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La riforma della Sanità in Lombardia spacca il centrodestra? E’ quello che si chiedono addetti ai lavori e osservatori a Milano e dintorni.

E’ il 5 agosto 2015, il Consiglio regionale della Lombardia è riunito per l’approvazione della riforma della Sanità, dopo cinque sedute, la giunta capitanata da Roberto Maroni approva la prima parte del testo firmato da Fabio Rizzi, esponente della Lega, e da Angelo Capelli del Nuovo Centro Destra.

La riforma non è dunque proposta dall’assessore alla Sanità, il forzista Mario Mantovani. O meglio, quest’ultimo si impegnò pure nella stesura di una bozza che venne completamente bocciata da Maroni e dai suoi. Inoltre, sulla scrivania del governatore, oltre alla proposta di Forza Italia, arrivarono anche quella di Fratelli d’Italia, quella dell’opposizione di centrosinistra e appunto quella della Lega e del Nuovo Centro Destra che ha poi avuto la meglio.

Tra le novità e le conferme, la riforma stabilisce che i tre assessorati Salute, Welfare e Casa e Famiglia dovrebbero confluire nelle mani di un solo assessore. Mantovani, esponente di Forza Italia, (ex) assessore alla Sanità e vicepresidente del Consiglio Regionale, non disdegnerebbe il ruolo ma qualcosa va storto. Infatti, a un certo punto, pochi giorni dopo l’approvazione della riforma, si urla allo scandalo: Mantovani non avrebbe votato la riforma. Una foto scattata all’interno dell’Aula del Palazzo della Regione lo proverebbe. Maroni si arrabbia, Mantovani tergiversa: “C’è stato un problema con la tessera, ma io la riforma l’ho votata” ha detto nel corso di un’intervista rilasciata a Libero qualche giorno fa e ha aggiunto: “Qualcuno ha malignato su questa vicenda facendo dello sciacallaggio che poco ha a che fare con la politica”.

Che si sia trattato di un qui pro quo oppure no poco importa, Mantovani perde il suo assessorato che oggi è ad interim nelle mani del governatore Maroni. Il leghista ha inoltre estromesso Maria Cristina Cantù – in forza in via Bellerio – dall’assessorato al Welfare, confluito anch’esso nelle sue mani, come consigliato dalla riforma. “Manterrò le deleghe fino a quando serve” ha detto subito il governatore a Repubblica. Poi ha raddrizzato il tiro: “La prima scadenza è a fine ottobre, per rivedere eventualmente l’allegato A della Legge. A dicembre c’è la nomina dei direttori generali e da gennaio la riforma può partire”.

Dunque, Maroni auspica a mantenere il ruolo di assessore alla Sanità fino alla fine dell’anno ma Forza Italia storce il naso e rivuole indietro l’assessorato – come da accordi elettorali ante litteram – entro il 31 ottobre. Perché? Se così non fosse il nuovo assessore alla Sanità – che dovrebbe essere un forzista, stando sempre ad un patto tacito tra le due compagini del centrodestra – dovrebbe lavorare con dei direttori generali che non ha nominato personalmente e a cui la riforma conferisce ampi poteri.

Tra i nomi in circolazione per l’agognato ruolo ci sono quello di Fabrizio Sala, in quota Forza Italia e oggi Assessore Casa ed Expo; e anche quello del medico Mario Melazzini. Inoltre, si fa strada in maniera prorompente anche l’ipotesi della nomina di un tecnico che possa gestire, senza alcuna pressione politica, la riforma nella fase del suo avvio. Ma il Nuovo Centro Destra non vedrebbe di buon occhio tale ipotesi e preferirebbe un politico. Su quanto succederà insomma non ci sono certezze e a complicare il tutto c’è un ulteriore scadenza, quella del 30 settembre, data in cui si scioglierà il nodo giudiziario legato a Maroni, per presunte pressioni per far ottenere un lavoro e un viaggio a Tokyo a due ex collaboratrici. Si vocifera che potrebbe arrivare un rinvio a giudizio e l’apertura del processo potrebbe destabilizzare ancora di più la situazione.

Mantovani, berlusconiano doc, è oggi responsabile dell’Integrazione Europa (una sorta di politica estera della Regione Lombardia) delega certamente di minore importanza ma che l’ormai ex assessore alla Sanità non vivrebbe come un demansionamento. Ha detto infatti: “Il Presidente Silvio Berlusconi mi ha chiesto di fare un passo indietro e io l’ho fatto”.  Attualmente, Mantovani mantiene inoltre la vicepresidenza della Giunta Regionale lombarda ma non più il ruolo di capo delegazione di Forza Italia all’interno della stessa, incarico affidato ad Alessandro Sorte, gelminiano di ferro. Si rafforza così la compagine che fa capo a Maria Stella Gelmini, coordinatrice regionale del partito di Berlusconi dal gennaio 2014, proprio in sostituzione di Mantovani.

Che cosa succederà ora? Probabilmente – si dice tra gli azzurri – le due anime di Forza Italia, quella legata alla Gelmini e quella legata a Mantovani, continueranno a sopportarsi e forse anche a supportarsi, la Lega proverà a fare il gioco del bastone e della carota, così come con lungimiranza si muoverà il Nuovo Centro Destra. In vista delle amministrative a Milano non sarebbe nell’interesse di nessuno dei tre partiti creare una frattura nel centrodestra, piuttosto sarebbe utile risolvere a breve il nodo Sanità per raggiungere anche l’accordo su un nome da proporre come sindaco alla città della Madùnina.

La sanità in Lombardia fa bisticciare Lega e Forza Italia

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