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Pubblichiamo grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori, l’intervista di Andrea Cabrini e Marino Longoni uscita sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.

Nel 2015 partirà l’operazione busta arancione: si tratterà di una comunicazione on line ai lavoratori più vicini alla pensione per illustrare il loro futuro previdenziale. Le casse di previdenza dei professionisti dovranno tirare la cinghia. Tutti gli immobili dell’Inps saranno devoluti all’Invimit, perché la gestione degli immobili non è il mestiere dell’Istituto di previdenza.

Lo dice il commissario straordinario dell’Inps, Tiziano Treu, nella sua prima intervista dopo l’insediamento (il video è disponibile anche sul sito di ItaliaOggi).

Domanda. Professore, come ha trovato l’Inps rispetto a quello che si aspettava? Quali sono, al momento, i problemi che la preoccupano di più?

Risposta. L’Inps è una grande azienda di servizi pubblici, che ho trovato solida. Il problema maggiore, in questo momento, è la crisi economica che implica impatti negativi sull’occupazione e quindi, in futuro, anche sulle pensioni perché, in Italia, il sistema previdenziale è legato all’andamento dell’economia e del Pil. Quindi se continua questo andamento, col Pil fermo o addirittura con flessioni, noi, in teoria, potremmo avere problemi sulle pensioni. La legge del ’95, che abbiamo fatto noi, introduce il sistema contributivo e precisa che i contributi si rivalutano, non si svalutano. La stessa Corte costituzionale ha detto che non ci possono essere svalutazioni. Però, ripeto, se dovesse continuare così qualcuno dovrà sostenere il sistema: lo Stato dovrebbe metterci risorse prese dalla fiscalità e questa è un’ipotesi davvero preoccupante.

D. Il Jobs act prevede l’abolizione di tutte le forme di collaborazione e la sostituzione di questi contratti con indeterminati a tutela crescenti. Questo significa che 700mila lavoratori abbandoneranno la gestione separata dell’Inps per riversarsi nell’ordinaria gestione dei lavoratori dipendenti?

R. Bisognerà vedere come viene scritto il decreto delegato. Ma i co.co.co, almeno nel pubblico, resteranno. Anche nel privato, non tutti saranno trasformati improvvisamente in Cipputi, cioè in lavoratori dipendenti. In ogni caso per l’Inps non cambia molto: anzi, se transitano nel lavoro dipendente, ci guadagniamo perché i contributi sono più alti, sono al 33%. Se invece restano in un sistema di autonomia sia pure parziale, di collaborazione, manterranno la contribuzione del 27% che hanno adesso. Quindi sull’Inps non avrà nessun effetto.

D. Ci sono alcune casse di previdenza autonome, quelle dei liberi professionisti tanto per intenderci, che hanno dei bilanci sull’orlo del baratro. Qualora in futuro queste casse dovessero trovarsi nell’impossibilità di far fronte alle prestazioni previdenziali, dovranno consegnare le chiavi all’Inps?

R. È da 15 anni che queste casse predicano autonomia, ma praticano male la loro autonomia. Se avessero voluto salvaguardare il loro futuro, avrebbero potuto, nel frattempo, autoriformarsi, a partire dal mettere in sicurezza il bilancio nel lungo periodo evitando di fare le cicale. Alcune casse lo hanno fatto, altre no. Avevamo consigliato a tutte le casse di incominciare ad adottare il sistema contributivo. Alcune casse lo hanno fatto, altre no. Le prime avranno un futuro tranquillo pur tra le difficoltà, le seconde no. Si tende spesso a salvaguardare il bengodi degli anziani professionisti sulle spalle dei giovani professionisti. Quando prevale questa logica, si mette a repentaglio il futuro della cassa stessa. Il Ministero ha consigliato aggregazioni alle casse più piccole, per fare economia di scala. Ci sono casse piccolissime che si mangiano enormi risorse per le spese di gestione. L’Inps si è detta disponibile a fare da service di gestione amministrativa a favore delle casse più piccole. In definitiva, c’erano tante cose che queste casse avrebbero dovuto fare e dovrebbero fare prima di arrivare con l’acqua alla gola e poi cercare il solito pantalone che paghi. Dispiace dirlo. Ma è così

D. Le casse però lamentano che la loro autonomia è abbastanza limitata, anche perché la Cassazione ha sempre rigidamente fissato il principio che i diritti acquisiti non si toccano. Questo impedisce alle casse di prelevare dalle tasche dei pensionati più ricchi risorse da dare ai professionisti più giovani. Anche se c’è stata una sentenza a novembre che per la prima volta ha intaccato questo principio.

R. I diritti acquisiti intesi in senso stretto fanno riferimento a coloro che sono in pensione. Prima di togliere soldi dalle tasche di chi è in pensione, l’autonomia di queste casse può fare parecchio per il futuro, alzando magari i contributi che sono insufficienti. Questa idea dei diritti acquisiti è stata abusata in passato. Quando le cose vanno poco bene, è necessario rendere sostenibile i diritti acquisiti, avendo il coraggio di dire che è diritto acquisito ciò che si può. Non è acquisito definitivamente niente. Mi sembra che l’ultima sentenza della Cassazione rifletta questo diverso clima, un clima caratterizzato da notevoli difficoltà.

D. In questi giorni ci si interroga sul futuro di opzione donna, cioè la possibilità di lasciare il lavoro a 57 anni con 35 anni di contributi. Verrà prorogata anche al 2015?

R. Questa è la tesi dell’Inps che secondo me non confligge con la legge attuale. Per prorogare l’opzione, non c’è bisogno di cambiare la legge. Secondo me, una interpretazione corretta della legge dovrebbe permettere già la proroga. Inoltre, una delle proposte in circolazione è quella di estendere l’opzione donna anche agli uomini.

D. Uno dei tormentoni degli ultimi anni è quello della famosa busta arancione dell’Inps, cioè quella busta che deve essere consegnata ai cittadini per spiegare loro quando andranno in pensione in base ai contributi versati e a quelli che stanno versando.

R. È giusto per i cittadini avere tutti gli strumenti per sapere come si andrà in pensione, anche se la realtà non è così rosea come uno se la può immaginare. Tecnicamente, la cosa è già pronta. Ne abbiamo già parlato con il ministro Poletti. E stiamo facendo dei test per vedere come funziona. Ovviamente non sarà una busta di colore arancione che il postino recapiterà a casa dei pensionandi. Sarà una operazione fatta in via informatica, telematica. Penso che con il ministro Poletti faremo l’annuncio formale all’inizio dell’anno.

D. A che punto è il vostro programma di dismissioni immobiliari?

R. Nel ’95 cominciarono i primi progetti di dismissione. Da allora sono state dismesse migliaia e migliaia di unità abitative, sia a uso privato che commerciale. Adesso le cose più immediate da fare sono anzitutto la cessione di immobili importanti, perché il Demanio sta facendo un’operazione di dismissione urgente anche al fine di utilizzare risorse per i conti per il consolidato dello Stato. E poi faremo un’operazione più strutturale con la devoluzione degli immobili, potenzialmente tutti gli immobili, ai fondi deputati, in particolare all’Invimit, che è il fondo pubblico che ha come missione proprio quella di raccogliere e di mettere sul mercato gli immobili. Lo vorremmo fare al più presto perchè il mestiere dell’inps non è quello di affittare o gestire immobili.

cnel

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