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Non si vedevano da più di un mese, precisamente dal 16 febbraio scorso quando a Vicenza si sono seduti attorno a un tavolo con Matteo Salvini e hanno tentato (invano) di trovare un accordo. Come poi è andata a finire si sa: Flavio Tosi è stato cacciato dalla Lega Nord e si è candidato a governatore del Veneto proprio contro l’ormai ex collega di partito Luca Zaia.

I due “puledri padani” si sono così ritrovati ieri nell’auditorium di Veronafiere, all’inaugurazione del 49° Vinitaly. Non hanno tradito il protocollo istituzionale, si sono cordialmente salutati e stretti la mano senza vestire (troppo) i panni della campagna elettorale e dimostrando che tra i due s’è salvaguardato un certo rapporto personale, mentre è con Salvini che Tosi ha rotto (forse) irreparabilmente. Nonostante fosse nella sua roccaforte, il sindaco ha però rinunciato a comportarsi da padrone di casa, lasciando a Zaia il palco finale.

LA FATIDICA STRETTA DI MANO

L’attesa della cerimonia inaugurale è tutta per loro. Appena Zaia si affaccia in sala, in classico completo scuro in giacca e cravatta e camicia bianca, una folla di cronisti e fotografi lo assale. Dietro le quinte ad attendere il suo turno sotto i riflettori c’è lo sfidante Tosi nel suo consueto completo informale: giacca beige, jeans e niente cravatta; è scortato dalla compagna e senatrice Patrizia Bisinella, pronta a seguirlo nella nuova avventura politica fino a lasciare il gruppo del Carroccio a Palazzo Madama.

Entrambi non parlano di elezioni, è un patto tra gentiluomini che si sono promessi di rispettare, “perché qui si discute solo di vino per rispetto ai tanti produttori presenti e agli organizzatori” dirà poi Tosi dal palco. Ma ai fotografi interessa soltanto una cosa, la fatidica stretta di mano: Tosi e Zaia non si tirano indietro. Roberto Maroni, governatore lombardo, li osserva da vicino: “Luca e Flavio sono due amici e quindi non cambia niente per me” dice ai cronisti, testimoniando che la stretta di mano c’è stata e “anch’io ho stretto la mano a tutti e due”.

TOSI GUARDA OLTRE IL VENETO

Una volta arrivati al microfono, preceduti dal presidente di Veronafiere Ettore Riello, i due “puledri padani” lanciano comunque qualche messaggio elettorale, seppure tra le righe. Tosi, ad esempio, rivendica sì l’importanza della provincia di Verona nel settore vitivinicolo italiano (“solo qui si fatturano 800 milioni di export” ricorda) ma guarda ben oltre i confini regionali, come si potrebbe pensare visto che s’è candidato a governatore, bensì a quelli nazionali, quasi a voler dimostrare (e confermare) che in realtà a lui interessa la leadership italiana del centrodestra mentre le elezioni in Veneto sono solo il primo banco di prova. Parla infatti dello “straordinario coraggio di chi opera in questo mondo in tutta Italia”, perché “tutte e 20 le Regioni competono alla pari sul vino”, frase questa non proprio indicata per chi deve conquistare il consenso dei veneti, ma tant’è. E ancora: “Nel momento in cui si promuove vino italiano nel mondo, si promuove il nostro brand”. Insomma, Tosi è già proiettato su scala nazionale, tra il Po e l’Austria lui ci sta un po’ troppo stretto.

IL SINDACO LASCIA IL PALCO AL RIVALE

Chi poi si aspettava a fine cerimonia un bagno di folla del sindaco s’è dovuto ricredere. Tosi abbandona il palco anzitempo, prima che vengano consegnati i riconoscimenti di Benemerito della viticoltura italiana ai rappresentanti delle varie regioni. Sgattaiola via con la compagna da un’entrata laterale, lasciando tutto il palco a Zaia e Maroni insieme agli altri rappresentanti delle Regioni.

UN ZAIA DA CAMPAGNA ELETTORALE

Il governatore uscente invece dimostra di essersi pienamente calato nei panni del ricandidato in campagna elettorale. Stringe mani a tutti, concede selfie e dopo la cerimonia non rinuncia alla passerella in fiera. Una volta al microfono, Zaia fa il brillante e prova a ingraziarsi pure qualche elettore non leghista quando spiega l’importanza del Vinitaly sul fronte occupazionale, raccontando che ogni anno incontra un ragazzo senegalese che lavora ai tornelli. “E’ uno studente di Medicina, mi ha detto che quest’anno gli mancano due esami per laurearsi” spiega. Quindi incensa la sua Regione snocciolando a memoria dati sulla produzione vinicola fino ad ammettere: “Perdonatemi se parlo ai veneti”. D’altronde, sono loro che tra due mesi o poco più saranno chiamati alle urne per decidere se confermarlo alla presidenza della Regione o meno. La rivalità con la Lombardia per il momento è messa da parte. Sia perché è uno dei grimaldelli su cui ha spinto Tosi nel chiedere autonomia per la Liga Veneta, sia perché in platea c’è Maroni e allora in occasione di Expo bisogna dire che “il ponte tra queste due grandi regioni ci aiuterà a fare crescere il comparto”.

LA PASSERELLA DEL VINITALY

Nei padiglioni scaligeri è atteso oggi il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Secondo alcune indiscrezioni rilanciate ieri dal Corriere del Veneto, potrebbe farsi vedere anche il premier Matteo Renzi, ma ai vertici di Veronafiere non risulta nulla di ufficiale. Atteso per oggi anche il vicepresidente della Camera, il grillino Luigi Di Maio, mentre domani sarà la volta del leader leghista Matteo Salvini. Chiude il cerchio Alessandra Moretti: la candidata del Pd in Veneto per ritagliarsi il suo spazio si farà vedere al Vinitaly soltanto mercoledì, giorno di chiusura, a debita distanza dalle beghe interne al centrodestra.

Tosi e Zaia, sfida tra puledri padani al Vinitaly

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