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La notizia della “svolta a destra” del Continente in occasione delle scorse elezioni europee era largamente esagerata. Gli equilibri politici dell’Europarlamento sono, infatti, rimasti gli stessi di prima e, per quanto leggermente azzoppati, al Consiglio europeo continuano ovviamente a sedere (e a deliberare) i capi di Stato e di governo in carica. Personalità come il presidente francese Macron, il cancelliere tedesco Scholz, il premier spagnolo Sanchez… Non esattamente degli estimatori di Giorgia Meloni.

A costituire un clima generale oggettivamente sfavorevole alle destra si sono poi aggiunte la vittoria del labourista Starmer nel Regno Unito e la battuta d’arresto del Ressemblement National al secondo turno delle elezioni legislative francesi. Il primo risultato era largamente atteso, il secondo no.

Se, con lo scioglimento anticipato del Parlamento, Macron sperava in una vittoria del lepenisti confidando che, assunta con Bardellà la guida del governo, si sarebbero logorati agli occhi del proprio elettorato in vista delle presidenziali 2027, il calcolo del Presidente francese si è rivelato sbagliato. Ma se, come tutti credono, il suo obiettivo era semplicemente quello di impedire la vittoria della destra estrema, non c’è dubbio che l’abbia centrato.

Il contesto, dunque, mal si concilia con le rigidità di Giorgia Meloni rispetto all’establishment politico europeo ed europeista. Tanto più che la presidente del Consiglio italiano sconta un ulteriore, grave handicap: l’Italia, infatti, è l’unico Paese europeo il cui premier è orientato a sostenere la nomina di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione mentre il suo vicepremier è ferocemente contrario. Analoga, devastante, dinamica si prefigura in ambito Nato, con Giorgia Meloni fermamente decisa a continuare a sostenere lo sforzo militare del popolo ucraino e Matteo Salvini sempre più incline a mettersi di traverso.

Se a ciò si aggiunge l’improvvisa uscita di Vox dal gruppo dei Conservatori europei presieduto dalla stessa leader di Fratelli d’Italia e la nascita alla sua destra del gruppo dei Patrioti di Orban e Salvini, appare chiaro che a Giorgia Meloni conviene turarsi le orecchie con la cera per evitare di essere sedotta dal canto delle sirene identitarie che risuona alla sua destra. Deve, dunque, evitare di cedere al richiamo della foresta, votare a favore di von der Leyen e proseguire senza indugi la marcia di avvicinamento al Partito popolare europeo.

Se vuole continuare a governare l’Italia facendone l’interesse nazionale, questa è la via. Altre strade portano fatalmente in un vicolo cieco analogo a quello imboccato da Matteo Salvini.

Meloni non ceda al richiamo della foresta e voti von der Leyen. Il corsivo di Cangini

A Meloni conviene turarsi le orecchie con la cera per evitare di essere sedotta dal canto delle sirene identitarie che risuona alla sua destra. Deve evitare di cedere al richiamo della foresta, votare a favore di von der Leyen e proseguire senza indugi la marcia di avvicinamento al Partito popolare europeo. Se vuole continuare a governare l’Italia facendone l’interesse nazionale, questa è la via

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