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Che cosa è successo con Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due cooperanti partite in Siria per offrire assistenza umanitaria e sequestrate per cinque mesi e mezzo, l’aveva già spiegato Gian Micalessin, reporter del Giornale, in un’intervista con Formiche.net lo scorso gennaio. All’epoca tutti negavano il pagamento di un riscatto da parte del governo. Si era parlato di 12 milioni di euro, o di sei milioni, secondo Fiorenza Sarzanini del Corriere della Sera.

IL CASO

Quando il caso sembrava ormai dimenticato senza certezze, le polemiche tornano ad accendersi. A riportare l’attenzione sul caso mesi dopo è stata la stessa organizzazione che ha sequestrato le due ragazze: Nour al-Din al-Zenki. Pare che qualcuno del gruppo abbia incassato più di quanto doveva, cinque dei 12 milioni e mezzo di dollari, e come punizione è stata avviato un processo interno per punire il “furbo” militante. Il verbale del procedimento è stato inviato via email all’agenzia Ansa da Hussam Atrab, presunto capo di una formazione minore di Nour Al-Din Al Zenki.

VERO SCOOP? 

In conversazione telefonica con Formiche.net, Micalessin dice che la notizia dell’Ansa sul pagamento del riscatto è verosimile ed è stata confermata da più parti, essendo peraltro uscita su diversi siti siriani. Dell’organizzazione Nour Al Din Al-Zenki si era già sentito parlare. Si tratta di un gruppo considerato fondamentale per combattere Bashar al-Assad ad Aleppo. È così importante per la Cia e per l’Arabia Saudita, secondo Micalessin, che per questo è finanziato da loro stessi (qui l’articolo di Micalessin pubblicato dal Giornale).

LE PAROLE DI GENTILONI

Sul caso di Greta e Vanessa il ministro degli Affari esteri, Paolo Gentiloni, aveva parlato alla Camera il 16 gennaio scorso: “Sul riscatto illazioni prive di fondamento… Ho letto ricostruzioni (…) prive di reale fondamento e veicolate da gruppi terroristici. Siamo contrari ad ogni tipo di riscatto”. Per Micalessin il capo della Farnesina poteva avvalersi del “no comment” o il silenzio per evitare di mentire sulla vicenda.

I PAGAMENTI DEL GOVERNO

Dice MIcalessin: “Il governo italiano, si sa, paga. L’ha fatto per il giornalista de La Stampa, Domenico Quirico; per i due Simone (Simona Pari e Simona Torretta, ndr), per la giornalista del Manifesto (Giuliana Sgrena, ndr). Il governo italiano ha sempre pagato perché bisogna farlo se si vuole riavere i connazionali sequestrati nelle zone in conflitto. È folle pretendere che non paga”, secondo Micalessin. E da dove vengono presi i soldi per pagare i riscatti? Secondo il giornalista, “da fondi stanziati dalla presidenza del Consiglio per i servizi segreti e di sicurezza. Comunque, fondi riservati”.

ONG FAI DA TE

Molti hanno detto che Greta e Vanessa hanno confuso la politica con impegno umanitario. E per questo sono andate in Siria. A Formiche.net il reporter aveva detto che “Greta e Vanessa si sono poste come crocerossine neutrali, caratteristica imprescindibile e tipica di chi agisce come agente umanitario in campo di guerra, ma schierandosi apertamente per una parte, che in questo caso è anche armata”.

LA GRAVITÀ DEL CASO

Secondo Micalessin, il problema è che il governo italiano non ha saputo gestire la situazione, “non è stato capace di fare pressione sugli Usa, o gli Usa su Nour Al Din Al-Zenki, per riavere Greta e Vanessa senza dovere pagare”.

Ecco come per Greta e Vanessa è stato pagato (forse) un riscatto. Parla il reporter Micalessin

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