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C’è qualcosa che non torna, e non sarebbe onesto ignorare, nell’offensiva di Matteo Renzi e dei suoi contro Silvio Berlusconi in edizione bolognese, “subordinato” ad un segretario della Lega autoproclamatosi “guida” di un nuovo corso del vecchio centrodestra.

Non torna innanzitutto il livore anche personale nei riguardi di Berlusconi, sino all’altro ieri lodevolmente evitato dal presidente del Consiglio e segretario del Partito Democratico, impegnato con astuzia a insidiare anche l’elettorato e non solo il ruolo dell’ex Cavaliere di Arcore.

Il livore è forse comprensibile per le critiche anche dure che Berlusconi rivolge a Renzi dopo la traumatica archiviazione del cosiddetto Patto del Nazareno, con l’elezione di Sergio Mattarella a presidente della Repubblica. Ma rimane ugualmente un errore politico, se il proposito del capo del governo e del Pd rimane quello di pescare voti anche nel bacino elettorale che fu berlusconiano. E non si è ancora accasato altrove, tentato fra il ritorno a casa e la fiducia ad un Renzi che ha il coraggio di proporre e realizzare cose di destra, sgradite naturalmente a sinistra, come la detassazione della prima casa, l’aumento del contante per gli acquisti, la responsabilità civile dei magistrati, la difesa di pensioni troppo sbrigativamente liquidate come d’oro dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, ma in realtà neppure d’argento.

Non torna, negli attacchi di Renzi e dei renziani a Berlusconi, neppure il modo di liquidare il  raduno leghista di Bologna come un sonoro fallimento, o ripiegamento, rispetto al proposito originario di Salvini. Che effettivamente era quello di “bloccare l’Italia” per tre giorni, invitando il pubblico a non acquistare, a non vendere, a non pagare un euro di tasse per far provare al governo il costo di una sonora protesta popolare. Lo ha ricordato, fra l’altro, in un editoriale dell’Unità il direttore Erasmo D’Angelis ribadendo dichiarazioni e interventi del presidente del Consiglio in persona.

Se questo è vero, se è vero cioè che Salvini ha rinunciato allo scenario obiettivamente estremistico di una protesta diretta a paralizzare il Paese e si è ridotto ad una domenica abituale di raduno e comizio, con l’altrettanto abituale contromanifestazione di scalmanati e violenti fermati faticosamente dalle forze dell’ordine e incredibilmente rilasciati a tamburo battente dalla magistratura; se tutto questo, ripeto, è vero e si è effettivamente visto e sentito, dovrebbero pur chiedersi dalle parti di Renzi perché è accaduto.

Non si può onestamente pensare che Salvini abbia ripiegato per paura del governo, o di quel “cretino” del ministro dell’Interno, come egli ha avventatamente e incivilmente definito Angelino Alfano. Ha ripiegato molto più probabilmente su ben altro tipo di protesta e di manifestazione per garantirsi la presenza e la partecipazione proprio di Berlusconi, consapevole di non poter sostenere un tentativo di “bloccare l’Italia”, addirittura per tre giorni. Il no ad una ipotesi del genere si era d’altronde levato alto e forte da Arcore appena comparsa nei comizi di Salvini e sui giornali, compreso quello della famiglia Berlusconi.

Più del livore di Renzi e/o renziani, risultano forse convincenti e appropriati i commenti del vecchio Umberto Bossi alla presenza di Berlusconi sul palco bolognese, peraltro decisa tra molte incertezze personali dello stesso Berlusconi e dei dirigenti, per quel che contano, di Forza Italia.

“Non mi sembra – ha detto Bossi cedendo, come al solito, al turpiloquio – che Silvio sia rincoglionito, come dicono giornalisti e avversari”. E, uscendo fortunatamente dal turpiloquio, ha aggiunto, forse pensando contemporaneamente sia a Renzi sia a Salvini, di cui non condivide notoriamente almeno metà delle cose che fa e dice alla guida della sua Lega: “Berlusconi resta pericoloso. Non è mai stato uno stupido”.

Bossi, d’accordo, sta forse messo peggio di Berlusconi, fuori e dentro il suo partito. Ma neppure lui è uno stupido.

Berlusconi può avere commesso un errore a salire su quel palco bolognese, ma bisogna onestamente riconoscere che non vi è salito ad ogni costo. Vi è salito alle sue condizioni, anche a costo di procurarsi dei fischi, anch’essi utili a capire che le cose non sono poi come, o soltanto come le descrivono, contemporaneamente, a sinistra e dalle parti più agitate e viscerali della Lega.

Tutto ciò forse non basterà a ricomporre sotto altra veste il centrodestra, vista anche la confusione esistente tra i fuoriusciti centristi da Forza Italia, ma questo è e sarà un altro discorso, da qui alle  prossime elezioni: prima quelle amministrative del 2016 e poi quelle politiche del 2018, salvo anticipi.

centrodestra

Che succede tra Berlusconi e Renzi?

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