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Incendi dolosi nelle sedi della formazione pro-curda HDP, aggressioni alla stampa di opposizione e attacchi a cittadini turchi. Sono alcune delle risposte dei nazionalisti turchi agli attentati del movimento guerrigliero PKK. Ma secondo la stampa nazionale non si tratta di reazioni spontanee, ma di una strategia che mira a ridare il potere al partito islamista AKP di Recep Tayyip Erdogan. 

SCONFITTA ELETTORALE

A giugno il presidente ha perso la maggioranza di cui godeva dal 2002. Tutti i negoziati per formare un governo di coalizione sono falliti e il premier Ahmet Davutoglu si è visto costretto a convocare elezioni anticipate all’1 novembre. Ma i sondaggi indicano che però nulla cambierà. Probabilmente ci sarà un piccolo incremento di voti per l’HDP, entrato per la prima volta in Parlamento dopo avere superato la soglia del 10%. “Tutto sarebbe diverso se avessimo ottenuto i 400 seggi per riformare la Costituzione”, ha detto Erdogan nella conferenza stampa a seguito di un attentato del PKK nel quale sono morti 16 soldati turchi.

POTERI ESECUTIVI

Il deputato dell’AKP Abdürrahim Boynukalin, che in passato aveva twittato messaggi di sostegno al Fronte Al Nusra, filiale di Al Qaeda in Siria, celebra l’attacco contro la redazione del giornale Hürriyet. Boynukalin ha promesso “di far diventare Erdogan presidente con pieni poteri esecutivi, qualsiasi cosa succeda l’1 novembre”. In un’intervista al quotidiano BirGün, il deputato Özgür Özel dei socialdemocratici del CHP ha detto che “l’AKP è responsabile della sicurezza delle prossime elezioni. Hanno una mano sulla bara dei soldati caduti, un’altra sui microfoni e lo sguardo fisso ai sondaggi”.

GUERRA CIVILE?

Per il leader dell’HDP, Selahattin Demirtas, Davutoglu ed Erdogan hanno deciso di dare il via a “una guerra civile”, dopo la sconfitta elettorale di giugno. Secondo Marta Ottaviani, corrispondente della Stampa in Turchia, il conflitto è già iniziato. In un articolo pubblicato su East, la Ottaviani sostiene che “c’è la guerra fra lo Stato turco e il Pkk, organizzazione separatista considerata terrorista da Europa e Stati Uniti e con la quale per anni Erdogan ha finto di trattare per porre fine a un conflitto costato oltre 40mila morti. In pochi giorni, ci sono state decine di morti da entrambe le parti, con la Mezzaluna che ha anche portato avanti un’azione di terra lampo in Nord Iraq”.

SILENZIO INTERNAZIONALE

Davanti all’aumento di consenso dei curdi, prosegue l’analisi, Erdogan non pensa di restare fermo: “In preda a un delirio di onnipotenza ormai incontrollabile, il Capo dello Stato pensa di riprendersi quello che gli è stato sottratto a giugno con queste manovre diffamatorie, creando l’equazione Hdp=Pkk, nella speranza di essere premiato alle urne”. “Quello che sta succedendo in Turchia – aggiunge la giornalista – è qualcosa a metà fra una guerra civile e una lotta fra bande, un regolamento di conti e una notte dei cristalli che ormai dura da giorni. Nel totale silenzio della comunità internazionale”.

L’APPELLO A RENZI

Nel frattempo Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista, ha lanciato un appello al presidente del Consiglio Matteo Renzi perché agisca di fronte alla crisi turca. In un articolo pubblicato il 9 settembre sul Fatto Quotidiano, Ferrero ha invitato il premier a ritirare l’ambasciatore italiano in Turchia: “È vergognoso che la Turchia, Paese Nato considerato uno Stato ‘sicuro’ in realtà stia massacrando migliaia di civili. E gli stessi che piangono per la morte dei bambini scappati da Kobane, condannano in questo modo altri bambini a morte certa… Ho chiesto conto a Renzi di questa situazione indecente, mandandogli la lettera … Chiediamo al governo da Lei presieduto di ritirare immediatamente l’ambasciatore italiano in Turchia, di fare pressioni affinché cessino queste violenze e le elezioni si possano svolgere in un clima civile, nel pieno rispetto dei diritti del popolo curdo. Vogliamo sperare che la disattenzione dimostrata su quest’emergenza fino ad ora dal governo si interrompa; se continuasse sarebbe un elemento criminale intollerabile”.

Erdogan huawei

Cosa sta succedendo in Turchia (e perché nessuno ne parla)

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