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Da un mese il bollettino dell’intelligence militare britannica sulla situazione in Ucraina esce su X (già Twitter) ogni due giorni, non più quotidianamente. 

Come ricorda la Difesa britannica sul suo sito, l’intelligence militare ha twittato il piano di invasione del presidente russo Vladimir Putin “la settimana prima che le forze russe entrassero in Ucraina” e oggi “continua a pubblicare regolarmente valutazioni di intelligence su Twitter per aiutare a spiegare il conflitto”. L’ha fatto quando ministro della Difesa era Ben Wallace, una delle voci più forti in Occidente a sostegno dell’Ucraina, e lo fa ora sotto la guida di Grant Shapps.

È uno di quei casi in cui il mezzo è il messaggio. Infatti, in quei tweet non c’è stata e non c’è alcuna informazione inedita. Niente che non sia noto grazie al lavoro di alcuni analisti sulle fonti aperte o ai resoconti giornalistici. Né tanto meno una previsione. Con ogni probabilità è soltanto una piccola parte di ciò che viene condiviso con ministri e alti funzionari ogni giorno.

Eppure, quel bollettino ha ricevuto grande attenzione e continua a riceverne abbastanza. Quasi fosse un “evento”, come ha scritto due anni Jeffrey Michaels, dell’Institut Barcelona d’Estudis Internacionals, in un commento per il think tank britannico Royal United Services Institute. La ragione è, appunto, il mezzo: in questo caso, l’autorevolezza dell’autore del post conta più del contenuto del post stesso. Quelle analisi sono considerate importanti perché provengono da un servizio di intelligence, che le ha utilizzate e le utilizza anche per mettere in mostra il suo lavoro.

Non sono mancate e mancano le difficoltà. Pressoché la totalità dei bollettini si occupa del nemico (la Russia) e non dell’amico (l’Ucraina), riflettendo le priorità del servizio (assegnate dalla politica) quanto nel generale (l’avversario più che il nemico) quanto nel particolare (la Russia più che l’Ucraina). Inoltre, è facile presupporre una certa difficoltà interna a individuare quotidianamente materiale che possa essere reso pubblico.

Già due anni fa, Michaels osservava la possibile sottovalutazione della “sostenibilità a lungo termine” dei bollettini. “Così come gli aggiornamenti analitici sono passati da due o tre volte al giorno a un’unica pubblicazione, non sarebbe sorprendente se si passasse a una pubblicazione meno frequente, magari una volta alla settimana, soprattutto con il graduale esaurirsi del periodo di intensi combattimenti, o se si decidesse di abbandonarli del tutto”, scriveva ancora l’esperto.

L’avvicinarsi delle elezioni e di un probabile cambio alla guida del ministero della Difesa potrebbero aver giocato un ruolo nella decisione di rallentare le pubblicazioni.

Ucraina, perché l’intelligence militare britannica ha rallentato la pubblicazione dei bollettini

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