una sola, di peso e rilevanza, anche se non grande come Mps”. Si tratta, ha precisato Mion, “di una profonda trasformazione che richiede studio e verifiche; anche se il nostro piano è partito più tardi, mi tranquillizza la grande professionalità dei tecnici che ci stanno lavorando”.

I COMPENSI DEI VERTICI

Ci si dirige così verso le assemblee degli azionisti delle due banche che a giorni, e certamente non senza polemiche, saranno chiamate ad approvare i bilanci del 2016. Da ricordare che quello di Popolare di Vicenza si è chiuso con perdite nette per quasi 2 miliardi e quello di Veneto Banca con un rosso di 1,5 miliardi. In attesa dell’appuntamento con i soci, Il Sole 24 ore, in un articolo di Fabio Pavesi, ha calcolato i compensi degli attuali vertici dei due gruppi, in pratica di coloro che stanno cercando di riportare le due banche fuori dalle secche dopo le vecchie gestioni che tanti problemi hanno causato. “In Veneto Banca – calcola Il Sole 24 ore – si sono succeduti ben tre consigli di amministrazione nell’arco del 2016. Un record assoluto. I soli consiglieri via via succedutesi sono pesati sui bilanci dell’istituto di Montebelluna per 2,18 milioni di euro. Ma poi c’è la dirigenza top dell’istituto. Dieci persone capitanate dall’ad Cristiano Carrus che da solo ha una remunerazione fissa per 1,1 milioni più benefit, e che hanno pesato nel 2016 per 2,71 milioni sui conti della banca. Fanno 4,9 milioni di euro appannaggio dei vertici di Veneto Banca”. Quanto alla Vicenza, “i vertici della banca che comprendono la direzione generale, i consiglieri e i sindaci sono costati, nel solo 2016, 8,9 milioni di euro. A gonfiare il valore c’è ovviamente la buonuscita incassata dall’ex ad Francesco Iorio“, mentre ora alla guida dell’istituto c’è Fabrizio Viola, ex numero uno di Mps.

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