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Questa volta comincio lasciando la parola agli altri, offrendovi una rassegna più sintetica possibile dei titoli dedicati da giornaloni, giornali e giornalini fra i più gridati alla ulteriore crisi di quello che fu il centrodestra, esplosa sulle piazze, diciamo così, di Firenze e di Padova. Dove si sono esibiti, rispettivamente, il segretario della Lega Matteo Salvini e il fiduciario sinora scelto da Silvio Berlusconi per cercare di riorganizzare quelli che lui ancora chiama, a torto o a ragione, i moderati d’Italia: Stefano Parisi, il mancato –per poco- sindaco di Milano.

Per il Corriere della Sera è stata “Sfida aperta nel centrodestra”. Per la Repubblica di carta sono scese “Due destre in piazza”. Per La Stampa si è consumato uno “Scontro tra Salvini e Parisi sulla guida del centrodestra”. Per Il Sole-24 Ore “Salvini si candida leader” fra il “gelo di Berlusconi”. Anche per Il Messaggero è “Scontro nel centrodestra”, con Salvini che si candida a capo e Parisi che precisa: “Noi siamo un’altra cosa”. Per Il Giorno, Resto del Carlino e La Nazione, del gruppo Monti Riffeser, “Salvini si lancia” candidandosi a “premier” mentre Parisi assicura: “Niente ruspe, non siamo quella roba”. Il Giornale della famiglia Berlusconi ha accompagnato l’annuncio della “Sfida nel centro destra” con un editoriale del direttore Alessandro Sallusti che vede sin troppo ottimisticamente un centrodestra “compatto, direi granitico, sul no al referendum ma diviso sul futuro”. Per Libero, superguidato da Vittorio Feltri come direttore editoriale, si è svolta una partita di “Pugilato Salvini-Berlusconi”. Per Il Fatto Quotidiano diretto da Marco Travaglio ci sono state “Botte da orbi fra Salvini e Stefano Parisi”. L’attenzione dell’Unità di conio renziano, diretta dal grande e simpatico vignettista Sergio Staino, è andata tutta su “La Piazzata di Salvini” a Firenze, dove il segretario della Lega, secondo il Manifesto, “ci (ri)crede” gridando: “guiderò il centrodestra”.

Non è una rassegna completissima, l’ammetto, ma penso che basti ed avanzi a farsi un’idea di come la stampa abbia visto e interpretato lo spettacolo svoltosi quasi in contemporanea tra Firenze e Padova, dove fra l’altro il sindaco leghista Massimo Bitonci, fra le proteste del governatore veneto Luca Zaia, leghista pure lui, ha perso il posto perché sfiduciato dai due consiglieri di Forza Italia. Che, forse per cortesia verso lo stesso Zaia, sono stati sospesi dal partito: comunque sospesi, non espulsi.

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Qualche dissenso dai titoli e sottotitoli dei giornali sull’ulteriore aggravamento della crisi del centrodestra, che si trascina ormai da parecchio tempo, potrei manifestarlo su quel “gelo” di Berlusconi riferito dal giornale, in crisi pure lui, della Confindustria. Un “gelo” che fa un po’ il paio con il “Berlusconi tace” riferito nei sottotitoli dai quotidiani del gruppo Monti Riffeser.

Questa volta il “Re Tentenna”, come Salvini è tornato a sfottere Berlusconi in piazza, non volendolo chiamare né per nome né per cognome, si era mosso in anticipo, studiando a tavolino un’intervista al Corriere della Sera diretta proprio alla piazza di Firenze: un’intervista apertamente polemica verso il segretario leghista, di cui abbiamo già riferito ampiamente su Formiche.net. Mi pare ch’essa abbia particolarmente irritato –vi dirò subito perché- l’ambiziosissimo leader succeduto a Umberto Bossi dopo un interregno di Bobo Maroni.

Oltre ad annunciare che, specie dopo l’incoraggiante elezione del suo idolo Donald Trump alla Casa Bianca, lui ci mette “la faccia” alla guida di un centrodestra deciso davvero a mandare a casa quel “bugiardo patologico” di Matteo Renzi, evidentemente con un bel no vittorioso nel referendum del 4 dicembre sulla riforma costituzionale, Salvini ha diffidato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella dal compiere tentativi di rimettere in pista l’ex sindaco di Firenze e di ritardare le elezioni anticipate.

Pur chiamato in causa, questa volta col nome, non con un soprannome offensivo, ma con l’aggiunta sarcastica della domanda “Mattarella chi?”, il capo dello Stato non è stato l’obiettivo vero o principale di Salvini nella storica piazza fiorentina di Santa Croce.

Il vero obiettivo del segretario leghista è stato proprio Berlusconi, lui sì, il “Re Tentenna”, colpevole di avere detto nell’intervista al Corriere della Sera che in caso di sconfitta referendaria di Renzi Forza Italia, tutta o quello che ne dovesse restare dopo un’altra scissione, mostrerà verso le decisioni del presidente della Repubblica “senso dello Stato e di responsabilità”. Parole, anticipate dallo stesso Berlusconi a Mattarella in persona di recente al Qurinale, a leggere le quali, ben stampate sul giornale più diffuso in Italia, evidentemente a Salvini hanno fatto andare storta la manifestazione di Firenze. Dove peraltro sono risultati ancora più stonati il solito inconsapevole sorriso del forzista Giovanni Toti, sul palco con Salvini, e gli enormi occhiali da sole di Daniela Santanchè, mescolatasi felicemente fra il pubblico leghista.

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A questo punto non resterebbe altro che aspettare il 4 dicembre, cioè il risultato del referendum. Cui tuttavia Marco Travaglio, già preoccupato che il sì a Renzi possa essere favorito dal voto degli italiani all’estero, per cui sogna forse un intervento in extremis di qualche Procura di non so dove, ha involontariamente fornito, dal fronte del no dove combatte giorno e notte, un’autorete gigantesca. Egli ha scritto che sta facendo la sua battaglia non contro Renzi ma contro chi potrà prenderne il posto fra non so quanto tempo e avvalersi della sua riforma costituzionale. “Sappiamo tutti –si è lasciato scappare il direttore del Fatto Quotidiano- che Renzi non ha in mente di instaurare una dittatura”. Forse però è diversa l’impressione di molti lettori del giornale di Travaglio, maturata a furia  di goderselo. Comunque, se fossi il portavoce di Renzi, lo ringrazierei.

Secondo la logica travagliesca, nessuno voterebbe più per l’espansione dei cosiddetti diritti civili, che tanto di moda vanno in questi tempi, se ci lasciassimo condizionare dalla paura degli abusi che poi altri potrebbero farne. Tutte le riforme diventerebbero troppo pericolose. Sarebbe il trionfo del conservatorismo, a dir poco.

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