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“È con umiltà, con molta umiltà, che accetto questo incarico, il mandato del popolo”, ha detto Rodrigo Duterte, il nuovo presidente delle Filippine, commentando l’annuncio dei risultati elettorali. Duterte ha scelto di aspettare la chiusura dei seggi a Davao, sull’isola di Mindanao, perché è da lì che ha avuto inizio il suo percorso politico, nella città di cui è stato sindaco per 20 anni.

LA FORMULA DELL’ORDINE

La campagna elettorale di Duterte è stata caratterizzata da provocazioni e polemiche. Di fronte alla mancata crescita economica del Paese, l’elettorato ha scelto le sue promesse di una “politica ferrea contro élite, criminali e corrotti”. “Se sarò eletto presidente, farò esattamente quello che ho fatto quando sono stato sindaco. Voi, trafficanti, ladri e corrotti, sarà meglio che scappiate, perché vi ucciderò”, ha detto. Secondo il neo-presidente, per debellare la povertà, è necessario prima combattere la criminalità. Ma per fare questo bisogna aggirare la “giustizia inefficace e corrotta” e permettere alle forze dell’ordine di eliminare i criminali. “Dimenticate le leggi sui diritti umani”, ha aggiunto.

UN’OASI NELLE FILIPPINE

Avvocato ed ex capo mafioso, poi pentitosi, il nuovo presidente delle Filippine è conosciuto come “il Castigatore”. Qualora i parlamentari non sosterranno le sue proposte di legge, accentrerà tutto il potere nelle proprie mani; questo è stato l’avvertimento di Duterte. Un articolo pubblicato da Human Rights Watch nel 2009 denunciava come questi fosse diventato “il braccio della legge nella città più grande del sud delle Filippine, Davao, dove sono scomparsi delinquenti da quando lui è diventato sindaco”. Nella città, non a caso, si registrano i tassi di criminalità più bassi di tutto il Paese. In un ritratto di Duterte, pubblicato dalla rivista Time, la città è descritta come “un’oasi di pace nel mezzo del caos delle Filippine”. Collocata nell’estremo sud dell’isola di Mindanao, uno dei luoghi più instabili del sudest asiatico, Duterte dice di avere fatto di Davao (con più di 1,4 milioni di abitanti) la città “più pacifica di tutta l’Asia”. “Come pensate che l’abbia fatto? – ha domandato retoricamente . Come credete che sia riuscito a fare diventare Davao una delle città più sicura al mondo? Uccidendo tutti”.

SQUADRONI DELLA MORTE

A Davao, conosciuto come il “Nicaragua dell’Asia” per via degli scontri tra ribelli comunisti e forze di sicurezza, erano frequenti anche gli attentati compiuti dai guerriglieri comunisti del Nuovo Esercito del Popolo (NEP) e dal Fronte Moro di Liberazione Islamica, un movimento ribelle di Mindanao. “Qui la legge sono io”, ha detto Duterte. Facendo uso della rete di contatti creata quando era capo di una banda criminale, Duterte ha allestito veri e propri squadroni della morte per combattere i terroristi. La notizia è stata confermata dalla Commissione Asiatica dei Diritti Umani (AHRC). Anche in un report del 2009, stilato dalle Nazioni Unite, si accusa Duterte di “non avvertire di omicidi compiuti dalle forze dell’ordine”. Lui stesso sorvegliava le strade in sella a una Harley Davidson, motivo per cui è stato soprannominato “Harry lo sporco”.

INIZIATIVE SOCIALI

Nato nella provincia di Leyte, nel 1945, Duterte è laureato in Diritto e Scienze politiche. Da piccolo è stato espulso da due scuole. Famoso per essere un donnaiolo, si è guadagnato, poi, anche la fame di misogino, quando nel 1989 ha commentato in maniera sgradevole lo stupro e assassinio di una una missionaria australiana: “Era molto bella, avrebbe dovuto starci con lei, per primo, il sindaco”.

Alla guida del comune di Davao, Duterte ha supportato diverse iniziative di carattere sociale. Davao è stata la prima città dove è stato imposto il divieto di fumare in pubblico. The Atlantic ricorda che, una volta, il neo presidente forzò un turista a mangiarsi una sigaretta, perché si era rifiutato di seguire la norma. La città è stata la prima a dotarsi di un servizio efficace di risposta alle chiamate di emergenza e  di un programma di donazione di cibo per i musulmani durante il Ramadan. Nel 2012, Duterte ha contribuito a fare passare una legge in favore dei diritti della comunità LGBT.

IL DONALD TRUMP FILIPPINO?

Nonostante il Paese sia composto per l’80 per cento da cattolici, Duterte non ha risparmiato nemmeno Papa Francesco, insultandolo per aver creato scompiglio nell’arcipelago durante la sua ultima visita. In campagna elettorale, poi, ha anche detto di essere stato stato vittima di abusi da parte di un prete, quando era bambino.

Questo fa di Duterte una specie di Donald Trump filippino? La stampa non ha taciuti sui confronti. Come si legge sul sito della Bbc, però, Duterte non crede di somigliare al manager americano: “Trump è un bigotto, io no”. Nelle trattative di pace tra ribelli musulmani e il governo, il presidente crede che siano state commesse delle ingiustizie contro gli islamici.

In campagna elettorale, Duerte è stato accusato di non avere dichiarato 51 milioni di dollari, accumulati durante gli anni che era stato sindaco di Davao. L’opposizione ha avvertito che la salita al potere di Duterte potrebbe significare il ritorno a un regime simile a quello già instaurato dal dittatore Ferdinand Marcos.

Rodrigo Duterte

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