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L’inchiesta sulla Metro C è arrivata al primo punto di svolta: 32 persone hanno ricevuto nei giorni scorsi dalla procura della Corte dei conti un invito a dedurre (il corrispettivo dell’avviso di garanzia) per rispondere del danno erariale sborsato da Stato, Campidoglio e Regione Lazio per finanziare le variante apportate dai costruttori al progetto della linea verde della metropolitana di Roma. Tra i 32, figurano i due sindaci che hanno preceduto Virginia Raggi, ossia Ignazio Marino e Gianni Alemanno. Il filone dell’inchiesta si concentra sul danno erariale di 253 milioni di euro a danno degli enti finanziatori (ossia Campidoglio, Regione Lazio e Stato) dovuto alle varianti apportate al progetto in corso d’opera dai costruttori. Tra i 32 indagati ci sono anche il capo dell’Avvocatura capitolina, Rodolfo Murra, l’ex assessore alla Mobilità Guido Improta e l’ex superburocrate del ministero ai Trasporti, Ercole Incalza (questi ultimi due indagati dalla Procura di Roma per truffa aggravata).

L’INCHIESTA DELLA CORTE DEI CONTI

Il filone dell’inchiesta curata dal pm della Corte dei conti Paolo Crea si concentra sui costi extra sostenuti dallo Stato, dalla Regione Lazio e dal Comune di Roma per il proseguimento dei lavori sulla linea della Metro C, che ha subito un totale di 45 varianti al progetto originario facendone lievitare i costi in modo esponenziale. Il danno è stato stimato dal pm Crea in 253 milioni di euro. Già all’apertura dell’anno giudiziario 2016, il procuratore regionale Raffaele de Dominicis aveva definito quella della linea C della metropolitana romana come “una partita anomala, illegale e rovinosa per tutti”, sottolineando la responsabilità di tutti gli attori in campo: Roma Capitale, Roma Metropolitane e Metro C (qui tutti i dettagli).

IL COINVOLGIMENTO DI MARINO

Secondo i pm contabili, Marino non avrebbe fatto niente per impedire che i finanziatori continuassero a pagare ai costruttori cifre non dovute relative proprio alle modifiche del progetto della Metro C pur essendo egli “a conoscenza delle criticità della transazione concordata nel 2011 tra Roma Metropolitane (stazione appaltante) e Metro C (contraente generale)”, poggiata su un accordo definito a marzo da de Dominicis “illegittimo, da qualsiasi aspetto lo si guardi”. Marino sapeva, secondo la procura, che l’Avvocatura capitolina “non era entrata nel merito delle riserve oggetto della transazione” (e per questo il capo dell’avvocatura capitolina Rodolfo Murra compare tra i 32 indagati) e lo stesso ufficio di revisione economico-finanziario del Campidoglio aveva consigliato la sospensione del’erogazione. L’ex sindaco – si legge nell’invito a dedurre – “non solo non ha sentito l’obbligo di acclarare la legittimità dell’accordo transattivo del 2012 ma, di concerto con l’assessore Improta, ne ha agevolato il pagamento con le decisioni assunte a seguito della seduta di Giunta del 25-26 ottobre 2013”.

IL RUOLO DELL’EX ASSESSORE IMPROTA

L’ex assessore ai Trasporti della giunta Marino, Guido Improta, avrebbe dovuto e potuto fermare l’operazione già a settembre del 2013, dopo aver partecipato a una riunione del 4 settembre 2013 presso il ministero ai Trasporti, in cui fu discusso l’atto attuativo con il quale si stanziavano altri 90 milioni di euro per pagare ulteriori extracosti (dovuti alle modifiche del progetto originario) al Consorzio Metro C. Secondo i pm della Corte dei conti, Improta “avrebbe avuto tutto il tempo e gli elementi per rendersi conto che il testo che sarebbe stato sottoscritto il 9 novembre 2013 non era suffragato da alcuna delle valutazioni da egli richieste ma, addirittura, risulterà in modo abnorme favorevole al contraente generale, anche perché aveva allungato i tempi per la messa in esercizio delle tratte della prima fase dell’opera, aveva regalato a Metro C l’effetto moltiplicatore degli oneri, aveva addirittura sancito la rinuncia all’impugnazione del lodo parziale e per ultimo, ma non meno economicamente significativo, aveva garantito a Metro C i lavori di realizzazione della tratta Colosseo-Venezia”.

GIANNI ALEMANNO

Convolto anche L’ex sindaco Alemanno, accusato di “aver avvallato la transazione tra Roma Metropolitane e Metro C richiamandosi alle valutazioni “autorevoli” dello studio legale Giuffrè-Lepri, senza aver disposto alcun approfondimento, nemmeno quello minimale di prendere visione del predetto parere, dalla cui lettura sarebbe emerso che il predetto studio evidenziava di non aver mai potuto esaminare la documentazione relativa alle riserve”. L’ex sindaco, rintracciato dal Tempo, ha spiegato che “è un invito a dedurre e farò le mie considerazioni. Credo di aver agito per ridurre i problemi. Ho ereditato da Veltroni un contenzioso da 1,4 miliardi, l’accordo transattivo serviva per pagare molto di meno, quindi abbiamo messo a riparo un appalto fatto male dalla precedente Giunta. Anzi, sorprende il fatto che siano citati il Ragioniere Francesco Lopomo e il dirigente Vincenzo Gagliani, ma non proprio il sindaco Veltroni”.

Tutti i 32 indagati avranno 60 giorni di tempo per rispondere delle accuse e difendersi.

Metro C, cosa contesta la Corte dei Conti a Marino e Alemanno

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