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“Sopire, toncare… troncare, sopire”: Giorgia Meloni sembra aver fatto proprio il suggerimento del conte zio nei Promessi Sposi. Si parla, ovviamente, della riforma costituzionale che dovrebbe introdurre l’elezione diretta del premier nel nostro sistema istituzionale.

La presidente del Consiglio la definì “la madre di tutte le riforme” e sembrava dover essere questa la bandiera che Fratelli d’Italia avrebbe innalzato durante la campagna elettorale per le europee di giugno. Non è stato così. A dispetto delle previsioni, la riforma non è stata approvata neanche in prima lettura in Senato. Fosse per Giorgia Meloni, non se ne parlerebbe affatto. Ma poiché i giornalisti continuano ad incalzarla sul tema, eccola lasciarsi andare ad una battuta tra l’impolitico e lo sprezzante a proposito del referendum costituzionale cui verrà inesorabilmente sottoposto il premierato: “O la va o la spacca”.

Battuta a doppio taglio, che, per non dar l’idea di ripercorrere passo passo le orme di Matteo Renzi fino all’abisso che lo inghiottì nel 2016, Meloni ha dovuto rettificare facendo leva su tre concetti: non ho paura del referendum; il voto non sarà su di me, ma sulla riforma; qualora gli italiani dovessero respingerla non vedo per quale ragione dovrei dimettermi.

La verità è che, come abbiamo già scritto più volte in passato, l’esito del referendum sarebbe quasi certamente fatale. Lo staff di Sergio Mattarella al Quirinale ha cominciato da tempo a mobilitare fior di accademici e costituzionalisti contro la riforma. Mobilitazione che ovviamente riguarda e a maggior ragione riguarderà tutte le opposizioni, ma non per questo scatenerebbe una reazione uguale e contraria da parte degli alleati di governo: sia Forza Italia sia la Lega, pur senza sporcarsi le mani, farebbero il possibile perché una sonora sconfitta al referendum inducesse la presidente del Consiglio ad un atteggiamento più dialogante – “meno arrogante”, dicono – nei loro confronti. Insomma, la battaglia referendaria si tradurrebbe in un Fratelli d’Italia contro tutti. Difficile pensare di vincerla.

Ad oggi, calendario parlamentare alla mano, è ragionevole ipotizzare che il referendum si tenga poco prima delle elezioni politiche del 2027. Siamo pronti a scommettere che, come ha scritto oggi La Stampa, l’istinto di sopravvivenza indurrà Giorgia Meloni e i suoi più stretti collaboratori a farlo slittare a dopo il voto.

Premierato, il rischio di un referendum con tutti contro (alleati compresi). Il commento di Cangini

Sia Forza Italia sia la Lega, pur senza sporcarsi le mani, farebbero il possibile perché una sonora sconfitta al referendum inducesse la presidente del Consiglio ad un atteggiamento più dialogante nei loro confronti. Insomma, la battaglia referendaria si tradurrebbe in un Fratelli d’Italia contro tutti. Difficile pensare di vincerla. Il commento di Andrea Cangini

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