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Il Papa, aprendo il Giubileo della misericordia, ieri in piazza San Pietro, ha ribadito la necessità di non anteporre la giustizia alla misericordia, architrave (quest’ultima) che sorregge la Chiesa. E’ stato questo il passaggio più significativo della brevissima omelia pronunciata nell’ambito di un rito semplice ma sempre suggestivo.

NO ALLE LETTURE DISTORTE E SEMPLIFICATORIE

Andrea Tornielli, responsabile del portale Vatican Insider, si chiede in un editoriale apparso in prima pagina sulla Stampa se questo messaggio possa dire qualcosa anche alle nostre società: “C’entra con il modo in cui, ad esempio, si guarda ai rapporti internazionali? Una lettura distorta e semplificatoria riduce la misericordia al buonismo lasciando intendere che essa sia in contrapposizione con la giustizia, l’assunzione di responsabilità, la necessità di riconoscere i propri errori e di pagarne le conseguenze. A ben guardare, invece – prosegue Tornielli – misericordia e perdono, cioè la possibilità di muovere il primo passo sapendo superare anche i torti subiti, rappresenta l’unico modo perché la giustizia si compia davvero”.

APRIRE ANCHE LE PORTE DI CASA

Nel suo commento su Repubblica, il priore della comunità di Bose, Enzo Bianchi, guarda al significato più profondo che deve assumere la Porta aperta: “Purtroppo temo che molti di quelli che passeranno per le porte sante aperte nelle chiese non arriveranno neppure a pensare che potrebbero aprire o tenere aperta la porta della propria casa: aperta per chi giunge inaspettato, straniero o povero, conosciuto o sconosciuto, aperta per un atto di fede-fiducia fatto nei confronti degli altri umani, tutti legati dalla fraternità, valore per il quale pochi oggi combattono, ma senza della quale anche la libertà e l’uguaglianza diventano fragili e non sono concretamente instaurabili”.

IL SIGNIFICATO DELLA PRESENZA DEI DUE PAPI

Gian Guido Vecchi, vaticanista del Corriere della Sera, si sofferma sulla presenza dei “due papi” all’evento di ieri. Un segno molto più importante di una semplice comparsata di Benedetto XVI:  “L’abbraccio, l’esclamazione a braccio di Francesco all’Angelus (“Inviamo da qui un saluto, tutti, a papa Benedetto!”), dicono la continuità tra due pontefici diversi, com’è ovvio, ma uniti sul punto fondamentale: la necessità di riforma, il ritorno all’essenziale del Vangelo”. Bergoglio, scrive ancora Vecchi, “invita a ripartire dalla misericordia come parola-sintesi del Vangelo e tratto fondamentale del volto di Cristo”.

FRANCESCO STA MODIFICANDO LE REGOLE DEI GIUBILEI

Luigi Accattoli, sempre sul Corriere della Sera, afferma che “Francesco sta modificando lingua e regole dei Giubilei universali come sono stati praticati dalla Chiesa di Roma lungo sette secoli: dal 1300 al 2000. Resta il contenuto essenziale: cioè la chiamata alla penitenza e alla conversione. Ma non si parla più di ‘pratiche’ e preghiere per l’acquisto dell’indulgenza”. Da notare, rileva ancora Accattoli, che “nei discorsi di ieri Bergoglio non ha mai usato la parola indulgenza. L’aveva usata nella Bolla di indizione del Giubileo e nella Lettera all’arcivescovo Fisichella, ma solo al singolare e come sinonimo di perdono”. Francesco, insomma, “non si interessa ai riti ma alla sostanza della conversione e della grazia del perdono a cui alludevano le parole perdonata e indulgenza”. Ed è per questo – ricorda il vaticanista – che il Papa ha voluto porte sante in tutto il mondo. Seguendo la massima per cui “non dobbiamo porre dogane”, il Pontefice ha voluto che vi siano ottocento missionari della misericordia autorizzati ad assolvere ogni tipo di colpa, comprese quelle per le quali “è prevista la scomunica riservata al Papa”. E anche per il peccato d’aborto, la cui scomunica è riservata al vescovo.

I DUBBI DEL RABBINO LARAS

Qualche dubbio sulle parole del Papa secondo cui la misericordia deve essere sempre anteposta alla giustizia l’ha espresso, dalle colonne della Stampa, il rabbino Giuseppe Laras, grande amico del cardinale Carlo Maria Martini e presidente dell’Assemblea rabbini italiana. “Innanzitutto – dice – penso che bisognerebbe seguire le parole del Pontefice, che sono belle e confortanti, senza troppi arzigogoli teologici”. Però, “il discorso intorno alla misericordia” è sì “molto umano, ma all’interno del vivere sociale non può prescindere dalla capacità di giudizio e dalla necessità della giustizia”.

Il Giubileo visto dai giornali

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